CAPITOLO 23 - JULIA

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"Ci sono momenti in cui vorremmo aiutare chi amiamo, tuttavia non possiamo fare nulla: le circostanze non ci permettono di avvicinarci, oppure la persona si dimostra refrattaria a qualsiasi gesto di solidarietà e di sostegno."
( Paulo Coelho )  



Quando ho capito che non avrei più parlato l'ho accettato. Per me non è mai stato un vero e proprio problema. Ho imparato a conviverci in fretta, di meno chi mi viveva attorno.
Non badavo al fatto che la mia famiglia ne potesse soffrire e desiderasse che io tornassi a parlare. Io avevo imparato a conviverci. Per me andare al bar ed indicare cosa volevo non era un problema. Non rispondere agli insulti dei meno intelligenti, nemmeno.
Quando ho capito che non avrei più parlato l'ho accettato, ho ritenuto che fosse giusto. Fino a quando ho incontrato Liam e scrivergli cosa provo, indicare per far capire a chi o cosa mi riferisco, scrivergli "ti amo" su un misero foglietto, non mi è più bastato.
Fino a quando non ho spezzato il cuore dell'unica persona che potrò mai amare, l'unica che amerò.
Quando ho capito che non avrei più parlato l'ho accettato, e voluto. Credevo che restare in silenzio mi avrebbe aiutato a superare il tutto, credevo che forse non sarebbe stato del tutto negativo. E' per questo che resto muta per quasi un anno.
Resto muta quando Liam sei giorni fa mi chiede di andar via, resto muta quando, il mercoledì a lezione, non siede più accanto a me. Resto muta quando alla mia vista cambia strada. O quando, a mensa, saluta Leila ignorando completamente me.
Resto muta quando lo vedo con l'espressione affranta, quando lo vedo sul punto di cedere, quando lo vedo quasi crollare.
Resto muta quando, da giovedì, non lo vedo più a lezione o in giro per il campus. Io, resto in silenzio.

Non so cosa mi sia preso, credo che la paura di essere abbandonata abbia preso il sopravvento. Ho agito d'impulso, senza pensare alle conseguenze. Volevo solo... non volevo soffrire. E se proprio mi toccava farlo, stavolta non sarei stata l'unica. E' stata questa l'unica cosa che sono riuscita a pensare.
Non volevo essere ancora l'unica a soffrire, non volevo che a pagarla fossi ancora io. Per una volta... volevo essere in grado di reagire. Solo che ho scelto il modo sbagliato, con la persona sbagliata. Quella che proprio non lo meritava.

In realtà con Mike è successo ben poco. Ho semplicemente riso di più alle sue battute e lasciato che si avvicinasse un po' di più. L'abbraccio c'è stato per il semplice motivo che credevo di aver appena visto il mio ragazzo tradirmi. Oltre quell'abbraccio non c'è stato nient altro e nel momento in cui Liam ha varcato quella porta, ho capito l'enorme casino che avevo combinato.
Ha provato a baciarmi quando è andato via circa quaranta minuti dopo, ma l'ho respinto e lui ha perfettamente capito il motivo. Mi sono poi trovata a spiegarli tutto, poiché anche lui aveva bisogno di una spiegazione.
E' un po' imbarazzante ma riusciamo a lavorare bene, anche perché se voglio prendere un'altra A deve essere per forza così.

Cammino per le strade di Seattle sperando di poterlo incontrare quando so esattamente dov'è stasera, e dov'è è dove io non voglio essere. Quel locale ha portato solo guai, come io ne ho portati a Liam. E giuro che vorrei essere abbastanza brava da poter parlare ancora, ma non ci riesco. Non ancora.

Sospiro perché il solo ricordo di ciò che ho fatto mi opprime. L'idea di aver ferito Liam mi procura una serie di fitte al cuore e sapere che io gliene ho inflitte il doppio, è anche peggio.
Non so cosa fare per migliorare le cose perché questo è tutto quello che posso dargli, al momento. Ma so che non posso perderlo. So di amarlo e so che devo riconquistarlo, fosse l'ultima cosa che faccio.

Mi fermo al secondo semaforo, come d'accordo, e spero di non congelare nell'attesa.
"Julia" la voce calda e suadente di Isabel mi risveglia dal mio intorpidimento mentale.
Le sorrido, perché prendere il blocchetto per dirle ciao non mi va assolutamente.
Ovviamente, come sempre, è impeccabile. E' il tipo di ragazza che piace sempre. Non può essere una bellezza soggettiva, Isabel è bella sempre e questa cosa è snervante. Non che mi lamenti, ma è davvero stupenda.
"So di averti dato poco preavviso ma avevo bisogno di parlarti, che ne dici di un caffè?" la mia espressione incerta sembra darle le risposte di cui necessita. "Ok, niente caffè. Forse ti ho agitata troppo con "E' urgente", in effetti." Scoppia a ridere e io l'assecondo, ma ho davvero bisogno di sapere cos'ha da raccontarmi.
D'un tratto il sorriso che ha sul viso scompare e questo non presagisce niente di buono.

