Switchare - Cambiare identità

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{Ringraziamo tutti i lettori per averci fatto superare le 500 letture. Nessuno di noi si sarebbe mai aspettato un simile traguardo!Speriamo di star riuscendo ad illustrare la complessità del DID senza scadere in un linguaggio troppo tecnico o noioso. Come sempre, se volete scriverci in privato siamo disponibili per chiarimenti e approfondimenti. 

Per mantenere la coerenza dell'opera e per via della sua natura, dobbiamo tenere uno stile omogeneo. Se voleste un assaggio di differenze stilistiche fra noi nella narrazione, vi invitiamo a leggere Miscellanea. 

Vi segnaliamo anche @DisturbedPicesSoul. Sono nostre amiche, e come noi, stanno tenendo un diario per educare su questo disturbo. Tenete sempre presente che ogni sistema è diverso, e l'organizzazione interna varia molto.} 


Come già detto, il DID include più identità, persone nello stesso corpo con un certo grado di indipendenza in grado di prendere il controllo della coscienza.
Ma com'è che avviene, all'atto pratico?
La letteratura descrive molti tipi di switch, sia come durata (da pochi secondi a giorni), sia come visibilità (cedimenti, convulsioni, spasmi, tic motori e altro) che come tempistica (più switch in un giorno, o un paio al mese, all'anno) e motivazioni (stimoli interni ed esterni).
Per queste ragioni, possiamo solo descrivere quella che è la nostra esperienza. Non esiste uno standard a cui fare riferimento e tutte le combinazioni sono valide.

Per chi ci guarda dall'esterno, tutto quello che vedrà è uno sguardo un po' assente, niente movimenti. Occhi fissi o che vagano in modo leggero, come se qualcuno si stesse riposando o fosse distratto dai propri pensieri.
Pochi secondi o al massimo un paio di minuti.
E poi, un ritorno alla realtà.
Strofinare, sbattere un po' più veloce le palpebre. Piccoli aggiustamenti di espressione, di postura, di tono. La nuova persona è sveglia e pronta a muoversi nell'ambiente circostante. Potrebbe lanciare qualche occhiata furtiva intorno a sé, per assicurarsi di sapere dove si trova, e in caso contrario, chiedere spiegazioni e indicazioni dentro.

Ma cosa succede all'interno?
Nella mente, abbiamo una sala comune. Una stanza buia con solo un divano trasandato all'interno. Chiunque si trovi lì dentro è sveglio, attivo. Potrebbe star guardando il fuori, parlare con altri, riposare, essere distratto.
La caratteristica più importante, è che chiunque si trovi lì, è chiamabile.
In qualunque momento basta fare il suo nome per ottenere la sua attenzione e per, potenzialmente, switchare.
Chiunque non si trovi in questa stanza è nei luoghi del mondo interno, e dovrebbe essere cercato prima di essere disponibile. Ci rifugiamo per riposare, o per proteggerci. Il mondo a volte sa essere crudele.

Siamo come una grande rete di comunicazione, fatta di fili e nodi. Se si segue il filo si segue la presenza, l'essenza della persona che si sta cercando. Fino ad arrivare al nodo.
Ma è proprio grazie a questo sistema se siamo in grado di switchare secondo la nostra volontà. Non importa la circostanza, l'orario, le persone a noi vicine o meno, possiamo gestire i cambi come vogliamo.
Da quanto abbiamo potuto constatare sembrerebbe essere una rarità; e infatti, non è stato così semplice imparare. Si è trattato di provare e provare, di fallire, di switch incompleti o svaniti nell'immediato, di mal di testa e capogiri, di visione annebbiata e pressione, di confusione momentanea sulla propria identità.
Di norma, gli switch dovrebbero avvenire sulla base di uno stimolo, positivo o negativo che sia, interno o esterno.
Noi ci siamo rifiutati di accettare questa limitazione e abbiamo voluto superarla.
Se anche le persone integrate possono passare da uno stato all'altro quando desiderano, perché non dovremmo esserne in grado noi?
Questa è stata la domanda che ci ha dato la spinta necessaria. Inoltre, avere amnesia è una debolezza che potrebbe costare cara, in certe circostanze.

Switchare dunque consiste in uno scambio di persona. Usando un'analogia, potremmo dire che è come cambiare il guidatore di un'auto.
Chiunque si trovi davanti, deve fare un passo indietro, lasciare che la sua essenza, il suo modo di pensare scivolino via. La sensazione è proprio quella di cadere all'interno della mente, sprofondare, come starsi per addormentare. Ma dormire, nel nostro caso equivarrebbe ad amnesia.
Per ovviare al problema, scegliamo noi quanto indietro spingerci e se toglierci un po' dalla coscienza.
Il corpo intanto si fa sempre più estraneo, più pesante e vuoto. La realtà diventa più piatta, più lontana. Gli stimoli esterni non vengono più percepiti in modo autonomo, ma sono filtrati e condizionati dalla nuova persona al comando.
A tutti gli effetti, è come guardare un altro vivere e diventare una voce nella sua testa.
Con una particolarità: una volta lasciato il controllo, si apre il mondo interno. In questo spazio, anche nella sala comune, abbiamo i nostri corpi interiori.



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