Due colloqui più o meno informali

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Non meno in fretta di un garzone che rischia di arrivare in ritardo al suo primo giorno di apprendistato, Gian Giacomo si diresse dal suo cliente. Giunse all'entrata di una sontuosa dimora circondata da un ampio giardino, e colpí lentamente l'uscio con il battente, per poi restare in attesa. Gli fu aperto da un maggiordomo, che, dopo avergli rivolto istintivamente un inchino, lo condusse dal proprio padrone senza fiatare, se non per rispondere ossequiosamente al freddo saluto del nuovo arrivato.
Quest'ultimo si trovò presto al cospetto del conte Attilio, che aveva terminato di desinare circa mezz'ora prima, e aveva da poco congedato i suoi ospiti.
Il conte esordì: "Benvenuto, signor Truffaldini. Qual buon vento la porta qui? Si tratta di affari o di una visita di piacere? In tal caso, sappia che poteva unirsi alla colazione di poco fa. Lei sa bene di non essere mai di disturbo in questa casa."
Il sicario si esibì in un profondo inchino, quindi disse: "Lei, signor conte, mi rende onore ingiustamente, e mi tratta da più di quel che sono. In ogni caso, si tratta, per così dire, di affari, e più precisamente di un affare in particolare."
Il conte si incuriosì, ma lasciò che Gian Giacomo continuasse a parlare. Era abituato ai suoi continui giri di parole, e aveva imparato ad aspettare, per non suscitare attacchi d'ira del professionista a cui si rimetteva.
"Mi dica, signor conte." continuò "Per caso questa giornata le ha riservato qualche spiacevole incontro?"
Il conte si passò una mano sulla fronte. "Oh, quasi dimenticavo! Questa mattina ho disputato un duello con un lestofante. Pensate che ha cercato di attentare alla mia nobile vita! È incredibile come riusciate addirittura ad anticipare le mie richieste senza neanche essere a conoscenza dei fatti. Ma, dopotutto, è da quattro anni che siete al mio servizio, e ormai immagino riusciate a leggermi nel pensiero."
"Lei mi lusinga troppo. Si è trattato di un caso del tutto fortuito. Le ho spiegato già altre volte che un'osteria è un ottimo posto per ottenere informazioni. E questa, come potrà ben immaginare, è una delle parti più importanti del mio lavoro. Proprio in un'osteria stavo desinando oggi, quando è entrato un distinto signore accompagnato da un miserabile che pensavo essere il suo servo, ma in seguito ho saputo che si trattava del fratello. A un certo punto questo miserabile si è lasciato sfuggire qualcosa riguardo ad uno scontro che il suo ricco fratello aveva disputato con un certo Attilio."
Il conte si alzò in piedi strepitando. "Ah, eccolo il furfante!" esclamò "eccolo il mascalzone che mi ha importunato stamane! Un attimo... avete parlato di un distinto signore, se non erro. Ma io mi sono scontrato con un criminale, e aveva un ciuffo che gli copriva parte della faccia."
"Uhm... forse ho inteso male, e il fratello si riferiva ad un bravo che il nostro distinto signore aveva inviato per ucciderla. Ma questa spiegazione non mi convince. Tonio, così si chiama il distinto signore, ha zittito immediatamente il fratello, e ha parlato di uno scontro che aveva effettivamente avuto con un tale Attilio, negando che si trattasse di voi. Questo atteggiamento mi è parso molto sospetto. Inoltre, cosa ben più importante, ha asserito di non essere un abile spadaccino. Lei quanti gentiluomini conosce che non ne sappiano di scherma?"
"Be'..."rispose il conte Attilio "ho sentito parlare di questo Tonio, e non si tratta di un nobile, bensì di un mercante di umili origini che ha fatto fortuna. Dunque è normale che non abbia ricevuto un'educazione di cappa e spada. Del resto nemmeno il brigante con cui ho avuto a che fare pareva avere una conoscenza dell'arte del duello. Combatteva di istinto e forza bruta. Questa faccenda non mi piace: se ho qualche nemico che mi vuole morto, dobbiamo non solo prevenirlo, ma anche anticipare le sue intenzioni, prendendo per primi l'iniziativa."
"Comandi, signor conte. Cosa preferisce che questo don Tonio abbia da subire?"
"Direi di concedergli il beneficio del dubbio, per il momento. Impegnati a trovare prove a conferma della sua colpevolezza. Nel frattempo, nulla ti impedisce di appoggiargli qualche carezza accompagnata da un paio di ammonimenti, giusto per tenerlo in riga e fargli abbassare la cresta."
"Agli ordini, signore." Il sicario unì i tacchi e fece il saluto militare, come faceva sempre dopo aver ricevuto qualche incarico. Evidentemente aveva mantenuto questo retaggio del suo passato.

Renzo usciva or ora dall'osteria insieme al suo fedele Acate, ignaro dell'esistenza di Gian Giacomo. I lettori si saranno accorti che Renzo non era sprovveduto, né un asino, tuttavia in questo caso non aveva avuto L 'effettiva possibilità di intuire l'identità dell'individuo dell'osteria, causa i limiti logici ed interpretativi di un essere umano.
Di Gervaso, non ne parliamo neppure.
I due si diressero verso la casa di quest'ultimo, e, quando l'ebbero raggiunta, Renzo parlò sottovoce a Gervaso, benché non ci fossero possibili ascoltatori nelle vicinanze: "Sai che anniversario ricorre oggi, fratello?"
Il fratello scosse la testa. "Oggi" riprese Renzo "secondo la tradizione, ricorre la data della fondazione di Roma. Non ti sembra un ottimo giorno per dare inizio ad un progetto tanto importante quanto il mio?"
"In realtà non ti capisco, fratellone." fu la risposta di Gervaso.
"Non importa." fece Renzo, sospirando e stringendosi nelle spalle. "Ad ogni modo, tieniti pronto. Nei prossimi giorni organizzerò una tabella di marcia per la prima fase del piano. Tra non molto busserò alla tua porta, e tu verrai con me. Non ti preoccupare: non si tratta di nulla di pericoloso. Promisi a Tonio che ti avrei sempre difeso dalle iniquità, e manterrò la promessa, estirpando le soverchierie da codesti ameni luoghi."
Renzo aveva rivolto l'ultima parte del discorso più a se stesso che all'amico, forse per auto convincersi ancora una volta di aver preso la giusta decisione.
Gervaso interruppe il suo bel discorso. "Ma, di preciso, in cosa consiste questa prima fase?"
"Ah, dimenticavo di dirtelo. Mi accompagnerai in una difficile ricerca di alleati."
Eccitato in cuor suo per ciò che avrebbe fatto di lì a pochi giorni, vagheggiando nella sua mente un'avventura da poema cavalleresco, con sfide, trappole ed enigmi non delineati che attendevano solo di essere affrontati, Gervaso si congedò dall'amico, e andò a dormire tutto contento, trascorrendo una notte beata.

Delle Soverchierie e dei loro ArteficiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora