Capitolo 12

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Siamo infallibili attori della tremenda commedia della vita, tutti pronti per lo show, in corsa per mettere in scena il prossimo atto.
Ma come si sa in ogni commedia c'è un amaro finale.

24 maggio 2022

Narciso

Vago per la casa alla ricerca della quieta, come se cambiare posto mi possa concedere una tranquillità interiore che non risiede in me da diverso tempo, supponevo che avrei raggiunto la quieta interiore con l'avanzare dell'età, con la consapevolezza dell'essere, di chi sono e cosa voglio. Eppure ottenuto ogni amabile frammento del potere agognato per anni, sono finito per sentirmi spesso vuoto. Continua a mancarmi qualcosa, ma cosa?
Durante le mie cogitazioni finisco per soffermarmi davanti alla stanza che le ho destinato nonché la mia, non avrei dovuto permetterle di dormire qui ,eppure voglio che lei lo faccia. Ritengo che non contamini i miei spazi ma li colori, fa venir meno quel tediante senso di grigiore che opacizza le mie giornate. Ed é questo strano potere che lei possiede che più temo, perdendo interesse per il suo corpo, perderò interesse per ogni cosa che fa parte di lei e se così non fosse? Potrei distruggerla pur di evitare ogni forma di dipendenza, semplice.
Entro nella stanza e mi siedo sulla poltrona posta davanti al suo letto, sprofondo nel tessuto ma non mi deconcentro dal centro della mia attenzione.
I capelli ramati sono sparsi sul cuscino, le labbra carnose e rosee sono dischiuse formando un cuore. Le ciglia spiccano dal suo profilo, simili ad una statua dalla bellezza eterea. Senza rendermene conto finisco per ripercorre il suo profilo con un dito, proprio come farebbe un artista sulla sua opera d'arte ma lei non è nulla di mio e ne mai potrà lontanamente esserlo.
Se dovesse diventarlo, finirei per tenerci, così invece è solo un pezzo d'arte che ammiro e provo a corrompere o rovinare con i miei tentativi d'assalto. Si irrigidisce per poi girarsi dall'altra parte quasi infastidita ma poi come se sapesse esattamente dove fossi mi afferra la mano e la stringe fra le sue piccole. Se la porta a poca distanza dalle labbra e la detiene come se fosse la cosa più importante al mondo.
<<Non sono l'eroe che può salvarti, io sono il reietto delle favole. Il cattivo che tutti tengono lontano dalla bella ragazza. Finirò per desiderare solo di ucciderti. C'è di meglio per te, mia dolce e piccola ninfa.>>
Le sussurro la verità come se fosse un tremendo segreto che nemmeno le mura possono ascoltare.
Se solo lei potesse sentirmi e mi ascoltasse senza contrastarmi. Mi fa ammattire, continuo a domandarmi per quale assurdo e folle motivo sia salita in auto con mio fratello. Sono convinto che tra di loro non sia successo nulla, ma c'é una parte di me che mi induce a credere che possa essere successo qualcosa tra loro due.
<<Dovresti scappare, e tenerti in eterno alla larga da me. Io che sono al comando delle schiere di ombre oscure che ambiscono al tua assalto.>>
Mi libero dalla sua presa e mi allontano dalla stanza, come se il suo tocco mi avesse scottato la mano si arrossa, il tremore diventa sempre più persistente e destabilizzate. Dalla mano si espande al braccio e poi arriva, arriva la voce che mi chiede di distruggere, per ucciderla é ancora troppo presto, vuole semplicemente che distrugga qualcosa.
Mi guardo attorno quasi spaesato come se non avessi cognizione di causa di dove mi trovo. Abbastanza lontano da ciò che potrebbe distruggermi ma abbastanza vicino da poterla distruggere ed io stesso prendo consapevolezza che miei stessi pensieri che sono simili allo stato di delirio di un pazzo ma sono rare le volte in cui me ne accorgo.
Con lunghe falcate percorro l'antica casa dimorata dai pochi felici ricordi della mia vita.
Afferro una bottiglia di Bourbon con soddisfazione osservo il mio riflesso nella bottiglia.
