Epilogo

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Nove anni dopo...

«Ragazze, stiamo per fare tardi!» Quello che ormai era diventato mio marito, mi richiamò. Erano successe così tante cose negli ultimi anni, ma partiamo da dove eravamo rimasti. Usciti da quella fabbrica, realizzai quanto la vita fosse stata generosa nei miei confronti.

Sarei potuta morire da un momento all'altro, ma la mandria di mucche mi aveva salvata. Logan poco dopo il nostro discorso telefonò l'infermiere che si occupava della gestione di tutto il reparto per chiedergli come stessi. Da lì scoprì che le parole che mi aveva recitato, erano frutto di un copione. Una tecnica psicologica abbastanza cruda che mi avrebbe permesso di capire la gravità della situazione e rimettermi in sesto. 

Così, presi una decisione: tornare in terapia.
Erano alcuni colleghi del mio strizzacervelli di fiducia che, sapendo quale fosse la situazione e la mia inziale diffidenza, ebbero un'innata delicatezza nei miei confronti. E quando finalmente riuscii a liberarmi di tutto quello che avevo dentro, ripresi a sorridere.

Un qualcosa che per alcuni può essere considerata come non necessaria, per me invece era di vitale importanza. Tornai a possedere emozioni. Tornai a vivere. 

Inoltre, un annetto dopo ricevetti la proposta di pubblicazione di una grande casa editrice. Trasformai il mio sogno in realtà, in un lavoro che mi sarei portata avanti per tutta la vita.

Durante il processo di editing però, modificai alcune cose. Una di queste riguardava il tragico finale... Decisi di trasformarlo in qualcosa di commovente, in un messaggio di speranza per tutte quelle persone che hanno vissuto una situazione simile alla mia. 

Dare forza a tutte quelle persone che la mattina, guardandosi allo specchio, non si riconoscono. Sensibilizzare sull'argomento e incitare chiunque viva una situazione del genere a denunciare al primo segnale di violenza. Garantire felicità a chiunque voglia trovarla. 

E oggi avrei dovuto dire tutte queste parole alla prima conferenza stampa della mia carriera. «Stiamo arrivando» urlai, per far sì che mi sentisse. Ero ancora in bagno con la nostra bimba, Allison. Le stavo mettendo un po' di lucidalabbra all'insaputa del padre.

«Sei bellissima, amore» le sorrisi, guardandola in tutto il suo splendore. Aveva quasi cinque anni e per lei provavo un amore così intenso da non saperlo spiegare, un amore che solo chi è madre può comprendere. «Anche tu sei bellissima, mamma» ricambiò il sorriso e si allungò sulle punte dei piedi per farmi capire che voleva essere presa in braccio. 

«Eccovi» disse lui, vedendoci entrare in stanza.
«Siete bellissime»

Ed ecco di nuovo l'intrusione di Ele.
Fate finta che ci sia un separatore e guai a voi se non leggete i ringraziamenti.
Vi amo.

«Mamma» la bimba mi chiamò, facendomi voltare verso di lei. Eravamo nel back-stage e l'emozione iniziava a farsi sentire. «Si, piccola?» mi abbassai per avere la sua stessa altezza. «Non hai paura?» chiese, probabilmente perché durante la durata del viaggio ero stata del tutto in silenzio. «Solo un pochetto, ma è normale. Le paure vanno affrontate da persone forti forti» mi scappò un sorriso e le diedi un bacino sulla guancia.

«È qui con noi l'amatissima autrice... Isabel Brown!» il presentatore pronunciò il mio nome e le tende si aprirono per concedermi di salire sul palco. Venni travolta da dei forti applausi e vidi la felicità negli occhi di chi era lì, per me.

«Grazie, grazie a tutti davvero» poggiai una mano sopra l'altra e osservai tutte le persone sedute fra il pubblico. Mi avvicinai al microfono e mi preparai per il discorso. «È un onore per me essere qui oggi, sono ancora incredula per tutto ciò» dissi, accennando un sorriso. 

«Non sono mai stata una ragazza estroversa, ero sempre l'emarginata, quella che nessuno voleva. E ho sempre, e dico sempre, sopportato. Se avessimo detto alla Isabel di qualche anno fa che avrebbe dovuto sostenere un discorso davanti a tutti voi, sono certa si sarebbe fatta prendere dal senso di inadeguatezza e non si sarebbe neanche presentata» confessai, prendendo fiato.

«Invece io sono qui oggi per dirvi che non bisogna sempre sentirsi all'altezza, non bisogna sempre sentirsi adeguate, l'importante è lottare per ciò che si desidera e impegnarsi al massimo, in tutto.»

«Inizialmente tanti hanno rifiutato il mio manoscritto perché sostenevano che fossi una pazza e definivano macabro il mio stile di scrittura. Ma ho insistito per trattare queste tematiche perché so benissimo che ognuno di noi, dentro di sé, nasconde qualcosa. Spesso sono insicurezze che nascono dalla paura di un giudizio, spesso nascono per una vicenda vissuta oppure perché sentiamo la necessità di renderci uguali agli altri», mi fermai un attimo.

«Per quanto possiate nasconderlo, so che fra di noi c'è qualcuno che pensa in continuazione a come stiano i suoi capelli, il suo fisico o il suo aspetto esteriore. So che fra di noi c'è qualcuno che ha paura di rimanere solo, di non avere amici con cui uscire e un ragazzo di cui innamorarsi. So che tanti si privano di una marea di opportunità perché gli renderebbe diversi. Ma è proprio la diversità a renderci unici, non dobbiamo averne paura» e in quell'esatto momento una farfalla bianca si posò sul mio dito. Anche nonno era lì con me.

«E voglio ringraziare alcune persone che fanno parte della mia vita per avermi dato la giusta carica per affrontare tutte le situazioni che la vita mi ha posto davanti», mi schiarii la voce. «Mio marito Logan, mia figlia Allison, mia madre e la famiglia Smith. La parte più importante di me, perché nonostante i miei costanti rifiuti, hanno sempre avuto una parola di conforto» trattenni una lacrima che pungeva insistentemente nell'occhio e presi un altro bel respiro. «E ricordate, non c'è oscurità che la luce non possa combattere» dissi, terminando il mio discorso.

Ci avevo messo tanto per capirlo, ma Logan aveva ragione.
La luce esiste per tutti.
Basta volerla, basta cercarla.
Io, Allison e Logan.
Per l'eternità.

The end

I need youWhere stories live. Discover now