17. Gay Pride

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«Porca miseria, Jake, saranno presenti almeno tre medici, con noi, oltre all'ambulanza che seguirà la parata passo per passo: perché dovresti preoccuparti tanto?»

«Sai bene che io li odio, i medici!»

«Sì, ma se c'è un'emergenza possono salvarti la vita!»

Erano tre giorni che tentava di convincerlo, da quando Edward aveva confermato l'uscita per il pomeriggio successivo dicendo che, se Jake se la sentiva, gli avrebbe fatto piacere che si fosse unito al gruppo.

Anche quel sabato, il Sabato Rosa, si trovavano nella sua camera ancora identica a com'era quando l'aveva lasciata poco più che ventenne, tenuta in perfetto ordine da sua madre. C'era un letto a piazza singola dove più di una volta avevano dormito insieme, nelle poche nottate che Michael si concedeva libere, e ci stavano seduti anche in quel momento, illuminati dal lucore lattiginoso che filtrava oltre le tende chiare dalla piccola finestra.

«Ascolta», provò a dirgli ancora, «è una vita che non esci. E poi mi sembra che tu sia stato meglio, negli ultimi tempi.»

«È così, a parte i soliti mal di testa e la pressione a zero. Non me la sento e basta: ormai fate gruppo da soli, io non sarei altro che un terzo incomodo.»

«Veramente saremo in cinque. Anche sei, forse. Se ci tieni a saperlo, è stato Edward a suggerirmi d'invitarti.»

Jake alzò le sopracciglia, alquanto stupito. «Di cosa si impiccia, quel mediconzolo da strapazzo? Porterebbe in mezzo alla folla uno nelle mie condizioni?»

«"Nelle tue condizioni", Jake! Ma ti rendi conto che stai diventando agorafobico? Non vorremo aggiungere una patologia psichiatrica alle altre ipotetiche, fisiche, da cui potresti essere affetto! E poi è una manifestazione che capita solo una volta all'anno: pensaci, almeno! Lo so che un tempo ti sarebbe piaciuta.»

«A dire la verità l'ho già vista diverse volte. Forse hai ragione, giusto perché questa potrebbe essere l'ultima occasione che ho per andarci.»

«Non ti sopporto quando fai tanto il melodrammatico!» Michael si alzò in piedi e compì qualche passo attraverso la stanza a braccia conserte, per stemperare la rabbia. «Facciamo l'elenco delle cose di cui hai paura.»

Jake mise le mani avanti. «No, per favore.»

«I tuoi capelli sono sempre perfetti. Li acconci con cura maniacale perché credi che i personaggi in televisione possano vederti anche loro?»

L'altro cercò di trattenere una risata. Ma poi, più serio, provò a chiedere: «Che cosa sa questa gente di me?».

«Neanche che esisti, per adesso, a parte Edward.»

Jake scosse la testa, con un sorriso disincantato. «Lo capirebbero subito, come ha fatto il tuo perspicace amico.»

«Avrai tanto di quel belletto in faccia che nessuno potrà mai accorgersene.» Tornò a sedergli accanto e appoggiò le mani sulle sue spalle. «Credo che ti farebbe bene. Credo che non dovresti sempre pensare alle cose brutte. Anche se... se tu sei così per carattere, dai, ammettilo.»

L'altro fu costretto ad annuire e appoggiò una mano sopra la sua, quella che gli stringeva la spalla sinistra.

«Non sono tipi che amano stancarsi, di questo puoi stare certo. E comunque possiamo andare via in ogni momento tu voglia, senza disturbare nessuno. A me, ecco, farebbe molto piacere.»

Jake fu sul punto di ribattere qualcosa, ma fu colpito da un attacco di tosse, fortunatamente moderato. «Ecco, vedi? Come posso fingere di stare bene?» lo provocò quando si fu calmato.

Il dottoreWhere stories live. Discover now