Isabel (15)

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"Tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano"
                             William Shakespeare

Respiro dopo respiro, la mia mente iniziava a realizzare di aver commesso un grave errore: essermi mostrata vulnerabile. Data la rapidità con quale si era evoluta la situazione, non avevo avuto modo di controllarmi. Ed ero certa che lo strizzacervelli avesse aggiunto quest'episodio alla mia cartella clinica.

Prima che scoppiasse quel casino, mi aveva riferito che Kevin e Justin erano al corrente di ciò che stesse succedendo all'interno dei miei pensieri. Ma come se ciò non fosse abbastanza, aggiunse che insieme avevano in mente un piano per farmi guarire.

Onestamente, non ero per nulla d'accordo e la motivazione era abbastanza chiara: non avevo bisogno di aiuto. Non volevo che mi trattassero come una paziente che non sa cosa cazzo fare della sua vita, non volevo che vedessero le mie fragilità, non volevo farmi toccare da nessuno.

Ogni volta che capitava, l'azione rimaneva fissata come un chiodo nei miei ricordi. Stavo attenta ad ogni movimento, ad ogni sguardo. In più, avvertivo la necessità di controllare sempre dove fosse la via di uscita. 

Dovevo essere pronta ad ogni evenienza.

«Va tutto bene» sussurrò, continuando a tenermi stretta a lui. I miei fianchi erano completamente circondati dalle sue braccia, sembrava che non volesse staccarsi per alcun motivo. «T-tutto...bene» cercai di ripetere, con la speranza che quelle parole potessero cambiare il mio stato d'animo.

«È tutto finito» disse, con un tono di voce abbastanza basso. Staccai il mio corpo dal suo, osservando il suo sguardo. «Posso fare qualcosa per te?» domandò, curandosi sempre di avere una certa delicatezza. Questo amavo di lui, diceva le cose con tranquillità e cercava sempre di non farmi sentire giudicata.

«No no, sto bene. Puoi andare se vuoi» affermai, con ancora la voce spezzata dal pianto. «Ne sei sicura?» chiese, per avere un'ulteriore conferma. «Sicurissima, così posso prepararmi per la cena» gli ricordai; fra qualche ora avremmo dovuto dirigerci a casa della sorella dell'avvocato Smith e ci tenevo a fare una buona impressione.

«E va bene, ma in caso di bisogno non farti problemi a chiamarmi» disse, per poi lasciarmi nella mia solitudine. Presi un bel respiro e decisi di fare come se non fosse successo nulla, la mia specialità.

Mi piegai sulle ginocchia e aprii la valigia, tirando fuori l'enorme quantità di vestiti che avevo portato con me. Cercavo qualche abito che non fosse troppo appariscente, l'ultima cosa che avrei voluto era avere lo sguardo di tutti puntato su di me.

E poi lo trovai.

Un tubino di colore rosso, abbastanza semplice. La sua particolarità era che lasciava scoperte le spalle per coprire le braccia, perfetto per me. 

I segni sarebbero stati coperti e nessuno avrebbe scoperto le mie condizioni di salute. 

Osservai il riflesso proiettato all'interno dello specchio e ciò che vidi non mi piacque affatto; il mio viso era troppo tondo, il mio seno era eccessivamente prosperoso e le mie cosce sembravano due grossi prosciutti.

Non c'era sensazione peggiore.
Non sentirsi all'altezza del mondo, era terribile.

«Perché?» sussurrai, toccando la mia pelle secca. Il tempo stringeva ed io dovevo assolutamente fare qualcosa per non sembrare obesa

Così, cercai con disperazione in valigia qualcosa che mi avrebbe potuto aiutare. E dopo averla ribaltata, trovai dello scotch. Sarebbe stato perfetto per diminuire il volume di alcune parti del corpo. Tremai per la felicità e tornai davanti allo specchio, tirando su il vestito. Ne avvolsi un'eccessiva quantità fino a sentirmi soffocare. 

I need youWhere stories live. Discover now