15. Separazione

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Ormai era di nuovo giugno. Lo stato di salute di Jake sembrava essersi stabilizzato in un'alternanza di periodi up and down; Michael aveva ormai esaurito la sua confezione di calmanti omeopatici e non aveva voluto spendere soldi per ricomprarla.

Si sentiva da cani. Ormai dormiva solo di mattina, l'unico momento che poteva trascorrere con Jake e, nonostante abitassero insieme, non lo vedeva quasi più. Lo sentiva solo per telefono per ricordargli delle medicine. Trovava il cibo che lui gli aveva cucinato, la mattina all'alba quando tornava e quando l'altro ancora dormiva. Ma spesso si infilava soltanto a letto con lui, per sentirsi almeno confortare dal contatto con la sua pelle, se proprio non era più dato loro interagire.

Nei momenti più neri, come già gli era capitato prima di conoscerlo, si chiedeva se non fosse stato meglio per entrambi addormentarsi assieme dopo aver ingoiato una dose eccessiva di sonnifero e farla finita con tutto. Ma poi rinsaviva, dandosi dello stupido, e cercava di riposare almeno per quelle poche ore.

Alle quattro del pomeriggio trillava la sveglia, destandolo di scatto. Lui si guardava intorno e vedeva Jake con lo sguardo perso davanti alla finestra, indifferente al mondo. Si alzava, si vestiva con mani che si muovevano per inerzia. Si preparava lo zaino, mangiava un biscotto se ce ne erano. Poi andava da lui, gli accarezzava i capelli e lo salutava, baciandolo sulla guancia. Jake si voltava e si baciavano sulle labbra prima che lui andasse, sempre più a malincuore.

Una sera il suo amico lo baciò più a lungo, trattenendolo per la maglietta e facendolo sedere accanto a sé. Lui lo fece, incurante del ritardo, per sentirsi accarezzare le mani e dire: «Michael, io, prima di incontrarti, non immaginavo che ci fossero persone come te».

«Come me come?» ribatté lui con un sorriso imbarazzato.

«Tu sei come un angelo. E la vita prima o poi ti ripagherà, per questo, stanne certo. Michael, ascoltami. Io... non sono mai stato altro che una puttana. Ma in te c'è molto di più. La tua vita è aperta a una miriade di possibilità: non buttarla via.» Lo baciò sulla fronte e poi lieve, a fior di labbra. «Non scordarlo mai.»

«Perché mi dici queste cose?»

«Perché tu devi tenerlo a mente.» Gli sfiorò la tempia con l'indice, in una lieve carezza. «Adesso vai, altrimenti fai tardi.»

* * *

Quella notte portò un uomo nell'appartamento. Entrarono e nel buio si gettarono sul letto sfatto in un gran rimbalzo, perciò non si accorse del pezzo di carta che volò dallo sgabello sul pavimento. Era convinto che Jake si trovasse come sempre sulla branda dietro la tenda, col suo respiro silenzioso, perciò concluse il proprio servizio senza problemi. Intascò i soldi e congedò il tipo, dopo aver acceso giusto la luce tenue della lampada.

Quando poi si affacciò a dare una sbirciata a Jake, come faceva sempre, realizzò che non c'era. Né lì, né in bagno. La sua prima reazione fu di rabbia: aveva disubbidito, adesso che stava meglio, era tornato agli adescamenti notturni. Soltanto dopo vide la lettera vergata con la sua grafia disordinata, su un foglio a righe strappato dal vecchio taccuino di Michael, l'unico blocco di fogli che possedevano. La raccolse con movimenti rigidi e per leggerla si lasciò cadere sul letto, perché le gambe rifiutarono di sorreggerlo.

Dopo che avrai finito di leggere queste parole, ti infurierai a morte con me. Ed è giusto, lo capisco. Ne soffrirai e te ne chiedo scusa, perché davvero non volevo essere l'artefice del tuo dolore: non parlo solo di quello che ti sto facendo provare adesso, ma anche di tutti i problemi che ti ho causato in questi mesi.

Mi odierai, ma credimi: questa è l'unica cosa giusta da fare per entrambi.

Io non posso dipendere da te ulteriormente. Sono malato, Michael, e sono diventato un peso per la società, per quanto neppure prima contribuissi ad essa in modo tanto organico. Ho una malattia che necessita di assistenza costante e non è giusto che sia tu ad accollarti quest'onere perché mi vuoi bene. Non è giusto né dal punto di vista economico né per l'impegno che richiede. Tu hai il diritto di vivere la tua vita senza dover sopportare tutto questo, che non si addice alla tua giovane età, malgrado la maturità interiore che hai sempre mostrato, forse perché la vita ti ha fatto crescere troppo in fretta. Devi pensare a te stesso, cavarti fuori dalla miseria e dalla prostituzione. Devi darti quella possibilità che io ti avrei impedito di avere. Questo mi basterà, sarà la mia redenzione.

Il dottoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora