CAPITOLO 9 - JULIA

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"Forse un giorno qualcuno ti legge sul serio, dalla copertina all'ultima pagina, e ti porta con sé come il dono più prezioso."
( F. P. Ettari. )  



Mi sento come una bambina al luna park. Sono così... serena. Sono davvero felice di aver accettato e, eccetto qualche momento di imbarazzo iniziale, mi trovo davvero bene. Liam sarà pure uno stronzo, ma ci sa fare. E' gentile. E' stranamente gentile. Ma per una volta non voglio chiedermi il perché. Non voglio starmene qui a chiedermi perché fa quello che fa. Voglio, per una volta, vivere il momento.
"Dopo avrai anche il tuo caffè." Aggiunge pensieroso, come se mi fosse dovuto, come se a me importasse qualcosa. Non bevo neanche caffè... ed è per questo motivo che non voglio pormi domande, perché poi dovrei chiedermi cosa ci faccio a prendere un caffè con qualcuno che non conosco e da cui dovrei stare alla larga se non bevo caffè e vorrei averlo vicino.
Non rispondo alla sua frase, neanche con un segno del capo, intendo. Preferisco godermi la ruota panoramica.

Ovviamente paga lui anche se avevo preso dalla borsetta le banconote per potermi pagare da sola, ma ha insistito e beh, è facile vincere contro qualcuno che non parla e non può facilmente controbattere.
"Cazzo" inizia a ripetere più volte "cazzo, cazzo" ripete ancora mentre si muove incerto. Tiro fuori il cellulare e gli scrivo un messaggio, giusto per accertarmi che sia tutto ok ma lui mi batte sul tempo e, come se leggesse nella mia mente, risponde alla mia domanda non ancora posta.

"No. Non va bene. In realtà soffro di vertigini" mi volto sconvolta. Letteralmente sconvolta. Allora perché ha accettato?
Faccio per alzarmi per scendere ma il tizio della struttura mi intima di sedermi immediatamente e proprio in quel momento iniziamo a muoverci. Il mio sguardo corre a Liam che mi pare completamente distrutto. Non posso crederci. Provo a mostrargli quanto mi dispiace averlo costretto a fare qualcosa di cui ha paura.

Liam continua a muoversi incerto ed io mi sento terribilmente in colpa. Gli accarezzo incerta il braccio, nonostante odi il contatto fisico. Ma provo a dargli un minimo di conforto.
Sono una stupida. Una grande stupida. Non ho mai idee e quando me ne viene una? Con Liam. Che stupida.

"Julia credo che..." Liam inizia ad affannarsi, quasi come se stesse per avere un mancamento. Cazzo!
Si accascia in avanti ed io provo a scuoterlo più volte. Cazzo. Cazzo. Cazzo!
Vorrei urlare. Vorrei averne il coraggio. Vorrei urlare di non aver paura, che non è di questo che deve spaventarsi e che gli sono accanto. Ma non ne ho la forza. Lo guardo con le lacrime che minacciano di uscire, minacciando me stessa di urlare ma niente... La voce continua a morirmi in gola.
"Buuuuh" urla improvvisamente, facendomi morire dalla paura. Inizia a ridere sommessamente. Era tutta una messa in scena. Che gran stronzo.
Mi porto una mano al petto per lo spavento scampato. Mi ricompongo velocemente, provo a non mostrare che ero quasi sul punto di piangere, più per il fatto che la bocca non facesse quello che le dicevo di fare, in realtà.
Vorrei letteralmente picchiarlo e il mio sguardo, infatti, rivela esattamente questo e Liam, come sempre, riesce a capirmi senza che mi spieghi.

"Dai riccioli d'oro, è così monotono qui sopra. Volevo divertirti un po'." Mi limito ad una linguaccia perché mi ha terrorizzato e non divertito.
Mi volto verso il panorama favoloso. Adoro la polonia e adoro la California, ma qui è tutto meraviglioso. Tutto... nuovo. Nuovo e finalmente sento di poter ritornare a respirare.
"Riccioli d'oro..." mi impongo un piccolo broncio "Perdonami, non volevo spaventarti. Scusami" scoppio a ridere perché è carino che si preoccupi del fatto che io mi sia preoccupata.
Annuisco come per dire "Va bene, stai tranquillo" e lui tira un sospiro di sollievo, come se sapesse di aver appena scampato una bella ramanzina.

