ventisei

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-ma è un miracolo! Fabio!- sorrise entusiasta Martina, dopo aver sentito in che modo, il corpo di Ginevra era riuscita a mantenere in vita la creatura. Dopo la defibrillazione, il cuore ha ripreso a ribattere il quanto bastava per permettere alla bambina di sopravvivere.

Ma non per farla riprendere...

-le consiglio, signor Rizzo, che se nel caso la bambina non si è ancora addormentata di andare a vederla, stia con lei, ha bisogno delle sue attenzioni.- intervenne la dottoressa sorridendo dolcemente -sì, adesso vado...- dissi alzandomi debolmente dalla sedia di plastica sulla quale ero seduto -ma volevo chiedere...Ginevra, dov'è?- chiesi -è stata trasferita in terapia intensiva, prima vada da sua figlia, avrà tempo per stare con sua moglie, potrà sempre chiedere alle infermiere di farsi accompagnare, non si preoccupi.- sorrise il dottore, annuì e uscì dalla stanza, seguito da Martina e Diego. Accompagnati dalla stessa infermiera che ci aveva portati in quella stanza, andammo al nido, dove tenevano mia figlia. Appena arrivammo, la donna sorrise e indicò una piccola culletta posta in prima fila, ben in mostra, con la targhetta senza nome. Mi faceva tristezza vedere quella cosa.

-eccola qui.- sorrise la donna -la piccola...come la vuole chiamare?- chiese, rimasi in silenzio, e posizionai gli occhi sulla bambina. Martina sembrava contenta di vedere quel piccolo fagotto dormiente era insolito da parte sua -ma quanto sei bella.- disse Martina, per poi guardare il fidanzato, anche lui intento a guardare mia figlia -sì, è davvero bellissima.- sorrise il ragazzo sorridendo dolcemente, sorrisi anch'io, era davvero stupenda. Uguale alla madre, forse anche troppo... -che dite, la prendiamo?- sorrise l'infermiera entrando nella stanzetta -andiamo dal papà, bimba?- papà -che dici Fabio, non è bellissima tua figlia?- sorrise Martina mentre attendeva che la donna si avvicinasse con al creatura -sì, è molto bella.- sorrisi malinconico. -bene bene.- disse la donna avvicinandosi con la bambina che dormiva ancora -come la chiamiamo? - chiese mentre mi porgeva quel fagotto color rosa confetto -Cecilia.- dissi -oh! ma che nome stupendo!- disse la donna rivolgendosi alla bambina -signore, aspetti, le do una mano a sistemare meglio la bambina, ecco, metta una mano, lì sul fianco, perfetto, faccia appoggiare la bambina sul braccio e l'altro braccio lo metta qui...ecco, perfetto.- sorrise. Guardai la bambina, ma qualcosa di particolare mi catturò, un colorito diverso sul suo piccolo polso catturò la mia attenzione -ha qualcosa qua sul polso...- dissi -cosa?- chiese Martina, i tre si avvicinarono alla bambina, prendendole il piccolo polso -è una voglia.- disse Diego -mi sbaglio o è a forma di cuore?- continuò poi. Sei nata con una voglia a forma di cuore e tua madre ha il cuore malato. Ginevra.

-se vuole si può sedere su quella poltroncina, così, potrà stare un po'  con sua figlia...e iniziate un po' a conoscervi diciamo.- sorrise la donna indicando una poltroncina di pelle marrone, posta in un angolo della stanza, scossi la testa -voglio andare dalla madre..voglio...voglio vederla.- dissi come se mi costasse fatica anche solo dirlo. Anche solo il pensiero. -va bene allora, Stefi!- alzò il tono di voce la donna, allarmando una sua collega che corse immediatamente -prendi Cecilia.- indicò la bimba ancora fra le mie braccia -ma che nome stupendo!- sorrise la ragazza prendendo in braccio la bambina -sì, ma adesso prendila, io accompagno i signori in terapia intensiva.- disse, guardai la bambina per l'ultima volta prima di andarmene da quella stanza. 


-mi ascolti bene signor Rizzo, prima di entrare deve indossare queste cose, è semplice, stia tranquillo.- disse dandomi una tuta che iniziai quasi immediatamente ad infilare. -ecco, bene adesso si lavi scrupolosamente le mani. In questa stanza basta un minimo per creare un casino, e noi non lo vogliamo. Giusto?- disse la donna mentre io annuì, era tutto così troppo essenziale? -perfetto, adesso, si asciughi bene le mani.- disse indicando le mie mani leggermente ancora umide, afferrai un'ennesimo pezzo di carta e le riasciugai -ecco, adesso possiamo entrare, non tocchi più niente, mi raccomando.- disse.