Esco fuori e cammino verso il salice dove ho costruito un fortino per Soleil appena la comprai. Era così piccola ancora con i suoi sogni, l'amore per la vita e gli occhi pieni di speranze come lo sono tutt'ora. Lei ha una prospettiva che si avvicina alla normalità mentre la mia prospettiva é così distante da ogni comune e umana concezione che a volte spaventa me stesso. Desidero tutto ciò che corrompe e tutto ciò che corrompe e corrobora la mia esistenza. Salgo sopra e mi siedo, per poi sollevare lo sguardo verso l'alto. La vista viene limitata dalla chioma fiorente dell'albero, un po' come la siepe che impediva la vista dell' infinto per Leopardi. Il mio desiderio di distruzione si acquieta e la bestia sembra essere stata saldamente legata e ammansita nella sua gabbia. Se riuscissi tutte le volte a controllarmi così a controllare la parte più oscura e spaventosa del mio essere, sarebbe tutto più semplice ma spesso non voglio controllarla mi piace vederla mentre scorrazza libera e rincorre la preda, mi piace osservarla mentre sbrana e distrugge ogni singolo brandello del suo obbiettivo.
Chiudo gli occhi e mi soffermo sui rumori che mi circondano. La chioma dell'albero produce un leggero fruscio, il vento mi accarezza la pelle e un brivido mi percorre la spina dorsale finché un rumore deciso, mi induce ad aprire gli occhi. Abbasso lo sguardo verso il basso e ritrovo la ninfa con le chiappe piantate sul terreno e l'espressione di una bambina indispettita che si è fatta male. Ha l'aspetto tenero ma quella tenerezza viene subito soppiantata nello stesso momento in cui vedo la mia camicia risalire sulle sue cosce tornite che vengono scoperte sempre di più. Si solleva in piedi e punta lo sguardo verso di me come se fossi la sua vetta da raggiungere. Con un espressione buffa che dovrebbe essere frutto della sua concentrazione, ritenta e prova a salire con qualche difficoltà e movimento goffo tipico della sua età.
Alla fine lei è una tenera ninfa nel fiore dei suoi anni ed io sono un vecchio marinaio che è salpato nell'ennesima terra vergine da cui vuole predare ogni singolo elemento. Sale su con fierezza e mi osserva incrociando le braccia al petto, proprio come una bambina dispettosa.
<<Non si lasciano così gli ospiti!>> borbotta con voce impastata dal sonno, come se le avessi fatto chissà quale tremendo affronto. Allungo una mano e la tiro verso di me. Poso le mani sul retro delle gambe risalendo verso l'incavo del ginocchio per poi fare e presa e farla cadere sulle mie gambe. La sua espressione di pura sorpresa tramuta in nervosismo.
<<La ninfa ribelle...>>sussurro afferrando una delle ciocche dei suoi lunghi capelli castani e rigirandola fra le dita.
<<Cosa intendi?>>
<<Se ci pensi ninfetta, il tuo nome si ispira ad una delle poche ninfe che ha osato rifiutare un Dio. Apollo, era impazzito, la seguiva, l'amava ma lei rifiutava per chissà quale motivo il suo amore e alla fine si è trasformata in un albero pur di sfuggire dall'amore del Dio. Ed io invece ti sto dando la possibilità di scappare eppure tu non fuggi. Cosa non va in te ninfetta?>>
La domanda sembra destabilizzarla, assume un espressione sconvolta, con i capelli arruffati, le labbra gonfie e gli occhi ancora lucidi per il sonno.
Simili ad una delle dolci bambine che venivano tanto adorate dall'incantatore.
<<Non ho più nulla da perdere...>>
Lei? Non ha piu nulla da perdere? Ma cosa blatera? Lei con la sua giovane età, intelligenza e un fiume di opportunità che fioriscono nel futuro.
<<Sei blasfema quando ti pronunci in questa maniera. Smettila di guardare il mondo con occhi disillusi sei troppo giovane per smettere di sognare e hai fin troppe qualità per poterti persino sognare di farlo! Tu non sai cosa vuol dire avere una scelta bambina!>>
Scuoto la testa amareggiato, mi allontano e dirigo dalla parte opposta della casa sull'albero per mettere più distanza tra me e lei. É pericolosa!
<<Non sai cosa significa!>>
Scoppio in una fragorosa risata, allungo una mano per afferrare la mia bottiglia di Bourbon da cui prendo una grossa sorsata.
