Capitolo 31

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31. you can't escape

Katy's pov Ero riuscita ad evitarlo per una settimana ed ero fiera di me

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Katy's pov
Ero riuscita ad evitarlo per una settimana ed ero fiera di me. Non volevo vederlo nemmeno in fotografia, figuriamoci se mi andava di incontrarlo e di sentire la sua voce. Da quello che mi dicevano gli altri, lui cercava disperatamente un confronto con me, ma l'unico confronto che io volevo vedere era quello tra lui e il mio pugno.

Gli avevo detto di essere innamorata di lui e lui era rimasto in silenzio, senza nemmeno pronunciare una parola. Non sapevo se essere più arrabbiata con lui o con me stessa per essere stata così ingenua. Oramai da quando conoscevo Alex non facevo altro che riempirmi di insulti: stupida, ingenua, cogliona. Tutta colpa sua.

L'unica cosa che mi dispiaceva di quella situazione era ignorare quelle persone che ero arrivata a definire amici. Le ragazze, fortunatamente, mi erano state vicine ed erano tutte dalla mia parte, compresa Cami; anche se ogni tanto mi parlava di Alex e di quanto fosse dispiaciuto.

Da ciò che mi raccontava, lui doveva dirmi qualcosa di molto importante e che io dovevo assolutamente ascoltare le sue parole, poi potevo decidere se continuare ad evitarlo o meno. Apprezzavo le sue parole, davvero, ma l'unica cosa che volevo era non guardare quegli occhi profondi e sentirmi vulnerabile, non percepire l'odore del suo profumo e desiderare di poter stare nelle sue braccia per farmi inebriare del tutto dalla sua fragranza e, soprattutto, non volevo ascoltare la sua voce e farmi illudere dalle sue parole, non di nuovo.

Non l'avrei evitato per sempre perché di certo non ero una codarda, ma al momento era meglio così. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, no?

Quel giorno in particolare avevo deciso di passare il pomeriggio in biblioteca per studiare e tenere la testa impegnata. Potevo anche farlo a casa mia, se solo non ci fosse stata quella che avevo denominato "l'allerta Alex". Ormai, quasi ogni giorno, si presentava a casa mia e bussava ripetutamente al campanello o alla porta. Una volta ero persino arrivata a gettargli dell'acqua addosso e per un po' mi ero sentita davvero soddisfatta. Poi, come la sottona che ero, avevo telefonato a Cami per chiederle come stava e assicurarmi che non si fosse preso un raffreddore per il troppo freddo.

Volevo fare tanto la dura, ma alla fine con lui tutte le mie difese cedevano e in un modo o nell'altro riusciva sempre a superare il mio muro. Gli avevo anche raccontato del periodo più brutto della mia vita, fidandomi di lui e facendomi coccolare perché era quello di cui avevo bisogno. Che dire, era stato bello finché era durato.
Il mio "studio" venne interrotto dal mio cellulare che squillava.

«Ehi, atomica bionda» presi in giro Cami. Da quando avevamo visto il film di quella spia in Germania, ambientato negli anni della caduta del muro di Berlino, avevo deciso di chiamarla come il titolo del film, dato che raccontava di una donna, appunto dai capelli biondi e con il taglio simile a quello della mia amica.

«Ti odio, sappilo» potei immaginarla mentre alzava gli occhi al cielo, come suo solito.

«In realtà mi ami, ma non sei ancora pronta per questo discorso» per poco non mi sentii male perché mi ricordava tanto una delle nostre conversazioni.

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