Un breve ma mirabile scontro dialettico

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Monza, giovedì 14 maggio 1643

Spesso accade, quando non si è a conoscenza delle norme e delle formalità adottate da alcune organizzazioni, di non riuscire a portare a termine i propri piani entro il limite di tempo che ci si era prefissati inizialmente.
Questo accadde al povero Renzo, che si trovò per ben 23 giorni avvinghiato nella tremenda burocrazia in cui era dovuto incorrere dopo aver espresso il desiderio di ricevere udienza dalla badessa del monastero di Monza. Egli aveva contato troppo sulla propria fama di benefattore, non sapendo di non essere conosciuto al di fuori di Lecco. Ad ogni modo dopo innumerevoli lettere da redigere e documenti da compilare e firmare era finalmente riuscito ad ottenere ciò che voleva, ed ora si trovava, insieme a Gervaso, all'entrata del monastero.
Dopo che ebbero bussato, la porta fu aperta da una suora bassa e tarchiata, con uno sguardo a mezza via tra l'assorto e l'assente. Essa guardò i due con non poca diffidenza, infine disse, rivolta a Gervaso, con imbarazzo: "Signori, se siete in cerca di asilo e protezione, siete nel luogo sbagliato... Voglio dire, voi dovreste rivolgervi ad un monastero maschile."
Renzo fu pronto a porgere un'autorizzazione firmata dalla badessa in persona. Dopo che la suora guardiana l'ebbe letta, il gentiluomo aggiunse un piccolo sacchetto contenente 10 berlinghe d'oro. "Una piccola offerta al monastero." disse.
Da questo momento in poi, non si sa se per l'effetto prodotto dalla firma o dall'offerta, Renzo e il suo compare furono trattati con estreme gentilezza e riverenza. Fu scortato dalla suora verso la dimora della badessa, sentendosi ripetere varie scuse per la cattiva accoglienza e altrettante garanzie riguardo alla benevolenza della badessa... la doveva conoscere, era una donna di una bontà infinita, una santa...e altre cose simili.
Finalmente giunsero alla porta che dava sulla abitazione privata della superiora. La guardiana, dopo aver bussato, disse timidamente: "C'è qui il signor Tonio da Lecco, che desidera parlare con lei, signora badessa."
"Lo faccia entrare." La voce della signora badessa era forte e imperiosa. La suora girò la maniglia della porta, scostandosi dietro di essa mentre la apriva, in modo da non farsi scorgere se non appena dalla madre badessa, seduta alla sua scrivania.
Dopo aver accennato a bassa voce qualcosa che doveva essere un saluto, se ne andò velocemente, lasciando i due ospiti da soli con la badessa.
Se questa era tanto temuta, un motivo c'era. Si chiamava Gertrude e, per i pochi che non conoscano la sua storia, basti dire che proveniva da una nobilissima famiglia, e che il principe suo padre la aveva costretta a prendere i voti per mantenere intatto il patrimonio che sarebbe toccato al figlio. Risparmio ai lettori la descrizione della enorme sofferenza che provò in gioventù, perché ai fini della storia non serve: le cose erano cambiate.
Gertrude era divenuta ben presto badessa grazie al proprio elevato rango sociale, ed essendo dotata di un carattere molto superbo ed arrogante, si era fatta rispettare da tutte le sorelle, comandando il monastero al pari di una principessa, quale in effetti era.
Quando Renzo e Gervaso entrarono, scambiò con loro i soliti convenevoli, quindi chiese la ragione della visita.
Il più acuto dei due esordì dicendo: "Illustre madre badessa, lei sa che io, tra le altre professioni, svolgo l'attività di mercante, e a noi mercanti non è mai piaciuto fare gran giri di parole intorno ad una questione di affari, ed è proprio una sorta di affare che sono qui a proporle."
"Deus in caelo regnat, pecunia in terra. (1)" disse mestamente la monaca tra sé, ma a voce abbastanza alta perché Renzo la sentisse. Quest'ultimo non si lasciò cogliere alla sprovvista.
"Veniam peto, mater. Non recte intellectus sum: non de pecunia, sed de moralibus agere volo." (2)
Nel mentre Gervaso era rimasto in silenzio per illudere la badessa di avere perfettamente capito, in modo da farle credere di avere a che fare con dotti gentiluomini.
"Allora, di cosa si tratta? Parlate." disse Gertrude, mantenendo a fatica un tono di superiorità.
"Si tratta di questo". Le consegnò misteriosamente un foglio su cui era scritto il seguente testo:

