Nota Psicologica - parte 1/2

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Quando si parla di DID, parliamo del Disturbo dissociativo dell'identità, quella che prima era chiamata "disturbo di personalità multipla". 
Non è molto conosciuta in Italia. Gli articoli che si trovano scritti lasciano molto a desiderare, o sono pieni di informazioni errate. Non è raro imbattersi in inesattezze anche in alcune pubblicazioni specialistiche.
Per questo abbiamo pensato di scrivere questa breve spiegazione, nella speranza di aiutare chiunque voglia trattare l'argomento nelle proprie storie o sia un appassionato di psicologia. Ma anche a tutti coloro che ne soffrono o vogliono sostenere qualcuno di vicino a loro.
Il DID può essere difficile, può far paura.
Il tema della divisione dell'identità è stato affrontato molto spesso nell'arte anche non contemporanea. E' un argomento affascinante per molti, e se usato bene, è un ottimo espediente narrativo.

Ma quali sono i fatti?

Il DID può formarsi solo fino ai 9 anni di età.
Il disturbo può essere attivato in modo evidente a qualunque età (non è raro avere la diagnosi a 20, 30 anni o oltre), ma deve essere già presente.
Questo perché la personalità a 9 anni è già integrata, e non può essere più spezzata in nessun modo. Tutti vari stati del sé con cui nasciamo (ad esempio il "me a scuola", il "me con gli amici" etc.) diventano fusi in un'unica personalità e identità che sente un senso di appartenenza verso ogni aspetto, e che può dunque fare uso di ogni funzione e stato senza che vi siano barriere amnestiche nel mezzo. 
La mente odia essere divisa, e farà di tutto per ottenere il più alto grado di integrazione possibile.
Per far sì che ciò non avvenga il bambino deve andare incontro a traumi cronici, non un evento solo. È la cronicità totale delle esperienze a far necessitare un grande ricorso alla dissociazione, non (solo) la gravità.
Questo perché cercare di avere una narrazione coerente è impossibile e sarebbe molto pericolosa. Si dovrebbero far coesistere delle visioni troppo contrastanti e variabili sul mondo e sulle persone che si prendono cura del bambino, insieme ad eventi troppo soverchianti e stressanti per le capacità di una mente così piccola.
Un esempio potrebbe essere il cercare di far coesistere che un proprio genitore è disponibile ad accudire e altre volte no, che a volte è accomodante, altre spaventoso o spaventato, che a volte è sicuro dipenderne, altre no. E di conseguenza, cercare di mettere insieme che il mondo è un posto in cui allo stesso tempo accadono eventi positivi ma anche che mettono in pericolo la vita e l'integrità. Se per una persona integrata e adulta questo lavoro è complicato e anche un singolo trauma può diventare un evento spartiacque nella vita, al di sotto dei 9 anni è impossibile per mancanza di strumenti. 
La soluzione diventa cercare di inscatolare in modo più coerente possibile le contraddizioni in attesa del momento adatto per elaborarle. 

Quindi, ad essere dissociata nel DID è l'identità nel suo totale. Questo vuol dire che non esiste nemmeno una personalità completa, ma è una divisa in più parti. Queste parti sono da considerarsi delle persone diverse vere e proprie (avendo pattern di attivazione del cervello diversi e altre differenze fisiologiche), solo non del tutto separate.
In termine tecnico, ogni alter è una manifestazione dell'organizzazione di una singola personalità.
Ma, a causa dell'età della divisione, non esiste un "originale" o una personalità più importante: sono tutte sullo stesso piano. Anche se bisogna riconoscere che molti identificano qualcuno del gruppo come tale. Spesso si tratta del primo alter ad aver preso coscienza di sé, o del primo che ha ricordo di aver vissuto nel corpo.
In ogni caso secondo la teoria più recente a riguardo, un originale non può esistere perché al momento della dissociazione iniziale non c'è integrazione, e dunque, nemmeno una sola identità formata. Non esiste un Io come lo intendiamo comunemente, ed è il motivo per cui i bambini possono cambiare stato in modo repentino senza problemi.

Oltre a questo ogni alter ha un ruolo, più o meno specializzato. Un alter senza un ruolo semplicemente non può esistere, perché la mente spenderebbe energie per tenere del materiale cognitivo separato senza ragione.
Per quanto però possa essere comune avere un'identità rappresentante l'aggressività, è più unico che raro assistere ad atti violenti contro esterni che non abbiano motivazioni di difesa.
Le probabilità di commettere atti criminali sono le stesse della popolazione generale, con rischio aumentato di essere vittime di ulteriori traumi.

La consapevolezza del disturbo invece varia da persona a persona. Alcune sono perfettamente stabili e consapevoli del loro sistema di identità (con una media che si aggira sulle 12-15), e lavorano di conseguenza. Gli alter spesso si manifestano attraverso co-coscienza e co-presenza, limitando le amnesie. A volte, queste non sono proprio presenti se non in casi particolari.
Molte persone sono anche assolutamente consapevoli dei loro comportamenti e delle conseguenze degli stessi, ed è questo che può portare a depressione e ansia ulteriori.
Se le persone con DID risultano invalidate dalla condizione, è per via dei traumi e dei comportamenti di compensazione che vengono messi in atto. Ovvero, dai disturbi che si presentano oltre il DID.

La cura di questo disturbo, per chi decide di intraprenderla, è molto più complicata del riportare alle luce gli eventi scatenanti. Anche facendolo, le identità rimangono lì dove sono, perché ormai non sono più dei semplici contenitori di ricordi, ma molto di più. Questo, con le dovute eccezioni. 
Riprendendo il discorso di inscatolare gli eventi di prima, il problema è che il cervello da quel momento in poi continua ad utilizzare questo sistema per qualunque situazione. L'intera vita viene filtrata e separata come più opportuno, creando nuove scatole al bisogno. Ogni alter continua a vivere e ad essere sviluppato in parallelo agli altri, con spesso molte opportunità di sviluppare nuovi comportamenti unici e differenziati. Per questo possono raggiungere tanta complessità, tale da risultare come individui completi. 

Molto spesso si preferisce arrivare ad una pacifica convivenza tra le identità, o a una fusione parziale.
In ogni caso, nessuna integrazione può cancellare gli alter, il loro modo di essere e le loro caratteristiche, proprio perché sono parte di un'unica personalità.
Se anche si avesse un'integrazione totale, non si otterrebbe la persona che porta i dati anagrafici, ma un'altra.

Guardando alla parte di letteratura scientifica, per quanto Freud sia indubbiamente il più conosciuto sull'argomento con le due Topiche, non è stato quello che si è poi rivelato più corretto.
Janet e Binet (su quest'ultimo si è basato anche Pirandello per la sua concezione di psicologia) sono stati tra i primi che hanno posto le vere basi per lo studio di questo tipo di disturbi, che hanno la loro origine nella dissociazione. Volendo, potremmo citare gli studi di Bowlby sull'attaccamento, che hanno un ruolo non indifferente nell'insorgenza di questi disturbi.
Altrimenti, più recentemente abbiamo Onno Van der Hart e colleghi, con la teoria della dissociazione strutturale.

Mi fermo qui perché non vorrei risultare troppo pesante. Questi sono solo i fatti principali che riguardano questo disturbo, ma è molto, molto complesso e le differenze tra persone possono essere vastissime.
Parleremo meglio di alcuni punti toccati in questo capitolo nel successivo, per cercare di dare un quadro completo.

Conoscere una persona con DID, non rende in automatico esperti su tutto il disturbo.

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