22. Pet-therapy

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«Entrate!» Gerard era venuto ad aprire la porta con una pila di abiti tra le braccia, tanto alta da oscurare buona parte della sua testa. «Scusate il disordine, ma deve essere passata una vita dall'ultima volta che ho preparato una valigia.»

«Solo tre giorni, Ger, tre miseri giorni: non c'è bisogno che ti porti tutto l'armadio!» gridò Jamie dalla camera da letto.

«Devo fare una cernita tra i vestiti, okay?» ribatté alzando la voce, per farsi sentire dal piano superiore. «Lui dice "tre miseri giorni", ma io ho quasi dovuto litigare col tuo amabile paparino, per poterli avere!» comunicò a Edward, appoggiando l'ammasso di stoffa sulla prima superficie libera. «Avanti, seguitemi!»

Era la prima volta che Michael metteva piede in casa di Gerard. In effetti era parecchio disordinata, ma di un disordine simpatico, tipico delle menti anti-ossessive a cui non interessa perdere tempo a rimettere a posto gli oggetti. Per contro, anche tutti i mobili erano colorati e avevano le stesse forme morbide della facciata esterna in Shotwell Street, in aggraziatissimo stile vittoriano tra bianco e celeste.

Gerard si diresse in uno degli ambienti a pianoterra e ne uscì reggendo un immenso ammasso di pelo candido come la neve, quasi più grosso di lui, all'interno del quale, a un'occhiata ravvicinata, era possibile distinguere due occhioni azzurri e un paio di orecchie a punta.

«Lui è Rufus. Saluta, Rufus!» Dall'animale emerse un indistinto gorgoglio che terminò con un suono più acuto somigliante a un "miao".

«Mio dio, quel gatto è sempre più obeso!» constatò Edward, non ancora abituato alla vista del felino.

«No, guai a dirlo: si offende!» li avvertì Jamie comparendo sulle scale con in mano una rivista ripiegata, non senza un sorrisetto ironico. Non si capiva se parlasse dell'animale, del padrone o di entrambi.

«Non è obeso!» protestò Gerard. «Il veterinario dice che il suo BMI è perfetto. È solo robusto per costituzione.»

«È un persiano?» si interessò Michael.

«È un gatto d'Angora: cento percento naturale.»

«Peserà come minimo dieci chili», buttò lì un'altra informazione il fidanzato del proprietario. «Se fossi in te ci penserei, per il guinness dei primati.»

«Il mio gatto non partecipa a quelle stupide gare degradanti!» Gerard gli indirizzò una smorfia, per poi tornare a parlare con Michael: «Beh, in ogni caso... è tutto tuo.» Così lo mise in braccio al ragazzo, che si sentì sbilanciare e trascinare a terra da quella massa a peso morto. In compenso era un animale di una docilità straordinaria: non si ribellava in braccio a un estraneo, non sguainava le unghie e aveva un'espressione dolce piuttosto che elegante, cosa insolita per la sua razza.

«Odora di zucchero filato.»

«Fa tolettatura una volta a settimana. E qui ci sono le sue scatolette», aggiunse Gerard mettendogli accanto una intera busta ricolma di pregiato cibo per gatti. «Ne fa fuori una a pranzo e una a cena. Basta che gliele lasci nella ciotola, poi fa da solo.»

«Ehm... okay. E immagino che ci vorrà anche una lettiera proporzionata alla sua taglia.»

«Oh sì, certamente... ma la macchina di Edward è abbastanza capiente, no?»

Edward sorrise, nominato e non interpellato.

«Sei sicuro che vuoi che sia proprio io a occuparmene?»

«Assolutamente! Non mi viene in mente nessun altro; Edward me lo lascerebbe morire di fame: quando non sta in ospedale è da te! Fidati, non c'è niente di meglio della pet-therapy!»

Il dottoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora