Capitolo 4

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4. Stupid

Le prime luci del mattino colpirono i miei occhi e fui costretta a svegliarmi

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Le prime luci del mattino colpirono i miei occhi e fui costretta a svegliarmi. Inizialmente decisi di tenere gli occhi chiusi, sperando di riuscire a riaddormentarmi, ma all'improvviso mi sentii strana, come se mi trovassi in un posto a me sconosciuto.

Lentamente aprii gli occhi e mi accorsi di non essere nella mia stanza. Mi allarmai e cominciai a fare mente locale; ma come si fa a fare mente locale quando hai la testa completamente vuota?

Ricordai che Cami mi aveva chiesto di restare a dormire da lei, ma la cosa strana era che quella non aveva l'aspetto di una camera da ragazza.

Mi misi a sedere immediatamente e, a causa del movimento improvviso, la mia testa cominciò a pulsare. No, non era per il movimento brusco, ma per la quantità infinita di alcool che avevo ingerito la sera precedente.

La seconda cosa che notai fu che i miei vestiti erano sparsi per la stanza e io indossavo una semplice t-shirt. Un attimo, io non avevo una t-shirt la sera precedente.

Sentii qualcuno sospirare accanto a me.

Mi girai di scatto e per un momento credetti di star sognando. Mi diedi un pizzicotto e dopo un altro ancora, ma Alex Blake continuava ad essere sdraiato accanto a me, indossando solo dei boxer.

Raccolsi velocemente tutti i miei vestiti e cercai di convincermi che la sera precedente non era accaduto nulla.

Non potevo commettere di nuovo gli stessi errori, non potevo trovarmi nella medesima situazione perché quella volta non avevo la forza per superarlo.

Già riuscivo ad immaginarlo mentre si vantava con gli altri della sua conquista, proprio come aveva fatto il suo migliore amico un anno prima. Quanto ero stata stupida a credere alle promesse di quel ragazzo, a tutte le parole dolci che mi venivano dette e che mi facevano sentire unica.

Stupida, ecco cos'ero.

Mi vestii e uscii silenziosamente dalla stanza, controllando che il ragazzo con cui avevo dormito quella notte non si svegliasse.

Non ci potevo credere, era una situazione surreale.

Arrivai finalmente al piano di sotto camminando in punta di piedi, come una ladra.

«Buongiorno» Cami mi salutò dalla cucina con il sorriso di chi la sapeva lunga.

«Ah, non direi» mi toccai la fronte a causa del forte mal di testa.

Avevo bevuto. Questa era la mia unica giustificazione per tutto quello che era successo.

«Vieni, dai» mi fece segno di avvicinarmi a lei e io, indecisa, trascinai i piedi nella sua direzione.

Mi sedetti accanto al marmo dell'enorme cucina e vi poggiai la testa. Sarei dovuta andare via e correre a casa mia, ma non ne avevo le forze.

«Ti sei divertita ieri sera, eh?» ammiccò lei.

«Non ricordo nulla» piagnucolai «Tu hai visto qualcosa?» chiesi speranzosa.

Magari lei sapeva qualcosa e magari io non avevo fatto nulla con quell'essere. Solo al pensiero mi veniva il voltastomaco, ma non perché lui fosse un brutto ragazzo, anzi. Il vero problema erano le conseguenze di quell'azione.

«Ho solo visto te e Alex discutere a proposito di un bagno o qualcosa del genere» sembrava divertita dalla situazione, beata lei. «Poi siete spariti insieme» mi guardò, aspettando che io ricordassi qualcosa, ma nulla: il vuoto.

Sospirai pesantemente.

Bel modo di finire la settimana, davvero.

«Perché parlavate di un bagno?»chiese curiosa.

Era il suo turno di fare le domande, proprio come avevo fatto io la mattina precedente. Ma non avrebbe potuto aspettare che la testa avesse smesso di girare?

«Perché l'anno scorso lo chiusi a chiave nel bagno delle femmine. Nudo» sorrisi al ricordo.

A quelle parole Cami scoppiò in una di quelle risate senza controllo.

Alex se l'era cercata, anche se quello che successe dopo non era di certo nei miei piani.

La preside lo beccò e fu sospeso per due giorni. Da quel momento Alex cominciò ad odiarmi e mi giurò vendetta.

Ero andata a letto col nemico.

«Perché una cosa del genere?» chiese cercando di riprendere fiato.

«Perché è una stronza» una voce interruppe la nostra allegra conversazione.

Il coglione si era alzato e, in quel momento, mi sentii ancora più cogliona di lui per non essere scappata da quella casa quando ne avevo avuto l'occasione.

«Io devo andare» mi alzai dalla sedia, presi il cellulare e mi incamminai verso la porta. «Ciao Cami» salutai la mia amica che mi rispose con un cenno.

«Dove credi di andare, scusa?» Alex mi prese per un braccio, arrestando la mia fuga.

Ma cosa voleva? Cosa si aspettava? Che mi sarei comportata come una delle sue solite amichette che implorano la sua attenzione? Impossibile.

«A casa?» risposi con una domanda retorica.

«Noi dobbiamo parlare» mi fissò serio.

Ma cosa gli era preso improvvisamente? Voleva parlare con me a che pro? Per dirmi quanto fossi stupida o per ribadirmi che fossi una troia? E no, me l'ero sentita dire già troppe volte.

«Sì, in un'altra vita» risi amaramente.

Non gli avrei mai dato la soddisfazione di rovinarmi di nuovo la vita.

Mi allontanai da lui e finalmente uscii da quella maledetta casa, convinta che non ci avrei mai più messo piede, perché una cosa era sicura: dovevo restare lontana da lui.

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