9. Davanti al casolare

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La strada bianca era davvero in pessime condizioni, cosa che Alina apprezzò moltissimo.

Per tutto il tragitto sfrecciò davanti a Noemi, schivando buche profonde ed enormi sassi. La sua amica pedalava con cautela, pregandola ogni tanto di rallentare; Alina, a quel punto, tornava indietro sollevando nubi di polvere, affiancava Noemi per qualche metro e poi la distanziava di nuovo, impaziente.

Faceva un caldo da scoppiare e il canto delle cicale era assordante.

Attraversarono un ponte che scavalcava il letto di un torrente asciutto. Il percorso le condusse fra prati gialli e riarsi, casupole diroccate e chiazze di alberi che offrivano un momentaneo refrigerio.

A un certo punto, costeggiarono dei pascoli recintati nei quali si aggiravano vacche maremmane dalle ampie corna. Vicino al ciglio della strada, un somarello abbacchiato si sporgeva oltre il reticolato per masticare un'erbaccia ispida. Nugoli di mosche ronzavano intorno agli animali accaldati e alle cacche che si lasciavano dietro.

Non incontrarono nessuno: la maggior parte delle persone evitava di uscire subito dopo pranzo, quando la calura era più intensa.

Il casolare apparve dopo una curva a gomito e una discesa fiancheggiata da cespugli spinosi, carichi di more acerbe. Stava seduto in fondo alla strada, grigio e tetro, e aveva tutta l'aria di stare aspettando la loro visita.

Alina giunse in poche rapide pedalate allo steccato di legno che circondava l'edificio. Smontò dalla bici prima che avesse smesso di muoversi, lasciandola cadere nella polvere.

Visto da vicino, il casolare era più grande di come se l'era aspettato: aveva solo due piani, ma era talmente alto che avrebbe potuto ospitarne tre. Le finestre al piano terra erano sbarrate con delle assi di legno; quelle di sopra, irraggiungibili, avevano i vetri fracassati e gli infissi a pezzi. Le pareti esterne erano scrostate ma ancora solide. Nel tetto in rovina si aprivano due larghi squarci.

Il terreno circostante era disseminato di tegole rotte, calcinacci, pezzi di legno, sassi e vecchi rifiuti. Le piante selvatiche che avevano messo radici nel cortile erano cresciute fino alle dimensioni di una piccola giungla: quasi raggiungevano l'altezza delle finestre più basse. Tra lo steccato e l'intrico di vegetazione rimaneva uno spiazzo di terra e pietre grande come mezzo campo da calcetto, o giù di lì.

La strada dalla quale Alina e Noemi erano arrivate aggirava il lato destro dell'edificio e si infilava nella macchia mediterranea, restringendosi in un sentiero che portava al mare. Nell'aria aleggiavano l'odore di salmastro e il lontano sciabordio delle onde.

Una tortora nascosta lanciò il suo richiamo lamentoso: uuh-uh, uh-uuh-uh.

Alina si fermò davanti allo steccato, guardando affascinata il casolare in rovina. Si sentì attraversare da un brivido di curiosità e tensione, come quando vedeva comparire in tv i titoli di testa di un film dell'orrore. Mancava solo una bella musica inquietante a completare l'effetto.

"È abbastanza misterioso per te, Alina Jones?" Noemi smontò dalla bici, scostò la canottiera dal petto e soffiò nello scollo per rinfrescarsi. "Che caldo! Sono sudata da far schifo."

"Anche io," sbuffò Alina, asciugandosi la faccia con un lembo della maglietta dei Guns. "Ma ne è valsa la pena! Questo casolare è uno spettacolo!"

"A me sembra solo una casa diroccata, ma contenta te..."

Alina tirò su una gamba e iniziò a scavalcare lo steccato. Noemi la fissò, allarmata.

"Ali! Che cavolo fai?"

"Entro. Vieni, dai!"

"Sei matta? Guarda quante erbacce. Lì in mezzo ci saranno le zecche, le vespe, i tafani, o peggio." Noemi le posò una mano sulla spalla. "Aspetta, Ali! In questi posti ci vanno sempre i drogati. Sarà pieno di siringhe!"

Il mistero della casa in riva al mareWhere stories live. Discover now