Capitolo 3

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Una volta ripreso il bagaglio che avevo imbarcato, mi avvio verso l'uscita dell'aeroporto di Toronto. Brendon mi ha detto che mi sta aspettando all'uscita, già in macchina.

Sono rimasta un po' delusa dal fatto che non mi aspetta all'arrivo, ma infondo chiedo troppo. È già tanto se passiamo l'estate insieme.

«Che macchina hai?» Lo chiamo quando mi ritrovo all'uscita. L'aria calda mi investe e le persone mi spintonano un po' a destra e un po' a sinistra. I conducenti dei taxi gridano e incitano la gente a salire.

«Una Mini Cooper. Aspetta, Zoe, ti ho vista.» Chiude la chiamata e mi mordo il labbro. Lui mi vede, ma io no, e sono tanto curiosa di vedere come è diventato.

«Zoe!» Giro la testa in direzione della voce, trovando mio fratello a una decina di metri da me. Ha parcheggiato la macchina davanti a un taxi, che lo sta guardando male.

Sorrido e, trascinando con un po' di fatica le due valigie, mi avvicino. Quando sono a qualche passo da lui lascio tutto e lo abbraccio.

«Ciao, Brend.» Mi stringe a sé anche lui, sorridendo. Per qualche secondo mi dimentico che, infondo, sono arrabbiata con lui.

Mio fratello si separa da me per guardarmi e non smette di sorridere neanche per un secondo. «Sei cresciuta. Dove è finita la mia piccola nana?»

Odio il fatto che questo nomignolo mi ha fatto scoppiare a piangere. Nel viso di mio fratello scompare il sorriso e mi ristringe a sé. «Non piangere, Zoe.»

«Mi sei mancato, Brendon.» Biascico sulla sua maglietta. «Mi sei mancato tanto.»

«Anche tu.» Una sua mano smette di stringere la schiena e, quando butto un occhio, vedo che sta prendendo le valigie, dato che sta arrivando un'orda di persone. «Adesso andiamo.»

Annuisco e mio fratello mette tutte le valigie in macchina. Poi vado a sedermi davanti, Brendon invece al posto del guidatore.

«Allora...» Cerco di spezzare il silenzio imbarazzante che si é creato tra noi. «Come vanno le cose?»

In genere, tra fratelli o amici stretti, quando ci si vede dopo tanto si hanno tante cose da dire. Ma non noi. Noi siamo quasi sconosciuti, nonostante io tenga a Brend più di qualunque altro -dopo mio madre-.

«Vanno bene. Sono tutti molto emozionati di conoscerti, allo studio di registrazione. Per questo ho pensato che prima di andare a casa possiamo passare un attimo lì, che dici?»

Ma si, grazie, sto bene anche io. Sforzo un sorriso. «Ma certo.» Spero con tutta me stessa che non ci sia quel pallone gonfiato di fama, anche chiamato Shawn Mendes.

Il tragitto aeroporto-casa discografica è imbarazzante. Restiamo per tutto il tempo in silenzio e ogni tanto uno dei due canta qualche canzone che passa per radio. Non capita mai, però, che ci piacciano le stesse canzoni.

«Eccoci qui.» Sussurra Brend parcheggiando davanti un edificio. Avrà almeno trenta piani, come d'altronde hanno in media tutti i palazzi di Toronto. Da quel che ho visto è una bellissima città. All'ingresso dell'edificio c'è una grande scritta luminosa: Mendes. Alzo gli occhi al cielo, ricevendo una gomitata da mio fratello.

«Zoe, per favore, non iniziare.» Poi sorride alla guardia e mi circonda le spalle con un braccio, come se non mi stesse per sgridare.

«Scusa.» Bisbiglio, lanciando un'occhiata amichevole alla guardia. Poi entriamo e c'è una grande stanza, da dove partono vari corridoi. Io mi faccio guidare da mio fratello.

«Zoe, questo è Julian Hamilton, il manager di Shawn.» Ci fermiamo davanti ad un signore di carnagione chiara, che ad Halloween sarebbe perfetto per interpretare un vampiro, o addirittura un fantasma.

Gli porgo la mano. «Salve, io sono Zoe, la sorella di Brendon.»

Sorride e noto che non ha un dente. Levando questo però è un bel uomo e si porta bene gli anni. Ne avrà circa quarantacinque.
«Zoe, è un piacere conoscerti. Tuo fratello ci parla spesso di te.» Ricambia la mia stretta. «E sono rimasto molto sorpreso dai suoi racconti. Non si incontrano tutti i giorni ragazze che praticano il motocross.»

Mi irrigidisco e lancio un'occhiata a mio fratello. Sembra tranquillo. «Non faccio più motocross, in realtà.»

«Ah no?» Lo sguardo di Julian è sorpreso, così come quello di Brendon. Ma come può non capirlo? «È un vero peccato.»

Scrollo le spalle, fingendo che la cosa non mi tocchi neanche un po'. «Non lo faccio da molto tempo.»

Annuisce, poi dà una pacca sulla spalla a mio fratello. «Vorrei ancora parlare con voi, ma devo proprio andare. Ci vediamo in giro e benvenuta tra noi, Zoe.»

Sorrido e insieme a Brendon lo salutiamo. Iniziamo ad incamminarci e mio fratello mi prende per un polso, indicandomi ogni tanto qualche persona che lavora con lui. Con alcune persone ci fermiamo a parlare. Conosco la stilista di Shawn, l'assistente di Brendon e i componenti della band, che suonano durante il concerto con Mendes.

Il chitarrista è il più simpatico tra loro. Restiamo a parlarci circa mezz'ora e riesce a farmi ridere almeno sei o sette volte. Ha i capelli rossi e un piercing al sopracciglio. È un look da... da chitarrista.

In più mio fratello mi fa fare il giro dello studio. Vedo la sala dove pranzano, la stanza delle foto, l'ufficio di Julian e Brendon mi fa entrare persino nella sala delle registrazioni, che a detta sua è una cosa che non fanno fare neanche agli amici più stretti di Shawn.

«Sarà il nostro segreto.» Mi dice, facendomi ridacchiare. Fortunatamente nessuno dei due mette in mezzo la motocross.

«Terrò la bocca chiusa, fratellone.» Ribatto, mettendomi una mano sul cuore a mo' di promessa. Era una cosa che facevamo sempre da bambini. Non posso ancora credere quante cose siano cambiate tra di noi.

Quando ci fermiamo, appena usciti dalla stanza delle registrazioni, lo guardo con un sopracciglio inarcato e mi appoggio con una spalla al muro. «E si può sapere dove é quel coglione di Shawn Mendes?»

Brendon sbianca e sento una voce rispondere dietro di me. «Ciao, io sono il coglione di Shawn Mendes.»

Spero che il capitolo 3 vi sia piaciuto. Grazie a tutti per i voti ❤️

I hadn't planned to fall in loveWhere stories live. Discover now