Capitolo 14

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Ascolto per tutta la notte e la mattina canzoni depresse, come Stay with me di Sam Smith o Happy Ending di Mika, ma non capisco affondo le loro parole, perché non sono mai stata innamorata, né tantomeno ho mai avuto una relazione.

Verso l'una del pomeriggio qualcuno bussa alla mia porta. Stasera dovremmo partire con il pullman verso New York, per cui tutte le mie valigie sono già chiuse e pronte.

Decido di ignorare la persona che sta disturbando la mia quiete e chiudo gli occhi nella speranza che lasci perdere. Ma non demorde, dato che bussa di nuovo.

Sbuffo e mi metto a sedere sul letto, dato che prima ero stesa. «Avanti.»

La persona apre la porta e mette solo la testa dentro la mia camera. È Alessia. «Hey Zoe... posso entrare?»

«Sei praticamente già entrata, quindi fai pure.» Borbotto, portandomi le ginocchia al petto.

Dopo le parole di Shawn ieri sera mi sento esposta, vulnerabile e odiata. Sono sensazioni che rimangono appiccicate alla pelle come colla e, anche se cerci di evitarle, di non pensarci, le senti. È come se fosse l'unica cosa che conta. La tua costante fissazione di diversità. Il fatto che sei odiato, non è altro il fatto che sei diverso, sbagliato agli occhi degli altri.

Alessia ignora il mio sarcasmo e entra. Chiude la porta e si viene a sedere vicino a me, dall'altro lato del letto.

Non diciamo niente per un po', finché lei non spezza il silenzio che si era creato. Io non faccio altro che guardarmi le ginocchia, che oggi trovo particolarmente interessanti. «Shawn ha detto delle cose orribili, Zoe.»

«Tu dici?» Alzo gli occhi al cielo e stringo di più le ginocchia al petto. «Pensavo si stesse complimentando.»

Lei ignora di nuovo il sarcasmo. «Non concordo per niente con lui, Zoe. Ci conosciamo da un giorno, eppure so riconoscere la persona che ha descritto Shawn con quella che sei in realtà. E so che sei una ragazza meravigliosa.»

«Lo dici solo perché devo rimanere tutta l'estate con voi.» La mia voce mi tradisce, perché trema leggermente e fa capire che non sono del tutto indifferente all'argomento.

Alessia ridacchia, al che mi giro per osservarla. Cosa c'è di così tanto divertente? «Sai, l'anno scorso siamo andati tutti in montagna per tre settimane. C'era Camila con noi e io non l'ho mai sopportata. Con lei non ho mai finto che mi piacesse e pensa che condividevamo anche la stanza.»

Trattengo un sorriso. Non sono l'unica ad odiare quella ragazza. Alessia continua il suo discorso, sorridendomi. «Il punto è che non fingo con le persone e ti trovo simpatica sul serio. Shawn è un cretino per ciò che ha detto.»

Annuisco, non riuscendo a dire nient'altro. Le sue parole non hanno fatto altro che ricordarmi mio padre.

Alessia sta per alcuni secondi in silenzio, poi riprende con il suo -a questo punto- monologo. «Shawn non è cattivo. È quel tipo di persona che non vuole mai ferire nessuno, che non se ne va dalla strada finché non ha fatto una foto con tutte le ragazze, quel tipo di ragazzo che dà sempre una possibilità a tutti. Ma è anche vero che è stressato, Zoe, per tutto ciò che gli sta accadendo. La fama, il tour. Questo di certo non lo giustifica.»

Fa un respiro profondo. «Però sono sicura che non intendeva ciò che ha detto. Tu eri lì a provocarlo al momento sbagliato e nel posto sbagliato. Probabilmente tra poco verrà qui per scusarsi.»

«Con le sue scuse mi pulisco il c-» Alessia mi tappa la bocca con una mano e fa una piccola risata.

«Non dirlo. Dovete collaborare entrambi.»

Poi mi ridà il dono della parola, levando la mano. Si risiede, appoggiando la schiena alla tastiera del letto. «Credi di essere sola sul serio?»

Quasi sussulto. Non mi aspettavo di certo una domanda del genere.

Mi schiarisco la voce. «Sono dell'idea che siamo tutti un po' soli.» Alessia si gira a guardarmi stranita, così le parlo di un argomento profondo che non ho mai avuto il piacere di condividere con qualcuno. «Voglio dire, credo che tutti siamo circondati da persone che ci vogliono bene, ma alcune volte non basta. Ci aspettiamo sempre quel "di più" da loro e, quando non lo abbiamo, ci sentiamo soli. Forse loro sono fisicamente lì, ma tu continuerai a pensare di essere solo. Perché infondo lo sei. Lo siamo tutti.»

«È... è un pensiero molto profondo, Zoe. Spaventoso, ma molto profondo.» Alessia si porta una mano tra i capelli, per spostarsi una ciocca di questi ultimi da davanti il viso. «Non so che dire.»

«Grazie.» Accenno un sorriso. «E non devi dire niente. Semplicemente credo che quando sei addolorato riesci a capire tantissime cose sulla vita e che utilizzi qualche arma per difenderti. Io ho usato il sarcasmo.»

Shawn aveva ragione, il primo giorno, quando ci siamo incontrati. Ha detto a Brendon che alcune persone si rifugiano nel sarcasmo, riferito a me. Non gli ho detto niente, però sappiamo tutti che ha ragione.

«Sai, sei una persona strana.» Alessia ridacchia e non so se prenderlo come un insulto o un complimento. «Ma in senso positivo. Fai sempre ridere, quando magari tu vorresti piangere, e sopratutto non fingi mai. Sei vera, Zoe, e fidati che nel mondo che siamo abituati a vedere io e Shawn è una cosa rarissima.»

«Anche Brendon è vero.» Riesco a dire. Adesso che so che è un complimento, non so cosa dire. Non so mai rispondere ai complimenti delle persone.

Alessia si morde il labbro. «Non così. Finge anche lui, alcune volte.»

Mi torna in mente ogni volta che mi dà una gomitata per farmi stare zitta, o ogni volta che mi lancia occhiatacce. Infondo non so sul serio a Brendon chi sta simpatico. Alessia ha ragione.

Annuisco, quindi, restando a corto di parole. Poi sospiro e faccio una scelta. Non è facile, è come dire di voler andare in guerra, ma almeno mi permetterà di uscire dalla mia camera. «Vado a parlargli. Shawn non può odiarmi, è più il contrario.»

Alessia trattiene una risata per il modo deciso e serio in cui ho detto è più il contrario, e annuisce. Mi alzo, seguita a ruota da lei e apro la porta decisa ad andare nella camera a fianco la mia.

Ma a quanto pare non ce ne è bisogno, perché trovo Mendes davanti la mia porta, una mano alzata e a pugno, segno che stava per bussare.

Inarco un sopracciglio. «Vuoi darmi un pugno, per caso?» Tanto non può fare tanto male. Sono sicura che le sue assistenti gli fanno anche la manicure.

Alessia si schiarisce la voce e mi sorpassa, poi si fa piccola piccola per passare anche tra Mendes e la porta. «Io allora vado. Ci vediamo, ragazzi.»

Shawn fa un cenno ad Alessia, ma senza sposare i suoi occhi da me. «Credo che noi due dobbiamo parlare.» Mormora poi.

«Ovviamendes.» Inclino un po' la testa, quando sorride per l'avverbio usato.

E, stranamente, scappa un sorriso anche a me.

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I hadn't planned to fall in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora