Capitolo 16

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La decisione migliore per tenere al sicuro le persone é tenerle alla larga, restandomi accanto si rischia troppo.

13 maggio 2022

Narciso

Sono finito per seguire le tracce di un fantasma. É sparita nel nulla, ed io ora sono privo di ogni prova e con il costante pensiero che possa succede qualcosa ad uno dei componenti della mia famiglia o alla ninfa. Non dovrebbe importarmi della sua vita, ma me ne sento improvvisante responsabile, il nostro incontro si può definire un "incidente" del fato.
Ma io che sono il principe degli irrecuperabile, ed il re dei dannati non potrò mai nemmeno osare di immaginare che la mia vita diventi diversa da quella che è.
Sorrido guardando il mio riflesso, al contempo sollevo un bicchiere e brindo al disastro della mia vita. Con le gambe spalancate e l'aria da eroe distrutto, affondo nella poltrona in pelle mentre continuo a contemplarli in maniera ossessiva.
<<Cosa vedi quando ti osservi Narciso?>>
Non è il primo uomo in camice e con un taccuino che mi analizza questa settimana, sono diventato simile ad un topo su cui fare esperimenti. Vediamo qual è la soluzione più adatta per renderlo normale?
Con sguardo supponente lo sfido con lo sguardo e mi dipingo sul volto un sorriso beffardo.
<<La perfezione!>> ribatto facendo un inchino davanti al mio stesso riflesso, mentre l'uomo dagli spessì occhiali che non esprime alcuna emozione. Non fa altro che prendere appunti sul suo malmetto taccuino che vorrei prendere fra le mani, osservarlo, leggere il contenuto e poi distruggerlo. Il dottore viene chiamato da una delle tante infermiere dell'ospedale, mentre mi passa accanto gli sfilo dalla tasca del camice, il libro dei segreti. Una delle prime cose che mi sono state insegnate per sopravvivere é rubare, se non ti danno quanto meriti, allora te lo prendi. Non appena la porta si chiude apro lo scrigno dei segreti. Ciò che leggo non è altro che un ritratto della mia personalità, disturbo istrionico della personalità, Disturbo della personalità multipla, ADHD, disturbo narcisistico e un lungo elenco di termini che non riesco a comprendere. Sfoglio le pagine alla ricerca di qualche altro dettaglio in più di cui potermi appropriare. Ma non c'è altro su di me. Torno indietro alla ricerca di dettagli suoi miei fratelli ma non vi è alcun elenco memorabile simile al mio, se non disturbi simili ma di minor impatto. Una parte di me si sente sollevata, come se avessi svolto mio compito correttamente. Dovevo proteggerli é ciò che mi aveva chiesto nostro padre prima che...
La porta si apre improvvisamente ed emerge il dottore quattrocchi, nom sembra sconvolto più di tanto quando mi trova con il suo libro dei segreti tra le mani.
<<Sapevo che l'avessi tu.>>
<<Allora perché me l'ha lasciato?>>
<<Volevo vedere quale fosse la tua scelta, ogni stanza é munita di telecamere e anche tu in ogni momento sei registrato. Sei un centro psichiatrico per minori. Visto che ora hai preso qualcosa da me, potresti aprirti un po' di più con me e dirmi almeno il tuo nome. Non mi piace chiamarti con un numero.>>
<<É ciò che hanno fatto negli ultimi 12 anni, io sono il numero 111. Però d'ora in poi dottore può chiamarmi Narciso se preferisce.>>
Il medico mi porge la mano in attesa che gli restituisca ciò che è suo, con una certa opposizione lo lascio.
<<Allora Narciso, come mai ha scelto questo nome?>>
<<Mi identifico con uno dei miei disturbi, le rendo il suo lavoro più semplice, non dovrà far ricorso a quello per ricordarsi di un elemento del suo lungo elenco. Allora dottore come definisce i casi come il mio? Quelli che vanno oltre il limite di ogni umana convenzione!>> ribatto arcigno per poi lasciarmi andare su uno dei divani posti di fronte alla sua poltrona.
<<Non c'è alcun modo che ti definisca, tu sei tu. Non un numero e ne tantomeno un disturbo.>>
Si raddrizza gli occhiali e tenta di destare in me una qualche reazione.
<<Non ha risposto alla mia domanda, una risposta per una risposta.>>
Incrocia le gambe e mi osserva con una certa austerità.
<<Non è necessario che io risponda, non funziona così la terapia!>> mi ribecca.
Sto toccando il tasto giusto, il dottore si sta innervosendo, proprio ciò che volevo, capire le sue debolezze per poi colpire.
<<Allora possiamo passare gli ultimi minuti che ci restano nel silenzio, credo che permetterà ad entrambi di riflettere, non crede dottore?>>
L'uomo assume l'aria spazientita ma tenta di mantenere la calma.
<<Oppure potrebbe dirmi che quella parola che tanto vorrei sentire!>>
Finalmente proferisce la parola che non mi turba più di tanto ma finisce per segnare il mio destino come il resto degli eventi della mia vita.
<<Irrecuperabile, non c'è altra parola da utilizzare.>>
D'altronde è la stessa che utilizzò lo psichiatra con cui venni a contatto per poter essere collocato in una famiglia, ma ero troppo spezzato per poter ricominciare e i miei fratelli per quanto abbiamo vissuto un frammento della mia vita, sono stati assoggettati allo stesso destino.
Più mi fisso e più nel riflesso si fa spazio il bambino gracile dal viso scarno, gli occhi azzurri ma spenti, privati di ogni emozioni.
Mi punta la pistola contro la nuca e la mantiene con le mani tremolanti.
<<Dovresti imparare ad impugnare un'arma prima di puntarmela contro ragazzo.>>
Ma lui sembra non volermi dare ascolto, mi volto alle mi spalle ma lui non c'è più.
Ritorno a fissare il mio riflesso, restando comodamente steso. Cambio posizione e poggio il bicchiere sulla mia fronte.
La mia mente torna indietro nel tempo a quando Ade ci insegnava a sopportare ogni genere di tortura, dal fuoco al ghiaccio, venivamo forgiati come gladiatori, un esercito di ombre di cui nessuno avrebbe mai conosciuto la vera identità. Noi eravamo solo un frammento di ciò che gli altri potevano vedere, i nostri crimini erano la dimostrazione della nostra esistenza ma non della nostra identità. Numeri destinati a distruggere, ognuno di noi aveva un numero identificativo che rappresentava il ruolo nella gerarchia. Io ero a capo della mia armata ma al
Di sopra di me c'erano i due demoni a comando, Ade e Persefone, il loro nome faceva tremare i contadini delle varie terre, erano temuti da tutte le tribù, e noi eravamo un frammento della loro realtà.
Soleil fa il suo ingresso nel soggiorno, ancheggiando nel suo vestito delicato, su dei tacchi troppo alti per la sua età.
<<Cos'hai?>>
Sul suo volto leggo una nota di preoccupazione, negli ultimi tempi sembra che i ruoli siano stati invertiti.
<<Cosa non ho, dovresti chiedermi sorellina.>>
Ci sono fin troppi problemi, e la rete si infittisce sempre di più.

Il LeviatanoWhere stories live. Discover now