Un sole lontano e dei temporali interni

17 5 1
                                    

Lecco, mercoledì 19 maggio 1643

Come potrete immaginare, la fuga organizzata da padre Teopoldo andò secondo i suoi piani, senza quasi nessun imprevisto. Il "quasi" è dovuto ad un'unica eccezione. L'eccezione fu costituita da uno strano individuo dallo sguardo assente che pareva uscito da uno spettacolo comico, il quale sembrava nutrire uno strano interesse per la comitiva formata da Renzo e Gervaso, tanto da mettersi all'inseguimento di questi ultimi per una settantina di chilometri, suscitando l'esasperazione del vetturino e il timore dei due montanari. Costui sembrava sbucato fuori dal nulla, e né Renzo, né Gervaso, né tantomeno il loro conducente seppero ricordarsi in quale stazione di servizio o barriera di pedaggio lo avessero avvistato per la prima volta.
Era però indubbio che li stesse seguendo, perché ad ogni sosta si accorgevano di avere puntati su di essi i grandi e scialbi fari di codesto "stoccafisso", come prese a chiamarlo Renzo, anche se, a dirla tutta, la fisionomia di questo soggetto non era tanto distante da quella di Gervaso.
Ora, poiché lo "stoccafisso" sarebbe potuto esser veramente di tutto fuorché un bravo o una spia, e poiché a un certo punto sembrò essersi arreso ed esser tornato sui propri passi, nessuno fece più caso all'accaduto, e tutti finirono per dimenticarlo.
Lasciamo dunque questa ristretta compagnia di viaggiatori e torniamo dal conte Attilio, che in quel momento aveva altre faccende di che pensare.
Quella mattina si era alzato di buon'ora, in seguito ad una notte opprimente e ad una serata angosciosa. Aveva trascorso all'incirca due ore rigirandosi sul proprio letto, prima di addormentarsi per essere vessato dagli incubi. Capita, a volte, quando si è raffreddati e si fatica a respirare, che la notte appaia un inferno, e che il corpo cerchi in tutti i modi di sconsigliarci di restare a dormire. Analogo fu il motivo che spinse Attilio a levarsi dall'alcova, senonché egli godeva di ottima salute, e respirava perfettamente.
Sebbene non possiamo esserne certi, riteniamo che il recente diverbio avuto con il cugino gli avesse lasciato non diremmo un peso, bensì una spina nell'animo. La sua, più che un'oppressione, era un vago bruciore, che non lo lasciava riposare. Poiché questo non gli si addiceva, era molto facile notare che quel giorno in lui ci fosse qualcosa di strano, ma inferire che cosa sarebbe stato a dir poco impossibile. Il conte Attilio, da buon Soverchiatore, non poteva lasciarsi ingannare e distrarre da siffatte quisquilie prodotte dal guazzabuglio del suo cuore, e istintivamente riuscì, se non ad oscurarle, almeno a camuffarle. Ad una inserviente che gli aveva accennato un timido "Buongiorno", rispose con questa ermetica frase: "Che differenza può ormai esserci, tra un 'Buongiorno' e una 'Malanotte', ora che ciò che è inferiore è come ciò che è superiore e ciò che è superiore è come ciò che è inferiore ad perpetranda delicta?"
Così rispose a un paffuto paggio che gli aveva chiesto dove stesse andando di bello: "Chi può dirlo? Forse all'inferno. C'è sempre una buona ragione per visitarlo (1)". Almeno sembrava che avesse ritrovato il suo buonumore.
Nel contempo si era quasi dimenticato della vicenda di Renzo, e solo al veder comparire Gian Giacomo in prossimità della cancellata di casa tutto ciò che sappiamo gli tornò alla mente.
Attilio sembrò riscuotersi, e fece per precipitarsi dal proprio fedele servitore, ma si trattenne pensando che non sarebbe stato degno del galantuomo qual era lasciar oziare il proprio maggiordomo.
Questa deliberazione permise il verificarsi di un'altro fatto singolare, che diede modo al summentovato maggiordomo, un certo Gioacchino Martiri, e alla medesima inserviente di cui sopra, una donna che, ahimè, non si premurò di far giungere il suo nome fino a noi, di udire due ambigue, seppur per certi versi poetiche, locuzioni proferite da Gian Giacomo.
"Prego." fece Gioacchino in tono amichevole. L'aggettivo "amichevole" per un uomo come Gioacchino sarebbe suonato strano in qualunque contesto, ma v'erano due e solo due occasioni in cui egli appariva esattamente tale. L'una era quando suo fratello veniva a fargli visita, e l'altra quando giungeva Gian Giacomo. Per un motivo che ignoriamo, i due erano sempre andati d'accordo, e nutrivano reciprocamente una certa simpatia. Gioacchino la giustificava col dire che il signor Truffaldini era una persona veramente "a modo", mentre Gian Giacomo, più vago, sosteneva che i maggiordomi fossero assolutamente "dei buoni vecchioni". Tuttavia in quest'occasione si dimostrò, per così dire, alquanto freddo.
"Prego anch'io, sì, perché la morte è un creditore accanito, ed è meglio non correre rischi".
Dall'improbabilità di questo fraintendimento si può capire quanto Gian Giacomo fosse estraniato da ciò che lo circondava, ma la faccenda non si chiuse qui.
Gian Giacomo infatti sembrava aver cominciato una sorta di panegirico interiore, di cui qualche frase particolarmente superba originatasi nel cuore riusciva a farsi strada tra i meandri del corpo fino a raggiungere la bocca e ad essere pronunciata ad alta voce. Qualcuna giungeva già smozzicata alla laringe.
Il risultato fu che durante il breve tragitto che lo separava dal conte Attilio qualche parola sfiorò l'allenato orecchio di quella tal domestica, cui parve di sentire distintamente: "...e dopotutto cosa può essere la morte, se non ciò che di più vivo e materno possiamo ultimamente conoscere?"
La domestica pensò di essersi ritrovata nel mondo dei pazzi. D'altronde, chi di noi non si è mai sentito dare del matto?
Gian Giacomo bussò ad una porta come farebbe un omicida davanti ad un confessionale, con lo sguardo basso, ma col vigore di una risoluzione presa dopo essere stata soppesata attentamente.
"Avanti." Il conte Attilio, con la sua solita voce che esprimeva più un malizioso ordine che un' affettata  esortazione, fu pronto a ricevere il suo più fedele alleato.

-———————————————————————————————————

Note:
(1) Anche questa simpatica espressione mi è stata suggerita dal signor Jackborkh02 .

Delle Soverchierie e dei loro ArteficiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora