Capitolo 17

1K 33 5
                                    

Ero alla disperata ricerca di amore, volevo essere amata, ma non capivo che dovevo prima imparare ad amare me stessa.

Daphne

Sospesa su una nuvola, lontana dalle sue parole, mi sarebbe piaciuto non averle mai ascoltate, invece resto davanti a lui con un espressione attonita.
Spegne la sigaretta tra due dita, mi osserva qualche secondo, prova ad avvicinarsi, ma indietreggio.
<<Non credo sia giusto che anche tu finisca per usarmi.>>
Gli volto le spalle e mi incammino verso la stanza.
Credo di poter uscire dall'inferno senza che il diavolo mi marchi? Sono solo una povera illusa, non mi lascerà mai andare con questa felicità.
Mi afferra dal retro della camicia, mi tira verso di se facendo cozzare la mia schiena contro il suo petto, mi chiude fra le sue braccia e poggia il mento sulla mia testa, percepisco il calore del suo corpo, le sue braccia mi si stringono attorno, simili alla morsa di un serpente.
E nella mia testa la me bambina sorride per qualche attimo, compiaciuta dal gesto che non riceveva da anni.
Sono diventata un mostro per mio padre e lui lo è diventato per me, entrambi coviamo un odio reciproco simile ad una fiamma inestinguibile.
<<Dovresti vivere una fiaba, bambina, eppure sei finita fra le braccia del cattivo.>>
Il suo cuore palpita contro la mia schiena
<<Le fiabe lasciale alle principesse, io non lo sono.>>
Eppure nel mio tono c'è un certo rammarico come se io stesse lentamente stessi prendendo consapevolezza di non avere più nulla da offrire, simile ad una bellissima scatola che lentamente si  svuota di ogni capacità donandola a qualcuno che la apre. Ed era quello che facevo, mi piaceva veder le persone sorridere, e quando erano tristi facevo di tutto per tirar su il morale ma non avveniva mai il contrario.
Io sono finita per donare tutto quello che avevo senza ricevere nulla in cambio.
<<Sei una ninfa e le ninfe ci sono solo nelle favole Daphne.>>
Mi lascia andare mentre cade nella sua oscurità, i suoi occhi diventano sempre più glaciali e capisco che lui sta mettendo distanza, e man mano si crea una distanza emotiva abissale.
Simile ad un mare tormentato che vive continuamente la tempesta dentro di sé, lui fa parte della schiera dei dannati, sta davanti alle file e osserva gli altri con un'aria superba ritenendo che nessuno possa capirlo.
Provo a tendergli la mano ma lui la osserva come se gli stessi puntando un'arma contro.
<<Non ho intenzione di farti di male.>>
Mi avvicino cautamente nella sua direzione, e il sé uomo diventa un bambino dall'aria spaventa, inorridito dal mondo e traumatizzato da chissà quali atroci sofferenze.
<<Io lo vedo, ti vedo...>> seguito andandogli incontro mentre lo sgomento e la paura si fanno spazio nei suoi occhi. Man mano indietreggia e finisce con la schiena contro il muro. Sento tutto il potere del momento, per una volta quella tra i due che è spaventata non sono io ma lo è lui.
Capisco il motivo per il quale mi respinge, forse ha troppa paura che mi avvicini abbastanza da poterlo ferire anch'io.
<<Non avvicinarti!>> ordina con tono autoritario e al contempo frappone una mano fra me e lui, vorrei solo che mi permettesse di potergli stare accanto e invece, non mi permette nemmeno di sfiorargli l'anima con un dito.
<<Non ho bisogno di te. Non ho bisogno del tuo aiuto!>>
Cammina nella stanza facendo avanti e dietro come un animale messo alle strette che non fa altro che ripetere lo stesso percorso alla ricerca di una via d'uscita.
C'è un abisso tra di noi che non so come superare.
<<Dovresti starmi alla larga...>> mormora alla fine fermandosi al centro della stanza. Dalle tende bianche dallo spesso tessuto trapelano i primi raggi dell'ancora fienile luce del sole, finalmente nell'oscurità piomba uno spiraglio di luce che sembra portarmi speranza.
<<Ognuno di noi é un raggio di luce che rompe l'oscurità nei momenti più bui di qualcun altro. Si diventa speranza senza saperlo, il caso a volte non è così malevole come si pensa.>>
Mi accarezza il capo e sorride.
<<Me lo dici sempre eppure poco dopo finisco per salvarmi. Potrei essere il tuo raggio di luce? O qualsiasi cosa ti serva per andare avanti. Tu come me sei bloccato nel tuo passato.>>
Nega con il capo e assume uno sguardo spaventoso fuori controllo che mi spaventa. E quando esordisce con un semplice sussurro in chi mi induce a scappare, provo a pensare a cosa sarebbe più giusto fare, se fuggissi lascerei che il suo lato più oscuro mi spaventasse ma se restassi che cosa potrebbe accadere?
Silenziosamente mi siedo sul pavimento di fronte alla finestra da cui man mano emerge il sole che sorge e attendo che i primi raggi di luce mi colpiscano, non lo provoco e provo a vedere cosa accade.
<<Sai di cosa sono capace ninfa...>> sussurra piegandosi sulle ginocchia e sussurrando contro il mio orecchio.
<<Sono convinta che tu sia capace di poter controllare quella parte di te...>>
Si accovaccia sulle gambe, e lo osservo qualche secondo allibita del fatto di essere riuscita a calmare. La sua figura possente copre completamente la mia, é come se fosse in preghiera.
<<Le tue convinzioni, sono l'opposto di quello di cui ne sono io convinto, ma d'altronde sei solo una bambina e ti piacerebbe poter salvare chiunque persino un mostro come me. Ma quando sarai più grande ed io sarò solo un lontano ricordo, guarderai al passato e capirai che non avresti mai potuto far qualcosa per me.>>
Mi fissa dietro negli occhi, cerca di convincere anche me, ma sono convinta che in lui ci sia una parte che freme per poter riprendere a vivere e smetterla di restare richiusa nel suo inferno ma Narciso é ostinato e non vuole che qualcun altro oltre se stesso possa avere ragione. Magari ha ragione e quella parte di sé, ormai rinchiusa da troppo tempo non riuscirà mai a vedere la luce. Abbasso lo sguardo con una nota di rassegnazione. La sua mano mi afferra il mento e mi induce a sollevare lo sguardo e incrociare i suoi occhi limpidi ma in cui viene racchiuso tutto il dolore della sua vita.
<<È il momento di tornare a casa ninfa, la tua sbronza é finita e sei nelle condizioni di poter riprendere la tua vita.>>
Seguita per poi alzarsi in piedi con un'aria assorta in chissà quale oscuro pensiero. Il capo chino e la schiena possente di cui ogni muscolo si muove sincrono agli altri. Assume tutta la bellezza di un'opera d'arte, il cui intenso significato resta chiuso fra la sua anima e la sua pelle tatuata.
<<Potrei restare un altro pò...>>
Sposta lo sguardo su di me, sorride dolcemente per qualche secondo ma poi riassume l'aria burbera ed esce dalla stanza.

Il LeviatanoWhere stories live. Discover now