Una volta in cima tiro fuori il cellulare per catturare il momento. Un momento magico, con il tramonto in lontananza, l'acqua che riflette la bellezza di Seattle ed io qui su, ad ammirarla.
Non posso crederci. Non posso credere di vivere qui a Seattle da sola, frequentare il college e avere un compagno di corso che mi porta fin qui.
"Scattiamoci una foto" chiede, non appena finisco di scattare le mie. Afferra il mio cellulare, senza chiedermi se può, e inizia a scattare foto. A se stesso, però. Lo guardo malissimo per poi riprenderlo dopo qualche scatto, nonostante lui faccia resistenza.
Non contento, prende il suo cellulare e si avvicina, non troppo, ma si avvicina. Sono felice che non provi ad approfittarsene della situazione. "Stavolta insieme" sussurra.
Nella prima ci limitiamo a qualche sorriso, forse entrambi imbarazzati. Ma poi, a causa di un piccione che sembra venire esattamente verso la ruota panoramica, anche se poi devia del tutto, mi esce una smorfia a metà tra il disgustata e il terrorizzata. Liam scoppia a ridere e, lo ammetto, anche io. Perché la foto è davvero bizzarra. Io con la bocca aperta, ma sul lato destro, come se stessi quasi per dargli un morso. "Sembri uno di quei meme..." cerca di trattenere un sorriso ma dopo poco continua a ridere. Io fingo che non mi importi, e continuo con un'altra smorfia. Questo sembra dare il via a una serie di faccine strambe e divertenti con Seattle come sfondo perfetto.
Con Seattle a coronare il tutto.
"Grazie" gli mimo con le labbra.

Sorride. "Di cosa, riccioli d'oro?" non rispondo, perché sarebbe troppo complicato spiegargli che per la prima volta, dopo tanto tempo, mi sento libera con qualcuno diverso dalla mia famiglia. Per la prima volta mi sento tranquilla, senza dover temere nulla. Lo ringrazio per la delicatezza, la pazienza e l'attenzione a non far sì che io mi senta giudicata.
Scendiamo dalla ruota panoramica che ormai è quasi buio ed io muoio di fame. Presumo anche lui perché inizia a borbottare qualcosa riguardo agli hot dog che non potrebbero mai saziarlo.

"Che ne dici di una pizza?" osservo il luogo, le famiglie che ritornano a casa, le coppie che si avvicinano alla ruota panoramica e rifletto. La mia risposta di solito sarebbe stata un "no" secco, categorico. Ma stavolta voglio provare. Stavolta... voglio mettere da parte la paura. Questa volta mi va di stare in compagnia e lo farò.
Annuisco entusiasta anche se qui intorno non vedo pizzerie.
Tiro fuori il cellulare per dar sfogo ai miei pensieri che minacciano di uscire.
Attende attentamente osservandomi incuriosito.

"Non vedo pizzerie. Forse un gelato?" lui sorride, come se fosse ovvia la cosa.

"Sì, lo so. Pensavo di allontanarci ma se vuoi restare qui, c'è un'osteria ottima. O preferisci il gelato?" rifletto bene a cosa scegliere puntandomi il dito al mento e questo fa ridacchiare Liam che, dopo poco, riprende "Se ti piace così tanto qui andiamo a prenderci una pizza e ce la mangiamo dove vuoi, Ok?" non mi da il tempo di rispondere che si avvia verso l'auto "Perfetto. Andiamo" urla entusiasta.
Perché chiedere se poi è lui a scegliere?
In realtà l'idea è ottima, quindi non ho nulla da controbattere, per ora.


La pizza era ottima ed entrambi abbiamo apprezzato, io mangiandone una per intero e Liam mangiandone due... esatto. Due. E' possibile, credetemi. La cosa più assurda è che mangiando la seconda, iniziava già a lamentarsi di aver ancora fame. Ed è per questo che ora insiste nel volere il gelato.
Parlare con lui è entusiasmante. Non ho bisogno sempre dei fogli o del cellulare, riesce, non so come, a comprendermi anche solo con lo sguardo. Riesce ad anticipare le mie risposte, le mie idee.
Mi ha parlato della sua esperienza al college, della sua squadra e delle sue ambizioni.
Io ho raccontato di quanto sono attaccata alla mia Polonia e quanto ami la mia famiglia. Della mia voglia di essere, un giorno, un'ottima dottoressa.
Poi siamo passati al discorso cibo e a cosa preferiamo e alla fine ho capito che con Liam questo discorso non va, perché lui preferisce tutto.

