47. Non identificato

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Alina aprì gli occhi nel cuore della notte.

Non era stato un rumore, un movimento o una luce a svegliarla. Non aveva fatto un brutto sogno.

Drizzò la testa e fissò la parete opposta. Una luminescenza pallida filtrava ai lati delle tende che chiudevano la finestra.

Alina si liberò delle lenzuola e, con movimenti lenti e misurati, si avvicinò all'orlo del letto e scese dalla scaletta fin sul pavimento.

Fu allora che si accorse del silenzio. I grilli non frinivano, gli uccelli notturni non lanciavano i loro richiami. Sembrava di essere sott'acqua.

Alle sue orecchie non arrivava nessun suono, nemmeno il respiro lento e regolare di Noemi. Alina venne colta da un'inquietudine sottile e decise di non voltarsi verso il letto occupato dalla sua amica. Aveva il sospetto che, se l'avesse fatto, non l'avrebbe trovata.

Oppure l'avrebbe trovata diversa.

Attratta dalla finestra senza sapere perché, Alina scostò le tende e guardò il prato di fronte alla casa, inargentato dai raggi della luna. Niente si muoveva.

Un fruscio remoto si fece strada in quel silenzio. Sembrava provenire da tutte le direzioni contemporaneamente. Alina non riusciva a capire se fosse un suono reale o se nascesse dall'interno della sua testa, come il mormorio di un disco che rimane a girare sull'ultimo solco.

Sollevò d'istinto gli occhi al cielo e subito pensò quella stella si muove, ma non era una stella quella luce che solcava la volta celeste, in mezzo alle scaglie di gemme che scintillavano nella notte.

Ad Alina sembrò che si ingigantisse davanti ai suoi occhi: da un puntolino alle dimensioni di un'unghia, al diametro di una moneta da cinque lire, una di quelle che non si usavano più. Splendeva di una fredda incandescenza che era quasi bianca, quasi azzurra, quasi verde.

Alina restò a guardare mentre il disco volante attraversava il cielo da una parte all'altra, galleggiando senza suono, scivolando come una goccia di mercurio su una superficie solida. Non provava paura o emozione, solo una distaccata meraviglia.

La sagoma splendente si allontanò e Alina vide la sua luce dipingere (solo per un istante) di un chiarore violetto una sottile nuvola rimasta fino a quel momento invisibile; quel brevissimo lampeggiare le diede l'impressione, quasi subliminale, che il disco ruotasse su se stesso.

Cercare di capire la distanza dell'oggetto volante, la sua velocità e le sue dimensioni sarebbe stato come usare un metro da sarta per prendere le misure di un sogno.

Il disco volante raggiunse l'estremità opposta dell'orizzonte senza la minima variazione nel suo moto e nella sua luminescenza. Poi perse quota, e scomparve dietro una collina.

Alina distolse gli occhi. Si ritrovò nel letto senza ricordare di esservi tornata.

Dormì serenamente per il resto della notte.

La mattina dopo, scoprì che ricordava ciò che aveva visto, ma non riusciva a trovare un senso a quei dettagli sbagliati: il silenzio completo, l'immobilità, il suo stupore freddo e distante. Si lambiccò il cervello per tutta la giornata, senza capire se aveva sognato oppure no.

Alla fine, decise che non aveva importanza.

I misteri più belli sono quelli senza una soluzione.

Il mistero della casa in riva al mareWhere stories live. Discover now