Daphne mi osserva come se fossi il più temibile dei demoni, il peccatore tra i peccatori, il mostro tra le ombre.
<<Quella che fra i due non può capire l'altro, sei tu ninfa, la tua supponenza ti acceca gli occhi!>>
Avanza nella mia direzione con fare impetuoso, la ninfa diviene Dea e la dolce Daphne sembra mutate in un'Atena iraconda, il suo aspetto diventa dissimile a quello che ha sempre avuto.
<<Non credo che tu possa soffrire, sei quel genere di persona che procura sofferenza e basta>>.
<<Credo che il vero mostro in questo momento sia tu Daphne, sentenzi sulla mia vita senza sapere nulla. Ti basi su ciò che vedi, tu sei cieca come tutti!>>
Innervosito dalla conversazione, mi sollevo in piedi e avanzo verso le scale ma lei mi impedisce di uscire.
Tutto ciò  si dovrebbe ripudiare e tenere nascosto. Sono lo scheletro nell'armadio, quello che tutti hanno e nascondono al mondo ma con la consapevolezza che sono stato la loro più tremenda colpa.
<<Hai ragione, mi dispiace, sono solo stanca e tu non sei una persona che parla molto! Non sono nulla di te e ora mi ritrovo in questa casa chissà dove, sola con te che mi mandi segnali contrastanti. Non so cosa fare...io...>>
Le afferro il mento posando le mie dita sulle sue guance rosee, analizzo il suo viso inclinandolo da destra verso sinistra, come se volessi cogliere ogni dettaglio, mentre i suoi occhi restano fissi nei miei. Le sui iridi oro si tingono di tristezza, é solo una bambina, mi ripeto, eppure ai miei occhi risulta il più ardente desiderio, il più ambito e  sovente perverso.
<<Sei tenera, proprio una dolce bambina, ma dovresti smetterla di fare i capricci. Non sono come le persone comuni che si compiangono e soffrono di manie di vittimismo nascondendosi dietro i loro traumi. A me piace essere quello che sono!>>
Le stampo un bacio sulla tempia, lei senza dire nulla mia avvolge con le braccia e schiaccia la testa contro il mio petto. Man mano il battito aumenta, mi manca l'aria, ma se capisse la mia debolezza colpirebbe. Ma poi mi concerto sul suo corpo, rivestito da una mera camicia compresso contro il mio.
Allora la spingo dalle spalle, senza dire nulla e tutto ciò che faccio è comandarle di andare a dormire.
<<Vieni con me.>>
Assumo un espressione tipica di quando ho vinto, o ho ottenuto qualcosa che desideravo con ogni fibra.
<<Se dovessi seguirti, non ti lascerei dormire>> .
<<Sei convinto che io ti permetta di toccarmi?>>
Inclino la testa lateralmente e le bacio la zona poco più sotto del suo lobo.
<<Il tuo corpo parla chiaro ninfa.>>
Per quanto lei possa negarlo c'é una palese attrazione tra noi due.
La oltrepasso e con un salto arrivo sul terreno, mentre lei si affaccia estrefatta dalla balaustra in legno, non riuscendo a concepire come abbia fatto.
Anni di addestramento, fratture e lussazioni, mi hanno condotto a superare i miei limiti ed avere una maggiore agilità.
Lei la dolce ninfa ed io il principe delle tenebre, non ci può essere nessun legame, nessuna storia tra noi due, veniamo da mondi eccessivamente diversi.
<<Perché proprio me?>>
La sua domanda penetra l'aria e risuona nel silenzio assordante accompagnata da un leggero risuono delle sue parole prodotto dall'eco.
<<Perché non te. Mille scelte, alternative, opportunità ma io mi ostino sempre e soltanto su una. Diventa la mia ossessione, la ragione non padroneggia più il mio corpo, divento istintivo e finisco per prendere le decisioni meno meritevoli e prive di ogni forma d'etica. Tutto questo mi rende un mostro. Ma tu, che sei qui e avanzi nel buio delle mie notti, sei qui ad interrogarmi sul perché invece di fuggire. Non ti domandi se non ci sia qualcosa che non vada in te?>>
Serra le labbra, il suo sguardo tramuta, Atena sembra fuggire via per lasciare il posto alla dolce ninfa insicura.
Mentre io con ampie falcate mi allontano e raggiungo l'interno della casa.

Il LeviatanoWhere stories live. Discover now