Capitolo 41

2.2K 110 23
                                    

Alessia, Aaliyah, mia madre e Brendon devono capire che qualcosa non va, perché quella stessa sera me li ritrovo tutti e quattro davanti la mia stanza.

Brendon ha un carrello da servizio in camera, al che corrugo la fronte. Che diavolo stanno combinando? «Ma che-»

Alessia alza una mano, per fermarmi. «Non hai cenato. Quindi, dato che sappiamo che non scenderai giù a mangiare con noi, abbiamo portato la cena da te.»

Scuoto la testa. «Non ho fame.»

«Quel deficiente di mio fratello mi ha detto che cosa è successo, Zoe.» Aaliyah mi mette una mano sulla spalla, facendo un piccolo sorriso. «Lascia che per una sera ci prendiamo noi cura di te e non tu degli altri.»

Vorrei dire che sono sempre gli altri a prendersi cura di me, e mai il contrario, ma sto zitta perché avrebbero da ridire.
Non ho mai passato tanto tempo da sola con Aaliyah, giusto dieci minuti, forse, ma ogni volta che sto male lei c'è e fa di tutto per farmi ridere. È più piccola di me di alcuni anni, però la considero insieme ad Alessia una delle mie amiche più care.

«Va bene.» Mi arrendo, spostandomi per far passare tutti. Entra prima Brendon, con il carrello, che mi dà un buffetto sulla guancia.
Poi entra mia madre, infine Aaliyah e Alessia, che mi abbracciano insieme.

«Dobbiamo mangiare anche noi.» Mormora mamma. «Spero che far diventare un porcile questa camera per te non sia un problema.»

Faccio spallucce. Ha sul serio importanza? Anche perché sono una persona di indole disordinata. Anche se provo a mettere in ordine, rimarrà comunque disordine. Questa camera è già il caos con o senza cibo.

«Come stai, Zoe?» Brendon dispone i piatti sul tavolo della scrivania. Sembra quasi che abbiamo preso da mangiare per un ristorante intero e non solo per quattro persone: c'è sul serio di tutto, dalla pasta con il pesce alla carne.

Mi mordo il labbro, indecisa sul da farsi. In realtà la risposta la sanno, altrimenti non sarebbero tutti qui, ma capisco che c'è un enorme differenza tra credere e sapere. Ma io ho sempre avuto difficoltà a rispondere a questa domanda.

Ci vuole coraggio a dire di star male.
Ci vuole coraggio perché devi dire il perché, devi dire a voce alta cosa provi, cosa cambieresti. E c'è sempre la paura che le persone non capiscano, che giudichino. Almeno, io provo sempre questo. Quando mi chiedono se sto bene mi viene in automatico dire di sì perché ho paura ciò che comporterebbe una risposta diversa.
Ma oggi mi sento coraggiosa.

«Abbastanza male. Voglio dire, io sapevo che non dovevo fidarmi. Lo sapevo, eppure è bastata qualche frase dolce, un bacio, e mi ritrovo con il cuore spezzato. Come diavolo ho fatto?» Sbotto, portandomi una mano tra i capelli e tirando leggermente.

«Tesoro, non decidi tu come, quando e di chi innamorarti. E non devi dubitare della vostra storia per una litigata.» Mamma cerca di calmarmi, solo con le parole, infatti aiuta Brendon ha distribuire le posate e a preparare quattro posti per mangiare in pace e comodi.

«Storia.» Ripeto con amarezza, e trattenendomi dal dare un pugno al muro. Il dolore si tramuta spesso in rabbia, ed è quel che succede quasi sempre a me. «Ma quale storia? Lui non lo dice a nessuno, probabilmente gli faccio anche schifo!»

Alessia, che si era seduta sul letto, si alza e mi abbraccia, iniziando ad accarezzarmi la schiena con movimenti regolari. «Adesso calmati Zoe e non dire nulla di cui potresti pentirti.»

Vorrei dirle che già mi sono pentita, perché so benissimo che abbiamo una storia e mia madre ha ragione. Ma come ho detto sono troppo orgogliosa per rimangiarmelo e, tra l'altro, ho la gola così chiusa da non riuscire a parlare.

Brendon rimane a fissarmi per qualche secondo di troppo, poi si decide a parlare. «Zoe, ti ricordi quando ti ho detto che c'era una ragazza che mi interessava?»

Annuisco. Me l'ha detto all'inizio dell'estate, quando eravamo ancora a Toronto. Tra una cosa è l'altra non mi ha mai più parlato di lei. «Si chiama Adelaide. Litighiamo in continuazione, non so se per la distanza, perché lei abita in Asia, o perché siamo diversi. Ma non penso mai, neanche per un secondo, che noi non ci amiamo.»

Alessia mi stringe un po' più a sé e mi sussurra all'orecchio: «anche il cuore di ghiaccio di tuo fratello ha trovato l'amore» che mi fa ridacchiare. Poi guardo Brendon e lo ringrazio per il suo discorso d'incoraggiamento, se così lo possiamo chiamare.

Mi aspetto, oramai da qualche ora, che Shawn venga a bussare qui per chiarire, ma non succede. Immagino che stia sbollendo per bene la rabbia, come gli ho consigliato.

Non che me ne importi molto adesso: preferisco stare con queste quattro persone che litigare con Shawn.
Stringo più forte Alessia e poi guardo loro quattro, che sorridono, ma si vede che sono preoccupati per me.
«Beh, vogliamo mangiare o ci guardiamo come dei cretini?» Interrompo dopo un po' il silenzio.

Aaliyah scoppia a ridere e annuisce, prendendo un piatto di pasta e andandosi a sedere sul bordo del letto. Mamma si siede sulla sedia della scrivania, Brendon sulla panca, Alessia si appoggia al muro dicendo che non vuole sedersi e io mi metto vicino la sorella del mio ragazzo.

Tu sì che sai come non pensarci, eh? Mi riprende una vocina nella mia testa. Decido, per la prima volta, di ignorarla.

L'amore non è tutto al mondo. C'è l'amicizia e ci sono altre persone per cui vale la pena essere felici e sorridere. E io, prometto a me stessa, che finché avrò ancora queste quattro persone e Shawn avrò sempre un motivo per sorridere.

«Grazie.» Dico dopo poco, interromperlo la conversazione sul pollo che avevano aperto Aaliyah e Brendon. «Per essere qui e per esserci sempre. Vi voglio bene.»

Li guardo tutti e quattro. Brendon è sorpreso, mia madre ha lo sguardo fiero, Alessia sorride e Aaliyah appoggia la testa sulla mia spalla e sussurra che anche loro mi vogliono bene.

E se adesso mi chiedessero di nuovo se sto bene, non direi di sì solo perché ho paura di dare un'altra risposta; direi di sì perché è vero, perché sto finalmente bene.

I hadn't planned to fall in loveWhere stories live. Discover now