Capitolo 28

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Gli animali sono in gabbia, sono i mostri quelli che vagano per le strade a piede libero e diffondono caos e disordine.

4 maggio 2022

Narciso

Mi rigiro la penna tra le dita mentre osservo la mappa di Vancouver. Daphne non si è fatta viva, non ho fatto altro che pensare a lei tutto il tempo, é una distrazione continua. Pensavo a lei mentre gemeva, alle sue gambe strette attorno al mio bacino, le lacrime che le calcavano il viso. Pensavo al suo dolore e al suo piacere e ne ero follemente compiaciuto di essere io la causa. Si volevo vederla estasiata ma al contempo sofferente, e sapere che fossi io la causa ogni volta che ci pensavo non faceva altro che alimentare il mio ego. Mi sorprendo ad osservarla nuovamente dalle telecamere mentre se ne sta seduta su una delle sdraio disposte sul balcone della camera da letto. Sfogliando le pagine di un libro ma poi ricordo che in quel libro c'è qualcosa che lei non dovrebbe vedere. Sbruffo esasperato e cammino con passo pesante fuori dal mio studio verso di lei.
Attraverso la camera da letto dove percepisco ancora l'odore di noi, mi sembra di sentire ancora i suoi sospiri e i suoi gemiti fievoli.
Le arrivo alle spalle e le tolgo il libro che stava leggendo dalle mani.
<<Non mi è concesso nemmeno evadere con la mente?>> domanda con irruenza.
<<Ti basta pensare per quello! Guardati attorno c'è tanto da osservare qui...>>
Ribatto osservando le nuvole che adornano il cielo che si dipingono dei colori rosati e aranciati del cielo. Uno stormo di corvi si spiega nel cielo pronto ad allontanarsi in chissà quale direzione.
<<Perché non posso essere libera come loro di andare via ovunque voglia...>>le sue parole mi arrivano in un sussurro. Apro il libro e controllo che ci sia ancora quello che conservavo e la trovo lì tra le pieghe delle pagine dove nessuno potesse trovarla. Tra le parole di amore decantate da Shakespeare, in uno dei libri il cui titolo meno risuona tra le voci delle persone, nascondo il mio segreto.
<<Perché hai scelto questo libro?>> domando posando le braccia sulla ringhiera e evitando il suo sguardo.
<<Perché per me sei come il titolo di questo libro, sei un sogno di una notte di mezza estate.>>
Le sue parole attirano la mia attenzione che capitola su di lei. Le accarezzo la guancia con il dorso della mano e le mostro un sorriso smorzato, vorrei poter tornare ad amare per lei, ma non è più possibile.
<<Ninfa, quando penso a te, penso al sesso e alla tenerezza, ma non amore. Non illuderti che possa cambiare, che tu possa resuscitare qualcosa che è morto. Ho perso quella parte di me tanti anni fa e tu non dovresti provare alcun sentimento per un mostro spietato come me.>>
Se solo potessi leggere i miei pensieri il tuo volto si tingerebbe di sgomento e disgusto.
<<Mi basta, mi basta questo. Non necessito di altro.>>
Le scoppio a ridere in faccia, come può accontentarsi di me? Come può scegliere di non amare? Perché lo fa?
Se fossi libero come lei vorrei amare, farmi male, sentire qualunque cosa pur di poter provare e invece sono bloccato in questa dannata gabbia, dove mi gira attorno solo la rabbia e il rimorso mi fa da ombra alle spalle. Il pentimento di tutte le mie decisioni sbagliate mi stringe la mano ed io osservo lei che può danzare sotto la pioggia e urlare amore al vento ma non lo fa e se sta lì ad osservarmi mentre io sono dietro la mia prigione come se lei stessa fosse in realtà la prigioniera e non posso accettarlo non posso sopportare che consumi la sua vita così dietro un muro fatto di paure.
<<Non devi accontentarti, io sono un briciolo di quello che potresti avere se solo puntassi più in alto. Sono uno scalino, uno step della tua vita che devi superare. Non sono la tua destinazione Daphne ma sono una tappa del tuo viaggio>> ribatto con tono basso e roco.
Mi fissa dritto negli occhi, prova a dire qualcosa ma resta in silenzio, qualche secondo finché dalle sue labbra non fiorisce un leggero sospiro che mi accarezza la pelle del polso.
<<Se solo vedessi il mondo che si nasconde dentro di te, ti renderesti conto che non mi sto accontentando...>>
Nego con il capo e mi tingo il volto di un sorriso amaro.