"Liam sta male e probabilmente starà peggio quando saprà che ti ho detto tutto, ma credo che in questo momento abbia bisogno della persona che ama accanto." Sospira mentre il mio cuore accelera come non mai, mentre l'ansia mi divora. "Il padre di Liam è stato condannato a trent'anni di galera. Non sono qui per raccontarti tutto ma sono qui a chiederti aiuto. Lui ha preferito non dirti nulla quando beh... quando stavate ancora insieme. Ma la condanna è stata decisa giovedì ed è da giovedì che si è chiuso in se stesso." Gli occhi le diventano lucidi e parlare le risulta difficile, ma prende un grande respiro e poi ricomincia. "Non mi importa di cosa è successo tra voi due perché so con certezza che di Mike non te ne frega un cazzo e so che Liam ti ama, e so che tu ami Liam e solo tu, adesso, puoi dargli il conforto che gli serve. O almeno provaci... non lo so. Ma sentivo di dovertelo dire, così se non farai nulla è per tua scelta e non perché non sei a conoscenza dei fatti." Guarda l'orologio mentre io continuo ad essere pietrificata "Ora devo scappare. In effetti il caffè non era un'ottima idea, però quando vuoi possiamo prenderne uno. Non mi farebbe male una compagnia femminile." Sorride alla sua stessa battuta. "Rifletti su ciò che ti ho detto. Ciao tesoro" mi bacia la guancia e si volatilizza.
Ora capisco perché Liam l'adori tanto. E' buona, vera, sincera, e farebbe di tutto per chi vuole bene. Compresa me, nonostante non l'abbia trattata sempre benissimo.

Non riesco a credere che Liam stia vivendo tutto questo da solo. Con Isabel, ma da solo. Perché l'ho abbandonato nel momento in cui più ne aveva bisogno. L'ho abbandonato quando tutto attorno a lui stava cadendo senza rendermene neanche conto e questo non me lo perdonerò mai.
Cerco di dirigermi veloce alla sua confraternita perché è chiaro che non lo troverò in nessun locale.

Sto provando a correre quando l'unica cosa che dovrei provare a fare è parlare. Ma non ci riesco. So già cosa si aspetta e so già che avrà presto una delusione.
Non tornerò a parlare così facilmente, non tornerò a parlare solo perché lui sta male. Ho bisogno del mio tempo, ho bisogno di... non lo so. Ho bisogno di tempo. Ho bisogno di metabolizzare. Ne ho bisogno.
E' quello che mi ripeto una volta varcata la soglia della sua confraternita. "Ho bisogno di tempo, capirà."

Busso piano alla porta e attendo qualche secondo. E qualche secondo ancora. Fino a quando capisco che forse non devo attendere, semplicemente non vuole farmi entrare.
Vorrei poter urlare "aprimi" ma non ci provo neanche, perché so che il tentativo sarebbe vano e la delusione tanta.
Tentenno qualche secondo e poi provo a bussare ancora alla porta, stavolta un po' più forte, una forza che non mi appartiene ma che devo avere se voglio affrontare oggi Liam.
Una forza he non mi appartiene, ma che devo aver per far sì che mi senta decisa, almeno una volta.

"Cosa ci fai qui fuori?" La voce di Liam mi fa sobbalzare. Mi volto e a darmi il benvenuto c'è Liam avvolto da una tuta a vita bassa, con una felpa nera e i capelli scompigliati.
Ok, Julia, respira. Non sei qui per questo.
Lo fisso per qualche secondo, ma lui non sembra neanche accorgersene. Entra nella sua stanza con una birra tra le mani ed io lo seguo, pur non essendo stata invitata ad entrare.
Avrei dovuto scrivere qualcosa prima di venire qui, piuttosto che farlo aspettare ora. Ma non c'è da preoccuparsi, perché non appena apro la borsa, Liam prende iniziativa.

"Fammi indovinare, sei qui per delle scuse!" esclama sarcastico. "Dato che non sono venuto io da te hai pensato bene di venire tu stessa a prenderti le tue scuse. Se Maometto non va dalla montagna, la montagna va da Maometto, giusto?" ridacchia da solo della sua stessa battuta, pessima, tra l'altro.
Faccio del mio meglio per restare calma e ignoro totalmente lo sguardo derisorio che assume in questo momento.
Afferro il mio blocchetto e inizio a scrivere sotto il suo sguardo accusatorio.

Lo afferra poco dopo quasi come se fosse merda e, ancora una volta, provo a mantenere la calma.
Non mi lascio scappare lo sguardo disgustato misto al divertimento quando legge ciò che gli ho scritto.
Ridacchia mentre me lo porge nuovamente.

"Così vuoi scusarti..." ride "Bene. Fallo pure. Qualcos'altro?"

IF YOU WANT ME, COME GET ME.Where stories live. Discover now