CAPITOLO 27 - LIAM

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"Non mi ferivano con le parole, bensì con il silenzio, perché per una persona è molto più doloroso sentirsi indegna persino di una parola, di una domanda, di una spiegazione."
( Madga Szabò )


Oggi torno al college. Il preside mi aveva concesso qualche giorno a casa per riprendermi, io li ho usati per farmi un viaggio ad Aspen, da solo. Non avevo e non ho bisogno della mia famiglia, o dei miei amici, o di Julia. Ho solo bisogno di me stesso.

Aver sentito parlare Julia mi ha messo in confusione. Ha combattuto le sue parole per me, ma ormai era troppo tardi. Le ho pregato di urlarmi in faccia quando l'accusavo di non amarmi, non l'ha fatto. Ha preferito il silenzio a me. Adesso preferisco me stesso a chiunque altro.
Non ci sono più per nessuno.
Ho ritrovato parte di me in questo viaggio. Ho ritrovato il menefreghismo che mi ha sempre contraddistinto. Ho ritrovato il nulla che deve esserci nel mio cuore.
Ho ritrovato l'insensibilità che mi ha accompagnato per anni.
Ho ritrovato me stesso. Una persona che non ha bisogno di nessuno, se non di se stesso. E sarò maledetto se ritornerò a fidarmi ancora di qualcuno, se concederò ancora parte di me ad altri.
Non ci sono più per nessuno.
Per nessuno tranne che per una persona. La sola di cui mi importa.

"Se non lo bevi in due minuti lo bevo io." Isabel indica con il capo il mio caffè macchiato. Siamo qui da venti minuti, precisamente da quando sono arrivato, e non ho ancora avvicinato la tazza alle labbra. Questo perché ho ancora lo stomaco sottosopra per tutto l'alcol ingurgitato in una settimana.

Le sue chiamate in questi giorni sono state insistenti, ma non mi è dispiaciuto parlarle e sentirla fare il resoconto della sua giornata ogni sera.
Le telefonate di Julia sono state meno insistenti.
Ha telefonato il lunedì sera, dopo il funerale, ma io ero impegnato a preparare i bagagli. Ha telefonato anche il martedì mattina, dopo la lezione di chimica, ma io ero sul mio volo per Aspen.
Giovedì sera mi ha scritto un messaggio, ma ero impegnato a bere con una svedese, l'ho cancellato la mattina seguente dopo aver passato ore a chiedermi cosa fare. Un bicchiere, anzi due, di whisky mi ha subito chiarito le idee.
Sabato sera ha lasciato un messaggio in segreteria, ma io ero impegnato a cucinare per la prima volta una pizza e non era il caso ascoltarlo. Non l'ho ancora cancellato, ma so che non lo ascolterò mai.

"Ok, lo bevo io." Isabel afferra il mio bicchiere e lo porta alle labbra dipinte di rosso.
Una settimana lontano da Isabel è stata a tratti davvero triste, ma poi ricordavo che l'avrei rivista non appena tornato a Seattle e il sentirla ogni giorno mi ha aiutato parecchio.
E' l'unica persona di cui mi importi davvero.

"Perché mi guardi così?" Isabel si sistema i capelli e si guarda intorno, crede che ci sia qualcosa che non vada quando in realtà non c'è nulla, in lei, che non vada.
Vorrei essermi innamorato di Isabel.

"Ti voglio bene, tutto qui." Le dico in un sussurro, perché ammetterlo mi imbarazza. A lei, invece, no. Sorride smagliante ed entusiasta della mia confessione.
MA i suoi occhi diventano seri quando sono puntati verso qualcuno alle mie spalle.

"Anche io e..." tossicchia "Spero me ne vorrai anche dopo questo." Mi volto e i miei occhi incontrano gli occhi più blu del mondo.

"ISABEL!" sentenzio a voce bassa, lei, in tutta risposta, fa spallucce e si dilegua verso l'uscita con il mio caffè macchiato. Assurdo.
No. Non ci sto a questo gioco. Sbuffo mentre lascio i soldi per i nostri (suoi) caffè, più la mancia, e mi dirigo verso l'uscita.

Julia non dice nulla, probabilmente sarà ritornata nel suo mutismo selettivo e va bene così. Se questo la rende felice, ne sono felice. Ma deve uscire dalla mia vita. Tutti, tutti devono uscire dalla mia vita.

Sono diretto alla mia range rover, ma alle mie spalle non sento i passi di qualcun altro. Sono tentato di voltarmi e controllare se ha almeno la decenza di seguirmi e dire una mezza parola, ma in questo modo le darei più importanza di quanto attualmente ha nella mia vita.
Niente è più importante.
Nessuno.
Non mi importa più di lei.
Non mi importa più.
Non mi importa.

"Liam" La sua voce mi penetra e arriva fino al cuore, un tempo fatto solo di lei. Una voce troppo fine e dolce, a cui non sono abituato. Non avrei mai pensato che potesse avere una voce simile.
Vorrei non voltarmi, vorrei farle pagare tutto il male che mi ha fatto ma girarmi e guardarla negli occhi non mi costa nulla.

"Julia." I suoi occhi sono esattamente come li ricordavo. La stessa intensità di blu che era impressa nei miei ricordi. I capelli meno ricci del solito, le labbra rosse per il freddo e lo sguardo più triste che mai avrei voluto vedere sul suo volto.
L'hai voluto tu, Julia.

"Come stai? Com'è andato il viaggio?" avverto l'accento un po' diverso, ma soprattutto avverto la meccanicità delle parole. Sarà difficile tornare a parlare dopo quasi un anno di silenzio, dopo quasi un anno in cui la tua bocca non ha pronunciato una sola parola.
Ma a me non importa più.
I suoi occhi chiedono pietà, chiedono di darle qualche secondo in più... ma nessuno merita i miei secondi.

"Tutto ok. Ci si vede" mi volto ma Julia è più veloce nei movimenti che con le parole. Mi afferra la mano sinistra e con gentilezza invoglia a voltarmi.
Le concedo solo due minuti del mio tempo e non perché la ami, ma perché ho pietà stamattina.
Noto solo ora che ha tolto gli orecchini oro che solitamente indossa, e noto solo ora che ha delle occhiaie che anche se pessime, sembrano carine su di lei.

IF YOU WANT ME, COME GET ME.Where stories live. Discover now