<<Bambina dentro di me c'è solo una profonda oscurità, dovresti fuggire. Scappa finché sei in tempo, altrimenti finirò per usarti e distruggerti proprio come ho fatto con i miei fratelli. Gli dico che gli ho salvati ma non è così. Il vero mostro della loro storia sono io! Sono io Daphne! Quindi smettila di provare a vedere del buono in me! Perché io sono il cattivo anche della tua!>> le urlo contro con tutta la rabbia che ho in corpo.
Le lascio il viso e mi allontano, con uno scatto mi allontano come se il suo sguardo mi bruciasse so benissimo che mi stia fissando.
<<Che cosa intendi?>>
Se le dicessi la verità non potrei godere della sua compagnia, e se fossi egoista ancora per un giorno? Se godessi della sua compagnia per qualche altra notte?
<<Che dovresti vedermi per quello che sono realmente. Non sono l'eroe che cerchi o il cavaliere che desideri. Ma sono una sporca e perversa leggenda di cui si narra e nessuno ha la certezza che esista perché in realtà nessuno vorrebbe che fosse vero!>>
Ritorno in camera da letto e mi accendo una sigaretta per poi riposizionare il libro nella libreria in stanza, più in alto dove le sue mani non possono arrivare.
<<E se fossi magia, un incantesimo che tutti vorrebbero esistesse ma in realtà è solo un illusione che si può ammirare?>> ribatte inseguendomi.
<<Vorrei che fosse così ma io ninfa guardo in faccia alla realtà è non sollevo più la testa per osservare i sogni!>>
Fumo nervosamente e sorrido di me stesso, sorrido del modo in cui la bambina mi stia spogliando della mia armatura e stia sbirciando tra le mie ferite. Osserva le cicatrici della mia anima e non mi giudica.
<<Dovresti concederti il lusso di vivere qualche volta. Credo che tu sia spaventato dalla vita più di quanto lo sia io!>> mi ribatte per poi picchiettarmi un dito contro il petto come se ci fosse un tasto del citofono da premere. Inarco un sopracciglio e la osservo divertita. É proprio una piccola ninfa dei boschi che nulla può contro di me.
<<Ho ucciso mia madre Daphne, ho sparato alla donna che mi ha cresciuto e ho voltato le spalle ai loro cadaveri. Ora hai comprendi?>>
Domando afferrandole il mento in una mano per poi lasciarla andare malamente e sbuffarle il fumo in viso. Mi allontano per dirigermi nuovamente fuori, abbastanza lontano e vicino a lei.
<<Non sei il mostro che dici di essere ma quando lo scoprirai mi avrai già allontanata, allora sai cosa ti dico? Spero che tu incontri una donna che ti ami davvero, ti riscaldi il cuore e ti invada i pensieri e ti faccia pensare che valga la pena provarci...>> ribatte alle mie spalle con fiato corta e la voce che man mano diventa più flebile, poi un singhiozzo la interrompe.
La guardo dall'alto verso il basso come se fossi sul monte Everest e lei fosse talmente lontana da me, sono in cima e ho il pieno controllo di tutta la situazione.
<<L'unica cosa che mi fa pensare che valga la pena provarci è la morte, bambina. Quindi lascia le tue frasi d'effetto per i bimbi della tua età con me non funziona lo sguardo da gattina, e le dediche da poetessa!>> ribatto arcigno con sguardo severo neo suoi confronti. Lei dal suo canto si fa sempre più piccola.
<<Con te funziona solo il linguaggio del sesso, sembra che non ci sia altra forma di contatto che per te valga.>>
Scoppio in una fragorosa risata per poi guardarla con serietà.
<<Non ti domandi il perché ninfa? >>
<<Perché?>> ribatte con gli occhi che ormai trasbordano di lacrime salate che le accarezzano il volto.
<<Perché mi è stata promessa la vita mentre ricevevo baci e carezze e poi cosa è successo? Mi sono trovato fra le mani del capo dell'esercito delle ombre. E chi era stato a vedermi? Chi mi aveva promesso il mondo. Quindi non credo alle tue speranze, non credo alle tue carezze ma credo al tuo corpo che geme perché so che sono io a provocarlo e non sono dei folli meccanismi nella tua mente che ti conducono a dire o fare qualcosa!>> ribatto aspramente.
Lei dal suo canto stringe le spalle e si lascia andare lentamente contro il muro ormai esausta di lottare contro di me, ma vorrei che non si arrendesse, vorrei che mi urlasse contro e non che coprisse le mie di urla con i suoi silenzi.
Vorrei che continuasse a fare rumore nella mia vita e percorrere piccoli passi nella mia direzione ma tutto ciò che mi ritrovo davanti sono lacrime e singhiozzi, un volto triste.
Non posso farne a meno di compiere il solito delitto di distruggere gli altri e preferire me stesso.

Il LeviatanoWhere stories live. Discover now