Ma che posto era? Dove l'avevano portata? Questo posto è desolato, silenzioso, l'unica cosa rumorosa sono le macchine, il costante rumore delle macchine. Ma quanta gente c'è? Non dovrebbe esistere questo posto, è assurdo. E' soffocante, non posso farcela.

Dove sei amore? Ginevra...non ti vedo, dove ti hanno messa? -Ginevra!- No.No.No.No.No. No. -mi ascolti prima...tra dieci minuti ritorno e la faccio uscire, lei può toccare le mani o il viso, ma delicatamente, mi raccomando. Non tocchi nient'altro, non faccia niente. Non starnutisca, non tossisca, non si sieda da nessuna parte. So che sono cose stupide, ma sono essenziali. Mi ha capito?- sì, sì, ma adesso levati -sì, ho capito.- risposi annuendo, la donna mi fece passare, si allontanò e io finalmente corsi da lei. -un consiglio, ci parli con lei, le racconti cose belle, che non le creino ansia o qualche tipo di stress...e soprattutto, non urli.- disse prima che uscisse. Annui.


Parlare, ma di cosa? Mi sente? Mi capirebbe? L'unica cosa che vedo io qua è un corpo collegato a dei macchinari. Ci sono altri corpi qua dentro, e delle infermiere ed io. Ginevra non è qua. Si è dimenticata del suo corpo? Ma dove sei? Amore mio ti prego ritorna, non posso stare qua senza di te, non ce la posso fare io da solo, come potrei? Come posso vivere senza di te? Non puoi chiedermi questo, lo sai. Che parlo a fare se so che tanto nessuno mi risponde? Amore, mi senti? Senti la mia mano che accarezza la tua? Ritorna ti prego, devi vedere la creatura stupenda che hai fatto. Sai l'ironia della sorte? E' nata con una voglia a forma di cuore. Avevo sentito dire in giro, probabilmente da mia madre, che quando un bambino nasce con qualche voglia, vuol dire che sono i segni di ciò che ha voluto la madre ma non ha mai potuto avere. Ti prego, non lasciarmi, stringimi la mano, ti prego, la senti? Sono qua, muovi qualcosa, qualsiasi cenno, fammi capire che sei ancora qua con me.

- mi scusi...- disse una persona alle mie spalle, mi girai lentamente, gli occhi lucidi ormai erano visibili. -posso passare? Dovrei cambiare la flebo...- disse la ragazza, mi spostai di poco per permetterglielo -grazie.- sorrise staccando un tubicino -sa che le può parlare?- disse -ma lei che ne sa?- risposi alzando un sopracciglio -nel senso, molte persone parlano con i loro pazienti, oppure mettono qualche canzone. Magari la prossima volta, può portare qualche disco che le piacevano.- sorrise -no, nel senso: lei che ne sapeva, magari le stavo già parlando.- risposi, la donna parve non aspettarsi una risposta del genere, ma si riprese e sorrise -usi al voce, sono sicura che in questo momento ci sta sentendo, ci provi, non le costa niente.- rispose e continuò -si lasci andare anche lei, piangere fa bene. Non abbia paura, è ciò che le sta chiedendo la sua donna. Ecco, finito. Ci vediamo dopo cara, così cambiamo di nuovo la flebo va bene? Perfetto...arrivederci signore, e mi raccomando. sia forte.- 

Era tutta una mia illusione o quella donna esisteva davvero? No, era vera, la flebo è piena. Mi ha detto di usare la voce, ma anche se provassi, adesso, non ci riuscirei. Non riesco a dirti nulla, non lo so perché. Perché non riesco? Perché nessuno mi risponde ecco. Tu non puoi rispondermi, non riesci...

Non posso farmi abbattere così, lo devo fare per te. -Gine...- dissi con voce strozzata. Forza. -amore...- dissi iniziando a sentire, per la prima volta dopo anni, le guance bagnate dalle lacrime -rimani con me, apri gli occhi ti prego. Ho bisogno di te, non puoi chiedermi di andare avanti da solo, ricordi in che situazioni ci siamo incontrati?- risi dolcemente, fra le lacrime -ero solo un povero fattone, ma te, te mi hai cambiato. Hai visto? Ti prego, apri gli occhi, dimmi che sono un coglione, che non dovrei piangere, che non mi serve a nulla. Dimmi che mi ami, voglio solo sentire questo...- abbassai la testa

-signor Rizzo...- no, non ora -la prego, altri cinque minuti...- sussurrai -mi spiace, ma non posso, glieli concederei volentieri, ma è una questione di sicurezza- annuì, mi avvicinai di poco all'orecchio di Ginevra. Se come dicono loro, mi sentiva, sentirà anche questo -ti amo.- sussurrai per poi allontanarmi dal suo corpo ancora immobile -dai, andiamo.- disse la donna -ciao Ginevra...- dissi 


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