Capitolo 30

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Quando riprendo coscienza di me stessa mi sento stordita, come se avessi fatto una marea di capriole sotto l'acqua e la testa mi gira, nonostante io abbia ancora gli occhi chiusi.

Le tempie pulsano e c'è un fastidioso beep beep vicino al mio orecchio sinistro che non mi fa ragionare lucidamente dal nervoso.

Una mano stringe la mia. È minuta e il suo tocco è delicato. Mi ricorda mia madre.
La macchina dei beep beep aumenta con il suono, così come aumenta il battito del mio cuore al ricordo di mia madre. E di quello che è successo sulla moto.

Poi capisco che la macchina é collegata al mio cuore. E che quindi sono in ospedale.

Cerco di aprire gli occhi, nonostante il dolore alle tempie mi consiglia di rimanere così come sto, solo per vedere dove sono e soprattutto in che condizioni.

La mia è stata una brutta caduta. Non mi era mai successo.
Forse perché mio padre è sempre stato lì.

Appena le mie palpebre si alzano, facendomi vedere, vengo accecata da una luce decisamente troppo forte. Devo richiudere per un paio di secondi di nuovo gli occhi per non rimetterci la vista.

«Zoe, bambina mia! Ti sei finalmente svegliata!» È lei che mi fa trovare il coraggio di riaprire gli occhi. La stretta non sembrava di mia madre, è di mia madre.

«Mamma.» Gracchio, con voce debole. A stento riesco a parlare senza balbettare. «Cosa ci fai qui?»

Doveva venire domani. Poteva benissimo venire domani, senza che si stressasse oggi. Mi accarezza lentamente una guancia. Ha la fronte corrugata e preoccupata. Mi si contorce lo stomaco al pensiero che è così per causa mia. «Tesoro, sei stata in stato di incoscienza per ventitré ore. Shawn ha annullato tutti i concerti di questa settimana perché non sapevamo quando ti saresti svegliata.»

Ventitré ore. Sono svenuta per quasi un giorno? Mi pare di essere svenuta solo da dieci minuti. Cerco di portarmi una mano sulla testa, per placare le pulsazioni, ma il mio braccio è attaccato ad un filo. Mi stanno facendo la flebo. Rabbrividisco.

«Brendon come sta?» Mi schiarisco la voce prima di parlare, perché non sopporto di averla così debole. E chiedo di mio fratello perché so che in questo momento è sommerso dai sensi di colpa. E questo fa sentire me in colpa a mia volta, come un vertice che non finisce più.

«Starà meglio adesso che gli dirò che stai bene. Anche se non è l'unico preoccupato.» Mia madre fa un sorriso sornione. «Quando avevi intenzione di dirmi che Shawn Mendes ha una cotta per te e che Alessia Cara è praticamente la tua migliore amica?»

Evito di sorridere, anche perché non so che cosa ne uscirebbe. Probabilmente un ghigno malandato. Mi limito a stringermi nelle spalle, ma anche questo gesto mi crea dolore in tutto il torace. Gemo di dolore e mia madre smette di sorridere. Mi accarezza nuovamente la testa. «Li vado a chiamare. Tu non fare niente, okay?»

Annuisco piano e lei mi bacia la mano. «Ti voglio bene, mia coraggiosa motociclista.» Le sorrido a quel nomignolo. Me l'ha dato la prima volta che sono caduta dalla moto, a quindici anni, e mi sono sbucciata il ginocchio. Sembra passata una vita, quando invece solo qualche anno.

La mamma esce e io sospiro. Mi sono lasciata prendere dal panico, cosa che mi ero ripromessa di non fare. Mi sono lasciata sopraffare dai ricordi. È probabilmente il mio punto debole maggiore. Mio padre ed i ricordi che susseguono.

Chiudo gli occhi. Brendon ha cercato di rendermi felice ed io ho rovinato tutto.

«Zoe!» Brendon si precipita nella stanza. Dietro di lui corrono anche Alessia e Shawn. Aaliyah fa più con calma, ma sorride rassicurata appena i nostri occhi si incontrano. La mamma osserva la scena con un dolce sorriso stampato in faccia: era da tanto che desiderava che mi trovassi degli amici.

«Stai bene, grazie a Dio.» Brendon mi stringe delicatamente a sé. Gli sorrido, cercando di non parlare. Ho la voce talmente bassa e rauca che i vetri potrebbero rompersi al sol sentirla.

Quando Brendon si allontana di qualche passo, Shawn mi lascia un bacio sulla fronte senza neanche esitare. Non se ne frega niente se è un gesto da coppia, o se ci sono altre persone. È come se fossimo solo due due, adesso.
«Mi hai fatto morire di paura, lo sai?»

«Faccio quest'effetto quando le persone mi vedono.» Cerco di sdrammatizzare e Alessia ride, anche se la battuta non meritava chissà quante risa. Ma il fatto che si stiano sforzando per farmi stare bene mi fa sorridere.

Shawn alza gli occhi al cielo e borbotta che non è vero. Poi mi lascia un altro bacio, questa volta sulla punta del naso. «Non farlo mai più, Zoe.»

Dovrei essere mortificata, perché sono stati tutti in pensiero per me. E infatti lo sono.
Però sono anche lusingata che si siano preoccupati tutti quanti, in questa maniera. Soprattutto Shawn e Alessia.

Non rispondo, perché non so che dire, così tocca ad Alessia salutarmi. Mi abbraccia, stringendomi a sé. Cerco di abbracciarla anche io con il braccio che non è collegato alla flebo. Spalanco gli occhi quando ad Ale scappa un singhiozzo. «Pensavo che fossi morta.»

La stringo forte, anche se mi fa male il braccio. Adesso mi sento decisamente in colpa. Non ho neanche le forze per cambiare il decisamente in decisamendes. «Hey... va tutto bene.» La rassicuro, iniziando anche ad accarezzarle la schiena per calmarla. Odio quando le persone piangono, sia perché sto male anche io, sia perché non so consolarle e vado nel panico. «Sono qui, Ale. E vi romperò le scatole per tantissimo tempo ancora.»

Ad Alessia sfugge una risata. «Non chiedo di meglio, Zoe.» Poi si allontana e si va a mettere vicino a Brendon e Shawn. Tutti e tre mi fissano -in realtà sono quattro se contiamo mia madre sull'uscio della porta- e la cosa mi mette in suggestione.

«Che c'é?» Mormoro quindi, guardando soprattutto mia madre. Volevo vederla in un'altra occasione. Volevo abbracciarla sul serio, non stesa su un lettino con una flebo. Sono passate già settimane dall'ultima volta che l'ho vista ed il tempo mi sembra volato.

«Sei messa un po'... male, sorellina.» Sussurra piano Brendon. Mi trattengo dal fare una smorfia: chissà in che stato sono in questo momento. Credevo che la rissa con Camila sarebbe stato il peggio, ma a quanto pare mi sbagliavo.

«Ovviamendes.» Alzo gli occhi al cielo, ma anche questo gesto mi procura dolore. Gli altri ridono e, nonostante tutto, fanno scappare un sorriso anche a me.

I hadn't planned to fall in loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora