Corpo e mente - Essere transgender

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La natura ci ha affidato un corpo del genere sbagliato. Diciamo natura, perché la religione non ci convince e non crediamo che possa essere una cosa predestinata in qualche modo. Siamo ragazzi, ma questo corpo dice il contrario. È tutto qui. Non ci sono spiegazioni filosofiche, etiche né morali. Niente discorsi profondi sull'esistenza. Il nostro corpo dice una cosa, noi ne diciamo un'altra. Ma solo questo, ci garantisce l'odio di una buona parte di popolazione e non pochi problemi a livello burocratico e personale. Se potessimo far vedere com'è l'interno della nostra mente, nessuno avrebbe il coraggio di contraddirci: vedrebbero i visi maschili, sentirebbero le voci basse, noterebbero il nostro aspetto. O forse, chiederebbero di vedere solo le uniche quattro ragazze del gruppo.
Peccato che la nostra sia una democrazia.
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"Quando lo diremo a tutti sarà un casino," diceva Lambda. "Di sicuro chiederanno spiegazioni, un sacco di spiegazioni."
"Troveremo un modo," gli aveva risposto 2.
"Ho bisogno di avere una versione coerente e unica, quello che è certo è che non possiamo dire di noi," aveva continuato Lambda. "Mi serviranno delle informazioni sul periodo delle medie," aveva detto poi rivolto a Theta.
Theta lo aveva guardato e si era limitato a fare un cenno con il capo. Non gli piaceva molto stare lì, ma era la sua famiglia, e senza di lui non avrebbero mai ottenuto nulla. Era l'unico lì ad essere fatto per combattere.
"Un passo falso e ci giochiamo tutto," diceva Lambda. "Posso gestire io le conversazioni, quello non è un problema. Ma se le cose vanno male, ci sarà bisogno che qualcuno prenda il mio posto."
Theta era stato il primo a capire.
Nel caos e nella solitudine, nel perimetro della camera era arrivata la realizzazione. Una semplice frase in mezzo agli altri pensieri, che avrebbe cambiato l'esistenza di tutto il gruppo.
"Sono un ragazzo."
Nessuno lo aveva sentito, se non Theta.
E il ricordo era andato perso insieme a tutto il resto.
Theta era tornato ad ascoltare gli altri parlare fra di loro. Era una seccatura bella e buona. Voleva solo essere lasciato in pace e non tornare in prima linea.
"Posso parlare io con i genitori se vuoi," aveva proposto 2.
"Non so quanto possa essere una buona idea." Lambda era incerto.
"Li prenderò da parte e ci parlerò in modo tranquillo. Sarà tutto sotto controllo, non ci sarà bisogno di litigare o alzare la voce," aveva proseguito 2.
"Ti aiuterò io."
Per quanto potesse provarci, Theta non poteva prendersi in giro, tanto meno ci sarebbe riuscito con i suoi compagni. Lui adorava quel tipo di situazioni. Lui voleva tornare in prima linea. Non c'era niente che gli piacesse di più che sentire il cuore battere più veloce, la sensazione di essere pronto ad agire. Non poteva rifiutare.
Lambda lo stava guardando e sembrava aver percepito la sua disponibilità. Non c'era bisogno che dicesse nulla.
Theta sapeva che era disposto a fidarsi di lui per timore di quello che sarebbe stato capace di fare, se solo gliene avesse dato il permesso. Questo significava che era perfetto per il compito.
-
Tutti si erano resi conto che la situazione si stava mettendo male.
"Epsilon, vai dai bambini," aveva detto Lambda. "Cerca di non fargli vedere nulla."
Sigma si sforzava di seguire i movimenti di quella che più che una persona, adesso aveva più le caratteristiche di un pericolo da evitare. Ad ogni costo.
Il caldo della giornata estiva non aveva fermato l'ira.
"Fai schifo!"
E a quanto pare, il caldo non poteva nulla neanche per le urla. Sigma si guardava intorno, cercava di tenere la scrivania della loro stanza come ostacolo. Si teneva pronto alla fuga.
"Perché non glielo dici anche a loro, eh? Così vediamo cosa hanno da dire!"
"Anche no?" aveva cercato di replicare Sigma. "Non mi sembrerebbe il caso di dirglielo."
"Sei una codarda!"
"Codardo, semmai," l'aveva corretta 2.
Sigma era piuttosto sicuro che pensare alla loro salvaguardia fosse quanto di più lontano dalla codardia. Avrebbe potuto fare una classifica degli insulti. Sigma era sicuro che con il tempo si sarebbero raggiunte delle vette di creatività sempre migliori e sorprendenti. Voleva sorridere, ma sapeva fin troppo bene quale sarebbe stato il costo da pagare.
"Theta!" aveva chiamato Lambda.
"Veditela un po' tu qui. E' il tuo turno," aveva commentato Sigma.
Sigma aveva poi abbassato lo sguardo e lasciato che Theta prendesse il controllo del corpo. Un paio di secondi, niente di più. Sigma era libero.
"Dici che smetterà mai?" aveva aggiunto Sigma.
"Dobbiamo andarcene di qui," gli aveva risposto Lambda, la voce tremante.
Era chiaro che non avrebbe retto a lungo. Vicino a Lambda era arrivato 2. 2 non era indicato per quel tipo di situazione, ma era pronto a prendere il posto di Theta per qualunque ragione.
Lambda non aveva mai sopportato quel tipo di situazioni. Ma cosa poteva, contro qualcuno che vedeva nelle sue lacrime un motivo in più per infierire?
"Scusate, è colpa mia."
Era 7. 7 che si sentiva in colpa per essere stata se stessa.
"Vuoi davvero andartene?" la voce di Theta aveva interrotto i pensieri di tutti.
Andarsene.
Theta ne era capace.
"Voglio uscire di qui," piangeva Lambda, "voglio uscire, voglio andarmene!"
"Come desideri."
Theta si era allora avvicinato alle scarpe, sporche polverose, ma funzionali. Gli era bastato infilare una maglietta, prendere lo zaino - idea di Lambda e 2 - con dentro alcune cose essenziali. La sua mente era chiara e stabile. Se avesse mai raccontato la sua versione dei fatti, era sicuro che nessuno gli avrebbe fatto una colpa di quello che stava per fare.
Si era diretto verso l'ingresso con calma. Per lui, quella era una situazione quasi normale.
"Dove vai?"
"Esco," aveva risposto.
Theta si era affrettato ad uscire e chiudersi la porta alle spalle e a scendere le scale. Quando era riuscito a chiudere anche l'ingresso principale e a lasciarlo dietro di sé, aveva iniziato a sentire uno strano senso di soddisfazione. Lo aveva fatto davvero. Dopo tutti quegli anni, aveva avuto la sua occasione.
"Contento ora?"
Theta aveva così lasciato il corpo a Lambda. Lambda sapeva di essere nei guai, guai seri.
"Dove andiamo adesso?" aveva detto disperato.
Non poteva piangere, non in strada. Un'immagine aveva attraversato la sua testa, un messaggio di 2.
C'era un solo luogo dove potevano andare.

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