30. Le forme distorte dell'amore

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Era così. Era sempre stato così, nella sua vita.

La storia si ripeteva, come in un circolo. Era un eterno mordersi la coda e lui ci ricadeva costantemente, senza imparare dagli errori. Adesso, proprio come allora. Si era fidato con tutto se stesso, aveva riposto in lui ogni speranza, ogni possibilità di felicità, tutto il futuro nelle sue parole troppo incredibilmente suadenti per non lasciarsi illudere, per non concedere loro la propria attenzione, per non concentrarvi le proprie aspettative.

E adesso... puff! Via tutto in un soffio, perché non avrebbe mai potuto competere con nessuna di coloro che avevano il potere di legare così saldamente un uomo alla propria vita con altre piccole singole vite. Lui non aveva quel potere, come non aveva quello di combattere la forza delle istituzioni sociali nella mente di chi tante volte gli aveva assicurato di amarlo per poi abbandonarlo come si fa con un abito smesso, non più acconcio per la stagione successiva.

Quello, lui era stato sempre per loro: un passatempo, che fosse o meno pagato in denaro o in illusioni poco cambiava. L'unica persona con cui avesse condiviso un amore sincero, unico e totalizzante... quella persona era morta. Anche il suo unico amico, ormai, stava per levare le tende perché lo aveva ferito, lo sapeva, e ormai non si era in grado di tornare indietro. Quel rapporto si era incrinato e spezzato per un niente, poi, per un uomo che, in scala largamente moltiplicata, si era comportato alla stregua di quel ragazzino di sei anni prima, forse più scusabile, più suscettibile al beneficio del dubbio, perché quando ci si mette di mezzo una piccola vita non c'è altro legame che tenga.

Razionalmente Michael lo capiva, ma non riusciva a fare niente per impedirsi di provare tutto quel dolore. Per essere stato abbandonato e per sentirsi, in qualche modo, ancora innamorato. Per aver visto buttare al vento tutto il futuro che si era figurato nella mente. Per essere di nuovo, ancora una volta, inesorabilmente condannato.

Doveva solo aspettare del tempo. Con il tempo anche quella morsa al cuore si sarebbe allentata e lui sarebbe tornato a respirare. Avrebbe smesso di piangere disperatamente come faceva adesso, inzuppando il cuscino di lacrime, con quella voce martellante nella testa che gridava: "Te lo meriti, puttana!".

Desiderava solo smorzare il dolore per un po', per quanto avrebbe impiegato a divenire meno dilaniante. Fino a quando non si fosse attenuato al punto da permettergli di compiere i movimenti di ogni giorno. Di alzarsi, vestirsi, prepararsi da mangiare, rimettere a posto la casa, ricevere i suoi clienti e soddisfarli, farsi consegnare il denaro dalle loro luride mani. Di continuare ad affrontare la sua vita come sarebbe stata per sempre, almeno fin quando non lo avessero considerato anche loro una merce di strada da buttare, e allora avrebbe potuto farla finita in santa pace e calare le tende su quel penoso spettacolo che si ostinava a mandare avanti giorno dopo giorno, come un automa che non conosce neanche il motivo per cui si trova al mondo.

Ecco, doveva trovare un modo per superare quel momento. Quando si tenta di annientare il dolore fisico non si assume forse della morfina? Ce ne sarebbe voluta una quantità bella grossa, se l'avesse provato concretamente in alcune parti del corpo. Gli facevano male gli arti, gli faceva male anche il cuore, se era per questo, ma il dolore che doveva curare in quel momento era di altra natura e la morfina non sarebbe servita.

Aveva una scatola, lì, un calmante in pasticche che una volta era riuscito a farlo stare meglio, quando tutto gli sembrava nero come la pece, che avrebbe sopito quello scuotimento interiore, il cuore che sembrava volergli uscire dal petto. E finalmente, beatamente, lo avrebbe fatto dormire. Dio solo sapeva che cosa avrebbe dato per poter dormire e non sentire più niente. Non più dolore, non più frustrazione, non più agitazione. Solo... dormire. Non esistere.

Quel pensiero bastava per fargli trovare la forza di allungare il braccio verso il comodino, aprire la scatola e sganciare una delle pasticche dalle capsule plastificate e mettersela in bocca, senza badare alla sua consistenza spugnosa e al sapore che non ricordava così terribilmente amaro.

Il dottoreWhere stories live. Discover now