Lezioni di storia della politica estera

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Or si fa innanzi Alberto di Giussano.
Di ben tutta la spalla egli soverchia
gli accolti in piedi al console d'intorno, [...]
da Giosué Carducci, "Il parlamento"

La voce del Governatore, che intervenne per la prima volta in questa discussione, fece riscuotere parzialmente il conte Attilio dallo stato di ebbrezza in cui era caduto. "Il Conte Duca si è rivelato per quello che era, un emerito incapace!"
Nessuno ebbe obiezioni al riguardo, ma don Rodrigo osservò: "D'altra parte, ora che Riciliù è morto, la Francia non rappresenta più la minaccia che era un tempo. Inoltre, il re non gode di ottima salute, e, se morisse, non avrebbe eredi." Il Governatore scosse la testa, e rispose: "In verità, quel nuovo ministro, il cardinale Giulio Mazzarino, sembra essere agguerrito quanto il precedente. Quanto al re, sappi che ha un figlio di quasi cinque anni, e che finché questo non sarà abbastanza grande per governare, sua madre, Anna d'Austria, diverrà reggente, e non è una donna da sottovalutare."
"Che vergogna!" esclamò il conte Attilio "un'austriaca che si schiera contro il glorioso re Filippo d'Asburgo e due cardinali che lottano a fianco degli infedeli Olandesi. Dove andremo a finire? Lei cosa ne pensa, signor sacerdote?"
"Io sono certo che il Signore avrà l'accortezza di punire i malvagi e permettere alla Spagna, paladina della Chiesa, di trionfare in questo lungo conflitto. Adiutorium nostrum in nòmine Dòmini! (1) sentenziò placidamente don Francesco.
"Amen." fu la risposta dei presenti.
"Comunque, la faccenda è complicata" continuò il Governatore, cupo "ora il nostro esercito è sotto la guida del duca di Enghien, un abile generale. Io confido che riusciremo a scamparla, ma l'esercito francese è forte, e sembra intenzionato a cercare battaglia. In Senato discutiamo ogni giorno di questo, e temiamo di ricevere da un momento all'altro la notizia di una sconfitta. Ma non possiamo fare altro che aspettare."
"Ascoltate!" proruppe il conte Attilio, che non sembrava intenzionato a rassegnarsi "Non so voi, ma io non sono scampato alla peste per vedere il nostro mondo crollare! Io credo che ci vorrebbe una figura come quelle di un tempo, come un Giulio Cesare o un Pericle o, ascoltatemi bene, un Alcibiade!
Questa volta fu il podestà ad animarsi: "Cosa? Questa è davvero grossa! Un lurido traditore della peggior specie, una canaglia che sarebbe dovuta essere ostracizzata e marcire in galera, secondo voi sarebbe la persona adatta in questo momento per la Spagna? Si schiererebbe con la Francia non appena la situazione fosse a nostro sfavore, e noi rimarremmo un un palmo di naso!"
"Ci risiamo! Com'è possibile che voi due vi mettiate a discutere in ogni singola occasione in cui vi incontrate? Comincio a credere che vi prepariate i temi di cui trattare e le argomentazioni da utilizzare in anticipo per mettere su ogni volta queste scenette!" Sospirò don Rodrigo sorridendo. Anche Lucia sorrise. Si divertiva sempre ad assistere a tali "scenette": il linguaggio altisonante ed il registro canzonatorio e allo stesso tempo formale che utilizzavano i contendenti avevano alle sue orecchie un che di buffo.
"Fate silenzio, cugino. Questo è un argomento serio. E voi, signor podestà, prima di aprire la bocca ascoltatemi, e rispondete al mio lucido razionalismo. Alcibiade, con le sue alleanze improvvisate (chi sa poi fino a che punto!) e i suoi tradimenti, è riuscito a tessere un gioco politico così raffinato, così spettacolare, da suscitare lo spavento nei suoi oppositori. Era troppo astuto, troppo carismatico per essere lasciato libero di agire indisturbato, e così i suoi nemici corruppero il suo timoniere, che gli disobbedì portando alla sconfitta degli Ateniesi contro gli Spartani nella battaglia di Nozio. È stato solo a causa di questa strenua opposizione, che fu costretto a cambiare schieramento più volte."
"Ma ascoltatemi, signor conte. È evidente che il concetto di democrazia proposto da Alcibiade, basato sul suffragio universale, era inapplicabile nella società greca, semplicemente perché la cassa di stato ateniese non poteva supplire al costo di così tanti gettoni di presenza. Io credo sia stato un bene che gli oligarchici presero il potere: in questo modo Atene poté continuare a sopravvivere a lungo."
"Non posso negare che il governo dei trenta tiranni istituito da Sparta su Atene fu una soverchieria ammirevole, ma riuscire a controllare una città alla stregua di un tiranno con la democrazia, una forma di governo che mette il popolo in primo piano, come avrebbe fatto Alcibiade, sarebbe stato un atto da campioni, e un Soverchiatore non può fare a meno di riconoscerlo. Suvvia, cari colleghi di libertinaggio! La Soverchieria non è forse la base su cui si fonda la nostra società? Non è forse un patrimonio da preservare?"
Ci furono a questo punto alcuni secondi di silenzio. Alla fine fu Lucia a romperlo: "Signor Conte, con tutto il rispetto possibile, io credo che la sua passione per la Soverchieria sia...come dire?... un po'eccessiva, e le impedisca di pensare alle cose...più importanti, ecco. Mi perdoni se faccio fatica ad esprimermi".
Il conte Attilio sembrò assorto nei suoi pensieri, ma alla fine decise di troncare la questione, perché l'atmosfera stava assumendo un certo tono di imbarazzo. "Lei mi deve scusare, signora, se esagero. Si è espressa benissimo, e capisco la sua osservazione. In ogni caso, non posso dire di condividerla. Parlando d'altro, mi piacerebbe rivedere i suoi figlioli. Non li vedo da quando erano dei teneri fanciulli, e adesso saranno dei robusti giovanotti. Perché non li avete portati qui?"
"Non volevamo che disturbassero, cugino. Dopotutto sono ancora ragazzini." Rispose don Rodrigo per conto di sua moglie.
"Non importa! La prossima volta che ci vedremo, gradirei che non negaste ad un povero zio la possibilità di fare una chiacchierata con i suoi nipotini."
"D'accordo, cugino, la cosa si può fare, ma non cercate di propugnare loro i vostri discorsi sulla soverchieria, o di inculcare strane idee nella loro testa."
"Cugino, cugino... Voi vi preoccupate troppo! Ma smettiamo di annoiare i signori qui presenti con queste discussioni familiari."
Infatti smisero, e iniziarono a discorrere di musica, letteratura, poesia, e nuovamente di politica; né ci furono altre situazioni di imbarazzo, cosicché tutti trascorsero una giornata, se non indimenticabile, almeno oltremodo piacevole.

Note:
(1) Adiutorium nostrum in nòmine Dòmini!= il nostro aiuto è nel nome del Signore. Si tratta di una formula utilizzata nella liturgia della messa in latino.

Delle Soverchierie e dei loro ArteficiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora