Capitolo 14

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Sarei dovuto essere l'eroe, ma sono finito per diventare il capo dell'armata delle ombre.
Koine, definito come il demone, ma secondo alcuni filosofi era passione. Quindi koine non diviene più nemico ma fuoco per vivere.

20 gennaio 2022

Narciso

Così simile ad una ninfa della natura, vaga per i giardini con indosso un abito bianco, lei così candida mentre io cosa sono?
Io sono il mostro anche della sua favola...
Accarezzo con lo sguardo i capelli lunghi e ramati che svolazzano nell'aria, l'aspetto innocente che pervade ogni suo gesto. Gli occhi ambrati che divengono simili ad oro ogni volta che il sole li colpisce con i suoi raggi delle prime ore del mattino.
La terrei qui, eternamente mia prigioniera se solo potessi. Lei sarebbe una dolce prigioniera in cui poter spendere i miei giorni.
Ma lei? Solo lei? Io che sono il cacciatore di ninfe e dee, capace di amare il mio solo riflesso potrei accontentarmi per l'eternità di lei? La risposta è lampante, no. Ma lei potrebbe essere simile ad una temporanea distrazione dalla noia che mi tedia e che mi sfiora con le dita nei momenti in cui non riesco a trovare una prossima vittima da uccidere e questa estenuante e prolungata astensione inizia a darmi sui nervi.
Osservo la piscina con aria distaccata, mentre dentro ci sguazza con una certa allegria mio fratello. Ragazzino insolente, sa che non voglio fargli del male e quindi gioca con la mia pazienza ma ha un limite e lui sta tagliando lentamente il sottile filo della mia pazienza!
Daphne arriva in giardino, con indosso la mia camicia dischiusa dalla quale si intravede il suo reggiseno bianco in tessuto che accoglie i suoi seni piccoli e tondi, scendo verso il suo ventre e lo accarezzo con lo sguardo per poi osservare le sue cosce tornite che avanzano nella mia direzione.
Il suo corpo è cosparso di nei su cui poserei la lingua e morderei con vigore solo per farle ricordare come può sentirsi solo sotto il mio assedio e sotto il mio tocco.
E l'unica cosa a cui riesco a pensare sono le sue cosce strette attorno al mio capo e il suo sapore, mi domando se sarebbe abbastanza audace da tirarmi i capelli oppure resterebbe inerme mentre mi approprio del suo dolce illibato.
Mi lecco le labbra come farebbe solo un felino davanti al pezzo di carne che gli spetta. Sbruffo frustrato ma poi una domanda che la dolce e tenera bambina mi pone mi distrae dalle mie perverse cogitazioni.
<<È una bella prigione.>>
<<Il mondo.>> ribatto conclusivo osservandola con una certa curiosità mentre prova a citare Shakespeare, supponendo che sia l'ultimo dei trogloditi che tenta di conquistarla. Ma non intendo avere lei ma solo una parte di lei, quella che non ha concesso a nessuno, quella che sta cedendo a me a piccoli pezzi. Nella mia testa continua a ronzare il suono dei suoi gemiti come una dolce melodia che accarezza il mio udito e perseguita la mia memoria, mentre la parte più folle la desidera ancora e desidera di più del mero frammento che mi ha concesso.
Avrei maledetto il mondo, distrutto la terra pur di ottenere ciò che desidero. Ma i suoi silenzi, il suo contrastarmi, mi mandano in confusione. Non sono abituato a ricevere un no, soprattutto da una donna!
Si siede a bordo piscina liberandosi della mia camicia, naturalmente mio fratello non perde tempo, con sguardo acceso le va incontro a nuotando e divorandola con lo sguardo.
Mi sfilo gli occhiali da sole e prima che mio fratello possa fare la sua mossa mi getto in acqua, riemergo esattamente in corrispondenza della ninfa, fra le sue gambe che tiro con vigore e L'attraggo a me facendola scivolare in acqua, un urlo divertito fuoriesce dalle sue labbra simil a petali delicati, allungo la lingua e le accarezzo, con una mano la tengo ben salda, mentre con l'altra risalgo fra i suoi seni e le avvolgo la gola, la pelle è liscia, chiara, con le dita accarezzo il punto in cui sono designate le violette che perdono petali. Le labbra sono cosparse da gocce d'acqua, i capelli aderiscono al suo viso.
I suoi maledetti occhi, simili a pozze d'oro costituite da fili concentrici, sarebbero stati la maledizione di qualsiasi dannato, il tesoro perduto a cui solo i più folli avrebbero ambito. Ed io ero e sono un pazzo che desidero la piccola e deliziosa ninfa.
Le sposto i capelli indietro e sulla nuca, vicino l'attaccatura dei capelli scorgo un nuovo tatuaggio, la ninfa Daphne che si trasforma in albero.
<<Ne hai altri?>>
Inarca un sopracciglio non comprendendo a cosa mi stia riferendo, poi il mio sguardo fisso, le fa intendere a cosa mi riferisco. Dissente con il capo e assume un espressione assente. Ma prima che possa proseguire il discorso mio fratello finisce per schizzarla, attirando la mia attenzione e concentrando i miei nervi su di lui! Maledetto impiccione.
<<Smettila!>>
<<Potresti persino vendermi la tua anima ma non ho intenzione di rinunciare!>>
La sua prepotenza mi innervosisce, il mio piano di isolamento fallisce miseramente nello stesso momento in cui Deviant e mia sorella Soleil fanno il loro ingresso in piscina. Soleil osserva con attenzione Daphne che è ancora imprigionata nella mia presa. Come una farfalla in gabbia senza possibilità di poter fuggire.
<<Pensavi di poterti liberare di noi fratellone?>>
Man mano un sorriso malevolo si amplia sul suo volto dalle sembianze angeliche ma so perfettamente che dietro al suo aspetto si cela dentro una scatola un grosso diavolo in attesa che il regalo venga scoperchiato!
Deviant posa il suo sguardo su Daphne che nel mentre si sorregge sulle mie spalle e inclina il volto come se volesse nascondersi ma non ha nulla da nascondere o dover nascondere. Sarà intimidita da loro oppure dal loro aspetto? Cosa c'è che non va? Perché mi interessa che lei possa essere o meno spaventata da loro? Non mi sono mai posto questo genere di domande prima d'ora, soprattutto a riguardo di donne di cui non mi interessava molto se non goderne del piacere dei loro corpi per una notte. Ma in lei c'è qualcosa che attira i koine dentro di me.
Lei è la dolce sibilla dei miei demoni, c'è un folle legame fra me e loro che non riesco a spiegare e credo che mai ci riuscirò a farlo.
La lascio andare, allontanandola da me con sguardo austero. Lei resta in acqua con la camicia che galleggia simile ad un velo e gli occhi fissi in un punto oltre le mie spalle, esattamente dove Deviant cammina nervosamente avanti e dietro. Gli faccio cenno con il capo di seguirmi, fisso anche mia sorella e senza dire nulla le faccio capire che deve seguirci. Soleil mi fissa con sfida, finché lo sguardo vitreo, e la mia capacità di spaventarla non vincono la sua volontà, e finisce per seguirci all'interno della casa.
Non appena siamo lontani da orecchie indiscrete, mi volto verso entrambi con studiata calma ed esordisco con: <<Che cazzo ci fate qui?>>
Il silenzio diventa persistente, mi osservano senza dire nulla, passo lo sguardo dall'uno verso l'altro, finché Deviant non decide dirmi quello che succede.
Mi basta un nome, per capire che la situazione sta diventando pericolosa, abbastanza da non permettere distrazioni.
<<Persefone é tornata!>>

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