Gentile madre badessa,
vi prego di leggere la presente mantenendo il silenzio, e di non far emergere in nessun modo che abbiate ricevuto questa richiesta, trattandosi di vita o di morte per il suo autore.
Ciò che vi chiedo, anzi vi imploro, è di aiutarmi in un progetto di rivolta contro i Soverchiatori, in modo da mettere fine alle loro prepotenze e garantire così ai poveri ed onesti lavoratori la pace che si meritano. Si verificò, un po'di anni or sono, il caso di un mio amico, il quale non si poté sposare a causa dell'intervento di un Soverchiatore. Ora questo mio amico è morto, e io chiedo che sia fatta un po'di giustizia. Una persona influente come voi è indispensabile per il mio progetto, e spero capiate che questa è una grande occasione per fare del bene.
Vostro fedele servitore
Tonio Biroccini (3)

La badessa restò per un po' in silenzio, con sulla faccia un sorriso che era comparso nel momento in cui aveva letto quel vi imploro.
Si alzò e fece cenno ai due di seguirla. Li condusse in una specie di scantinato, dove teneva i ricordi della sua infanzia, l'unico periodo della sua vita che aveva trascorso con serenità.
"Qui nessuno dovrebbe sentirci."disse agli ospiti dopo averli fatti accomodare su delle seggiole. "Ora, ascoltatemi: io non sono una principessa, ma la superiora di un monastero, e non ho tutta questa influenza che voi mi attribuite. Inoltre, un monastero ha il dovere di proteggere chiunque. Dichiarare guerra a qualcuno, anche contro i Soverchiatori, va contro i precetti cristiani. Questo lo capite?"
Renzo era preparato ad una simile evenienza, e rispose: "Non è stato forse Cristo a dire 'Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo'(4)? I Soverchiatori recano danno alle persone che voi, come avete detto voi stessa, avete da proteggere. Non è dovere dei monaci e delle monache aiutare queste persone?"
La badessa replicò: "Ricordate che Gesù non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori (5). Zaccheo non era da considerarsi un Soverchiatore? Eppure Gesù si recò proprio a casa sua e lo convertì (6). Voi ragionate alla pari dei farisei che osteggiavano gli insegnamenti del Redentore."
"Voi non capite, madre. I Soverchiatori non sono peccatori intenzionati a redimersi, non sono pecore facili da trovare (7) Sono orgogliosi della loro deprecabile condotta. Andiamo, Cristo ha detto anche: 'Sono venuto a portare non pace, ma spada' (8). È il momento di ribellarsi ai soprusi che siamo costretti a subire! Eppure dovreste intendere. Non siete stata anche voi vittima di un'enorme soverchieria in passato?" Renzo aveva detto quest'ultima frase senza pensare all'effetto che avrebbe provocato sulla badessa ed alle conseguenze.
Gertrude cominciò a tremare, e disse alzando la voce: "Sapete cosa vi dico, signore? Mi pento di non essermi comportata anch'io da Soverchiatrice in quell'occasione. Avrei potuto minacciare mio padre di farlo scomunicare, se ne avessi avuto il coraggio e la prontezza, e ora non mi ritroverei qui. Purtroppo non ebbi la lucidità per pensarci...ero una ragazzina...sciocca, tremendamente sciocca." A questo punto scoppiò in lacrime, e Renzo non ebbe il cuore di continuare quella discussione. "Fa lo stesso, madre badessa. Spero che almeno abbiate discrezione riguardo a ciò che vi ho detto. Consideratela come la confessione di un peccatore, sebbene non siate un sacerdote." Gertrude non rispose.
Chiamò una suora, e le chiese di accompagnare fuori gli ospiti.

Quello stesso giorno, nel polveroso archivio dell'Ufficio Anagrafe di Lecco, uno strano individuo dal cappello con una piuma di corvo stava discorrendo con un funzionario comunale dalla faccia annoiata. Lo strano individuo sembrava spazientito.
"Dunque, mi pare di aver rispettato tutte le procedure necessarie e di averle dimostrato che ho il diritto di condurre qui le mie indagini. Ora, cortesemente, può dirmi se qui a Lecco vive o viveva un certo Attilio che di mestiere fa o faceva il Sovrintendente di una filanderia?"
Il funzionario dalla faccia annoiata rispose con flemma: "Questa mattina ho consultato gli archivi, e non risulta che questa persona sia mai esistita. Ci sono alcuni Attilio che abitano qui: uno di loro è persino un conte, ma di sovrintendenti non ve ne sono."
"Interessante." disse Gian Giacomo lanciando al funzionario un sacchetto pieno di scudi d'oro.
"Interessante." ripetè più piano.

Note:
(1) "Dio regna in cielo, il denaro sulla terra" (proverbio)
(2) "Mi perdoni, madre. Sono stato frainteso: non voglio discutere di denaro, ma di questioni morali".
(3) Non essendoci un cognome ufficiale di Tonio, mi sono permesso di inventarne uno, che richiami la sua umile origine. I "birocci" erano infatti dei carri su due ruote usati dai piccoli mercanti per trasportare i loro prodotti.
(4) Lc 14, 27
(5) Mt 9, 13
(6) Lc 19, 1-10
(7) Lc 15, 1-7
(8) Mt 10, 34

Delle Soverchierie e dei loro ArteficiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora