3. Biscotti per bambini

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Al contrario di quanto si era giurato, durante le settimane successive Edward aveva continuato a pensare a quel ragazzo. Anche in ospedale non gli riusciva di mostrarsi condiscendente e pacato come al solito, eccetto che coi pazienti: si irritava per il minimo disguido e talvolta rispondeva bruscamente. Persino la sua concentrazione, in genere brillante, stava subendo un deficit, tanto che la Miller lo aveva rimproverato più volte, specie quando aveva fatto scena muta durante il giro-visite di fronte a un quesito nel quale persino Arcibald era riuscito a districarsi meglio di lui.

Erano passati quasi due mesi, ormai, da quel bizzarro incontro. La vita era andata avanti senza che fosse riuscito a tornare neanche una volta nel locale dove lo aveva incontrato, vuoi perché il lavoro fagocitava la sua vita senza lasciargli respiro e nei momenti di libertà preferiva dormire, vuoi perché nutriva dentro una inconsulta paura di cui non conosceva bene l'origine.

Naturalmente non aveva ricevuto alcuna chiamata da parte dell'individuo in questione, ma meglio così: significava che si era rimesso. Non era forse il destino di ogni dottore guarire un paziente e lasciarlo andar via senza più sapere niente della sua vita? Doveva essere così, eppure ancora non riusciva a toglierselo dalla testa.

«Senti», disse Max una mattina negli spogliatoi, poggiandogli pesantemente il braccio sulle spalle come si fa con gli amiconi, «perché non gli sganci cento dollari e ti cavi lo sfizio?»

«Ma smettila!» Edward gridò quasi, acido, scostandosi il suo braccio di dosso. «Per te le cose si riducono soltanto a quello, vero?»

«Ragioni sempre col cervello in mezzo alle gambe, Max», considerò Amy per la millesima volta, mentre si cambiava di fronte a loro senza il minimo pudore.

«E dai, non si può più scherzare!»

«Non mi è mai passata nell'anticamera del cervello, un'idea del genere!» tenne a precisare lui. «A parte che neanche se minacciassero di uccidermi, andrei a letto con qualcuno a pagamento! E poi non ho mai nutrito pensieri simili su di lui. Anche perché, per esserne attratto, una persona dovrei almeno conoscerla! E non è proprio questo il caso. Mi infastidisce solo lo squallore della vicenda, tutto qui. Non voglio più parlarne, quindi smettila con le tue insinuazioni assurde!»

«Allora tu smettila di tirartela tanto!»

Edward preferì rimanere in silenzio: l'altro poteva anche essere tutto pimpante, dopo una lauta dormita nel suo lettuccio durante le ore stabilite dal Signore, ma lui era appena uscito da un turno di notte trascorso a singhiozzo sulla brandina della stanzetta, col cercapersone che aveva suonato all'impazzata: gettarsi nell'ennesima schermaglia era l'ultimo dei suoi desideri. Voleva solo tornarsene a casa in santa pace, infilarsi sotto la doccia, mangiare e dormire.

Ma, poco dopo essersi messo per strada, si ricordò che in casa non era rimasto alcun cibo di qualsiasi natura. C'era forse una scatola di minestra sottovuoto vecchia di chissà quanti secoli, o forse una pizza surgelata, ma non si aspettava che il suo stomaco gradisse roba del genere. Forse sarebbe davvero stato meglio dare a Rosita quei cinquanta dollari in più e incaricarla di fare la spesa anche per lui, ma per il momento non aveva accolto l'offerta e doveva pensarci da solo.

Si fermò nel primo discount aperto che gli era di strada, dove era stato appena un altro paio di volte. Doveva ammetterlo: non si sentiva un grande amante dei supermercati, ma si trovava lì per prendere poca roba, giusto per non morire di fame fino al primo pomeriggio, quando la sua routine sarebbe di nuovo inesorabilmente ricominciata.

Aveva ancora infilato soltanto un paio di oggetti nel cestino, quando lo vide, concentratissimo davanti allo scaffale dei biscotti. Per un attimo rimase di ghiaccio: immobile come una statua congelata, a qualche metro di distanza.

Il dottoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora