1. Il ragazzo dei dolcetti

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"Accettiamo l'amore che pensiamo di meritare",

Stephen Chbosky, The Perks of Being a Wallflower, 1999

* * *

Era da un po' che non riusciva a sganciargli gli occhi di dosso.

Attraverso l'aria narcotica, densa dei fumi di sigaretta, Edward era quasi sicuro di riconoscere nel ragazzo languidamente seduto sulle ginocchia di un vecchio pervertito, dall'altra parte del bancone, un tipo che aveva incontrato alcuni giorni prima a un party di nozze. Più si diceva che non era possibile, più, osservandolo, continuava a stupirsi dell'incredibile somiglianza.

Certo, c'era da scavare sotto montagne di make-up, al di là del fard, dell'eyeliner, del rimmel scadente granulato sugli zigomi e del rossetto spalmato contro la barba ispida del cliente. C'era da scansare le ciocche scompigliate dei capelli, per nulla lisci, che adesso gli coprivano mezza faccia e immaginarli ben inamidati e tirati indietro sulla nuca. C'era da scambiare il farsetto smanicato e ricoperto dagli strass con una sobria camicia abbinata a una giacca di Valentino. Ma sotto... sotto, gli occhi sembravano gli stessi, così come la forma elegante del volto e quella lieve fossetta sul mento che gli era difficile scordare.

Possibile che, dietro una maschera che a primo acchito poteva anche farlo passare per una donna, ci fosse proprio quel Ghislain? "No..." continuava a ripetersi. "I figli di papà non se ne vanno in giro per locali di malaffare ad adescare repellenti individui dalla testa calva e l'aspetto viscido". Ma non era detta.

Abbassò lo sguardo, avvertendo gli occhi di quel ragazzo, poco più in là, incrociarsi coi suoi e lasciargli intuire di essere a sua volta osservato. Si sentì in imbarazzo e tornò a concentrarsi sul caffè doppio che aveva fatto sghignazzare persino il barista, quando lo aveva ordinato.

Di sicuro Edward non si trovava lì per bere, né per gettarsi tra le braccia di uno dei tanti prostituti adolescenti, sia maschi che femmine, che infestavano illegalmente il locale. Era la prima volta che ci metteva piede, ma gli era bastato fermarsi alla prima insegna accesa che promettesse una qualsiasi sostanza non alcolica contenente caffeina. Tale era il sonno da narcolettico che si era impossessato di lui, in quel pub da fricchettoni dove Annabel non la smetteva di blaterare, che se la sarebbe fatta iniettare per endovena, la caffeina, pur di non addormentarsi alla guida dell'auto mentre tornava a casa.

Ma adesso il sonno si era dissipato, lasciando il posto alla curiosità.

Se solo fosse riuscito a vedere i suoi occhi più da vicino, constatare che le iridi fossero davvero verdi come le ricordava, al centro di tutta quell'ombra, avrebbe potuto confermare la propria ipotesi. E magari parlargli. Magari... salutarlo? Proprio nel mezzo di un approccio? Salutare quella marchetta luccicante e un po' squallida che tutto sembrava tranne il ragazzo dall'espressione vivace, anche se troppo dandy, che aveva incontrato in quell'occasione? L'espressione in questione adesso non sembrava più così allegra, malgrado, per contro, ridacchiasse almeno il doppio. Si capiva che era una risata falsa, di scena e di facciata, una posa di quelle labbra ben disegnate e dal belletto malamente sbaffato.

Qualcosa gli diceva che probabilmente, se per qualche assurda ragione fosse stato davvero lui e Edward gli avesse rivolto la parola, non sarebbe stato più così amichevole come lo ricordava.

Come un attimo prima vedeva quelle labbra disgustosamente appiccicate al collo irsuto dell'uomo, così un attimo dopo guardò sconcertato i due alzarsi e dirigersi verso la scala interrata, immersa nel buio, che portava ai servizi. Gli passarono accanto, il braccio del ragazzo quasi sfiorò la sua spalla e i loro occhi si incontrarono di nuovo, per un secondo appena. Allora Edward fu sicuro. Ricordava la sua figura affusolata, dalle gambe dritte e ben modellate; giusto una spanna più basso di lui.

Il dottoreWhere stories live. Discover now