40. La X indica il posto

57 11 29
                                    

Alina trascorse i giorni successivi sentendosi divisa fra due mondi.

Da un lato, la spensieratezza di una vacanza trascorsa con la sua migliore amica, il mare, le corse in bici, l'insalata di riso, le bibite ghiacciate, le notti fresche e stellate riempite dal canto dei grilli; dall'altro, separato da una barriera sottilissima e fragile, la casa abbandonata in riva al mare, la porta senza chiave, i dischi volanti e quel mondo altro che Marzio aveva descritto in termini così vaghi, affascinanti e spaventosi.

Per quanto una voce di buon senso nella sua testa (che assomigliava molto a quella di Rosanna) le ripetesse che certe cose semplicemente non potevano esistere, Alina non riusciva a ignorare il richiamo dell'ignoto. Mancava poco, ormai, alla fine della vacanza e non voleva tornare a Roma senza aver prima tentato di risolvere gli enigmi di quei giorni.

Il pomeriggio del terzo giorno dopo la festa, Alina lasciò un biglietto a Noemi, che si era assopita dopo pranzo, e uscì nel caldo rovente in sella alla sua bici.

Pedalò verso Lantana con i Metallica nelle orecchie, sentendo che con ogni giro delle ruote si avvicinava sempre di più al confine invisibile fra la realtà e l'immaginazione. Le parole del ritornello di Enter Sandman non le erano mai sembrate così appropriate.

Take my hand... we're off to Never Never Land.

In quel momento, ogni cosa sembrava possibile. Anche vivere un'avventura che avrebbe fatto impallidire Indiana Jones in persona.

Attraversò come una freccia le strade del paese, spingendo forsennata sui pedali e ignorando l'afa. Arrivata davanti a casa di Marzio, suonò il citofono senza nemmeno chiedersi se il ragazzo l'avrebbe fatta entrare o no.

Marzio le aprì subito il cancello.

Un minuto dopo, erano entrambi nella stanza piena di libri e cianfrusaglie. Se possibile, c'era ancora meno spazio per muoversi rispetto alla sua ultima visita: diverse scatole erano aperte e il loro contenuto sparso intorno.

"Che cosa vuoi?" domandò bruscamente Marzo, chinandosi su un mucchio di vecchi fogli che stava estraendo da una serie di cartelline rigide con l'elastico.

Alina schiacciò il dorso della mano sul naso. "Marzio, non prendertela se te lo dico, ma devi farti una doccia," affermò. Il suo interlocutore era sudato, con i piedi e i polpastrelli neri di sporcizia, batuffoli di polvere tra i capelli e i soliti vestiti altrettanto luridi. L'odore sgradevole che proveniva dal suo corpo iniziava a sovrastare anche quello di chiuso e vecchiume che aleggiava nella stanza. Ad Alina venne in mente Pig-Pen, il personaggio dei Peanuts che appariva sempre circondato da una nuvoletta di sporcizia.

Marzio la guardò e non rispose.

"Ok, ok," ricominciò Alina, "sono venuta perché voglio tornare con te al casolare. Voglio salire al piano di sopra e aprire quella porta."

"Te l'ho detto, non si può."

"Beh, se c'è un modo per aprirla, non lo troverai certo restando qui finché non ti cresce il muschio addosso!" sbottò Alina.

Marzio afferrò una pila di fogli e la sbatté con forza sul pavimento. "L'unico modo di aprirla è con una chiave!" esclamò, in un lamento pieno di rabbia e frustrazione. "E nonno l'ha nascosta e non so dove!"

"Come sai che ha nascosto la chiave?"

Esasperato, Marzio si alzò, prese un bloc notes dal mare di carta che ricopriva il pavimento, lo aprì a una pagina che evidentemente conosceva molto bene e lo spinse in mano ad Alina.

"Leggi!"

"Va bene, ma stai molto calmo, Marzio," brontolò Alina.

La pagina era ingiallita, sporca di ditate marroni e coperta da righe e righe di corsivo incomprensibile, dalle quali si affacciavano ogni tanto numeri e simboli. In fondo c'erano le uniche lettere in stampatello:

Il mistero della casa in riva al mareWhere stories live. Discover now