"Riccioli d'oro, quanto dovrò ancora pregarti? Io cono, tu coppetta. Andiamo." Si alza stiracchiandosi mentre io porto le mani alla pancia assumendo un'espressione dolorante. Questo, ovviamente, lo fa scoppiare dalle risate. Ed io gongolo a saper essere così divertente anche in silenzio.
"Ti porto in un bel posto" dice piano, serio ma al tempo stesso dolce. Sembra quasi una promessa e una volta che i suoi occhi sono nei miei, resto ipnotizzata. Sono indescrivibili, sembrano... sembrano... sembrano così veri che sono quasi pronta a credergli, che sono quasi pronta a fidarmi, che sono quasi pronta.... Ma non è niente. E' solo un'uscita tra amici, per conoscersi.
Annuisco alla sua proposta e scaccio via le idee che non dovrebbero stare nella mia testa.

Io ho scelto fragola e cioccolato, una cono piccolo, giusto per accontentarlo. Mentre Liam... cono grande con cioccolato, panna, caffè, e non so quanti zuccherini.

"La smetti di guardarmi con questa faccia disgustata?" mentre lo dice ridacchia, ma io continuo ad assumere la stessa espressione. E' così buffo con metà del gelato che cola, l'altra metà sul viso e parte dei zuccherini che casca qua e là.
Raggiungiamo Waterfront Park passeggiando in silenzio, con qualche battutina di Liam e qualche occhiataccia o mia espressione, il punto è che non lo trovo imbarazzante o fastidioso. Riusciamo a conversare anche così. Riusciamo a divertirci anche così. Riesce a capirmi anche così. E questo è così sbagliato... io dovrei avere ancora paura. Dovrei aver paura anche di lui.
Non devo abituarmi all'idea che è così bravo a starmi accanto. Devo solo...

"Mi è sempre piaciuto pensare che esiste un altro universo" ci sediamo sulla stessa panchina di oggi, con la sola differenza che adesso siamo quasi soli, il cielo è buio e pieno di stelle e Dio... sotto la luce della luna i suoi occhi brillano ancora di più. E vorrei saper guardare altrove, ma non riesco a fare a meno di immergermi nel blu dei suoi occhi.
Mi guarda attentamente, cerca una mia risposta, ma io voglio solo sentirlo parlare. Maledizione.

"Insomma, guarda il cielo... non ti sembra immenso? Non ti sembra assurdo che quella piccola palla, vista da vicino non è più poi così piccola?" Indica la luna e mi fa sorridere l'espressione "palla" ma lo lascio continuare.
"Siamo solamente una millesima parte dell'universo. Sono certo che da qualche parte, altrove, ci saranno altri due ragazzi, seduti a fissare le stelle e a chiacchierare di noi. Non si chiameranno necessariamente Julia e Liam... ma parleranno di noi e del fatto che esisterà qualcun altro esattamente come loro." Scoprirlo così profondo mi fa sorridere, mi rende fiera di lui anche se non c'è nulla di cui essere fiera, soprattutto perché non è mio. Non mi appartiene, non siamo neanche amici. Dio... cosa sto combinando.

Sento di dovergli una risposta, così tiro fuori il mio blocchetto e su di una pagina pulita, scrivo:
"Quindi in un altro mondo, nell'universo, ci sono due squilibrati che hanno appena divorato un gelato dopo una pizza (per te due) enorme?" ovviamente legge nel momento stesso in cui scrivo e anche questo, come tutto il resto, mi fa sorridere.
La sua risata mi entra nelle ossa.

"Sì, in un altro universo ci saranno due squilibrati seduti esattamente così. Ad immaginare magari come potrebbero essere quegli altri squilibrato dall'altra parte dell'universo."

Sentire il suo fiato così vicino mi destabilizza. Mi manda in pappa il cervello e non dovrebbe essere così. Mantieni la calma, Julia.
Vorrei provare a scrivere, ma il suo viso è praticamente ad un centimetro dal mio. Pur tenendosi a debita distanza, è comunque così vicino...

"E tu come li immagini?" chiede, con la voce rauca e suadente.

Mi costringo a rispondere.

