13

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Quando 13 è stato trovato, tutti riuscivano a percepire il suo grande stato di confusione, ansia. Qualcosa non andava.
13 non capiva chi fossero quelle persone che lo guardavano, dove fosse, e cosa stesse succedendo. 13 aveva paura e non riusciva a smettere di tremare. Gli altri lo sentivano, lo vedevano. Non voleva essere rifiutato, non quello, non di nuovo. Troppe persone tutte insieme.
Cosa volevano da lui? Perché era sveglio? Perché non riusciva a riconoscere niente di quello che vedeva? La sua stanza, quelle persone, gli esterni, niente era familiare.
Un ragazzo con i capelli ricci gli si fece vicino. Sorrideva e gli trasmetteva un senso di gentilezza. "Come ti chiami?" gli aveva chiesto.
"C." gli aveva risposto, con un sussurro.
"Io sono Lambda," aveva detto.
13 aveva notato che Lambda sembrava stranito dal suo nome, e si era voltato a guardare altri ragazzi. Uno dai ricci biondi e due corna bianche in testa osservava con uno sguardo che a 13 sembrava cattivo.
"Ci mancava solo quello con un nome del genere," aveva subito dopo commentato Sigma.
13 non poteva che confermare la paura nei suoi confronti. Ma tra tutti, non era quello che lo spaventava di più.
Riconosceva un altro ragazzo. Il ragazzo dai capelli rasati, Theta. Voleva stargli lontano, ma allo stesso tempo avrebbe voluto ringraziarlo.
"Ascolta, quello non è proprio un nome..." Lambda si era interrotto, come se non sapesse cosa dirgli. "Non è un nome che una persona dovrebbe portare. Non credi?"
"Perché però?"

Un leggero senso di colpa stava iniziando ad invadere 13. Non pensava che ci fosse nulla di male.
"Non è proprio un bel personaggio, quello a cui hai preso il nome."
13 aveva iniziato a rifletterci. Forse aveva ragione, solo un po'. Lo aveva scelto apposta per sé, perché lui non si meritava nulla. Nemmeno la compagnia.
"A proposito, sai in che anno siamo?" aveva continuato a chiedergli Lambda.
Intanto, un ragazzo dai capelli rossi si era avvicinato e lo stava salutando con la mano.
"2012?" aveva risposto 13.
Lambda aveva iniziato a sorridere, e 13 si rendeva conto di aver dato una risposta molto sbagliata. Poi, aveva iniziato a essere preso dalla paura: se non era il 2012, che anno poteva essere? Quanto tempo aveva dormito? Aveva davvero dormito? Era morto? Com'era possibile che gli mancasse così tanto? Lui ricordava che stava andando a scuola. Dov'erano finite tutte quelle persone?
"Tranquillo, ti insegneremo tutto," aveva detto Lambda. Poi si era voltato un attimo verso il ragazzo dai capelli rossi. "Perché non stai con Epsilon? Potrebbe aiutarti."
"No, no, no," aveva continuato a ripetere.
13 non poteva avvicinarsi agli altri, perché non gli era permesso. Era quello che si era imposto da solo, doveva rispettarlo. Doveva proteggersi.

13 è un ragazzino che ha conosciuto solo il lato peggiore del mondo. 13 ha visto quanto possono essere crudeli le persone, nei gesti, nelle parole, nelle cose non fatte e non dette. 13 è rimasto all'oscuro del fatto che esiste una parte che invece non è così.
Ha imparato che lui non è in grado di tenere testa agli altri. Troppo debole, troppo ingenuo, stupido. Deve nascondersi, non parlare. 13 ha imparato che parlare è pericoloso, se non dannoso. Quello che pensa e chi è non è importante, perché 13 sa che ci sono delle regole non scritte a cui deve uniformarsi. E non farlo costa caro.
13 non vuole soffrire.
E se stare con gli altri è impossibile, cosa vuol dire? 13 credeva di essere sbagliato. Sbagliato come la famosa figura di C.
Per questo aveva accantonato la sua esistenza, in favore di qualcuno che a differenza sua, sapeva come conformarsi. Qualcuno che sa leggere quelle regole che a lui sfuggivano.

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