"Lei è bellissima. Con i suoi occhi profondi e neri, i capelli al vento. Parla così tanto e ride così tanto... E' così felice di vivere.
Lui invece è un panzone. Un panzone con gli occhi che brillano." Sentirlo ridacchiare a qualche centimetro da me mi fa sentire così viva. Così... normale. Come se scrivere, per comunicare, quando potrei perfettamente usare le parole, fosse una cosa normale.

"Non sono un panzone."

"Ed io non ho gli occhi neri. Hai detto che non devono essere necessariamente Julia e Liam, quindi: lei occhi neri, lui panzone." Evito di dirgli che parlavo dei suoi occhi e di come brillano alla luce del sole, al buio, e sotto il cielo stellato di Seattle.
Che quegli occhi neri sono solo il colore del mio cuore e che a sentirmi viva, adesso, sono io.

Liam continua a ridacchiare divertito ma dubbioso, per poi concentrare il suo sguardo su di me. Fingo di non notarlo, di non sentirmi bruciare la pelle e continuo a fissare il blocchetto con la penna.

"Sicuramente lui parlerà di quanto lei sia bella e dei suoi occhi così neri." Tende a sottolineare "neri" e questo mi fa sorridere "Parlerà del fatto che i suoi occhi riescono in realtà a parlare da soli, che lei potrebbe perfettamente restare in silenzio, perché loro farebbero tutto il lavoro." Alzo immediatamente lo sguardo e quelle iridi blu sono immediatamente nelle mie, si insinuano tra i miei pensieri ed io sono così debole che le faccio fare. Mi lascio scompigliare le idee, i propositi, le promesse.
Sorrido, perché non saprei rispondere altro. Sorrido perché se scrivessi ciò che penso gli chiederei cos altro le direbbe, perché è esattamente ciò che vorrei sentirmi dire.

"Hai freddo?" indica le mie braccia raccolte attorno al corpo. In realtà si, ho freddo, ma il vero motivo è che solo così riesco a sentirmi protetta, di notte, da sola, con chiunque.

Si allontana di qualche centimetro e la mia pelle ne sente già la mancanza. Avverte l'assenza del suo respiro e il suo sguardo è una risposta alla mia domanda non detta.
Si sfila la giacca di jeans e si avvicina per cedermela. Gli faccio segno di no, perché non deve per forza, ma lui insiste e, con cautela, me la posiziona sulle spalle.
Il leggero contatto con la sua pelle mi fa rabbrividire e non so se è per la paura, per i ricordi, per il fatto che altra carne tocca la mia carne, o per il semplice fatto che è proprio la pelle di Liam a sfiorarmi. E anche se in passato, anche se fino a qualche ora fa avrei visto tutto questo come assolutamente sbagliato... non potrei desiderare di meglio. Mi regala sensazioni nuove ma, soprattutto, mi toglie la paura che mi divora dentro. Che si accanisce nel mio cuore e nella mia testa e che mi impedisce di vivere a pieno, mi impedisce di non ricordare, mi impedisce di andare avanti.

Annuso, senza farmi scoprire, l'odore che emana la sua giacca. E' esattamente il suo odore, la sua essenza e maledizione non voglio più lavarmi le spalle.

Lo guardo, sorridendo a quegli occhi stupendo.
"Sei una bella scoperta, riccioli d'oro" sussurra a qualche centimetro dal mio viso. Il suo fiato mi solletica il volto e mi fa desiderare di volerlo assaporare più da vicino, di immergermi in quell'alone di Liam e basta.

"Anche tu" mimo con le labbra, perché non riuscirei a scrivere anche questo. Vorrei poter gettare questo blocchetto, la penna ed urlare che ce l'ho fatta, che ho superato la paura. Ho superato la paura ed ho vinto. Ma resto qui ferma, ad assaporare un momento che non si ripeterà perché Liam non è questo.
Liam è solo un grande stronzo a cui oggi gli girano bene. Sono stata fortunata, tutto qui. Sarà bello lavorare con lui, ma non sarà di certo lui il mio obiettivo.
Ho smesso di pormi obiettivi sulle persone, perché non saprai mai cosa ti aspetta davvero.
Ed io non ho più voglia di aspettarmi qualcosa, non ho più voglia di avere sorprese, non ho più voglia di giocare a nascondermi dalla paura.
Non voglio più nascondermi.    

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Ciao a tutti, spero che la storia vi stia intrigando e piacendo.
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Cercherò di aggiornare quasi ogni giorno anche il profilo, con frasi inedite e quant'altro.

A presto :)

IF YOU WANT ME, COME GET ME.Where stories live. Discover now