Capitolo 28

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28. I don't hate you.

Alex's povLa stringevo ancora forte tra le braccia e avevo paura di lasciarla andare perché non sapevo come avesse potuto reagire

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Alex's pov
La stringevo ancora forte tra le braccia e avevo paura di lasciarla andare perché non sapevo come avesse potuto reagire.

Quando avevo deciso di andare a casa sua mi aspettavo che mi urlasse contro, che mi dicesse di farmi i cazzi miei, con la sua solita finezza o che, addirittura, non mi aprisse, lasciandomi come uno sciocco a bussare inutilmente alla sua porta come già successo in passato. Tutto mi sarei aspettato, tranne che lei si mettesse a piangere tra le mie braccia. Mi sentivo spaesato ed era strano vederla così fragile e insicura, quando ero abituato a vederla forte e indistruttibile.

«Scusami» cercò di ritrarsi dalla mia stretta. Dal mio canto, non avevo alcuna intenzione di allontanarmi da lei perché sapevo che se l'avessi fatto lei avrebbe rialzato il suo muro.

«Vorrei tanto sapere cosa ti passa per la testa» le ripetei ancora, come avevo già detto altre volte. Mi allontanai quel poco da lei per guardare diritto nei suoi bellissimi occhi verdi, in quel momento gonfi e pieni di lacrime.

«Certe volte vorrei saperlo anche io» sorrise amaramente.
La guardai dalla testa ai piedi e non potei fare altro che restare ammaliato dalla sua bellezza. Il suo corpo era troppo piccolo per contenere tutto quel dolore, eppure lei riusciva ad affrontare tutto senza mai cadere giù.

«Perché piangevi?» chiesi, ma mi pentii immediatamente di averle chiesto una cosa del genere quando vidi il suo sguardo incupirsi. «Non sei costretta a dirmelo»
Non sapevo come comportarmi con lei, non sapevo cosa dire, dovevo essere cauto, attento a non farla scappare.

«Mia madre è tornato con il suo ex compagno» tenne lo sguardo basso.
Non capii ciò che voleva dire. Sua madre aveva un nuovo compagno, e allora? I suoi non erano separati da diversi anni? Forse sperava che i suoi potessero tornare insieme, che potessero tornare ad essere una famiglia e...
«Quest'uomo mi picchiava, ecco perché ho deciso di vivere con mio padre, non potevo più sopportare le sue offese quotidiane o le sue...» parlava velocemente, ma dal suo tono si capiva che ogni parola era un peso per lei e che dirmi tutte quelle cose non era per niente facile. Si stava fidando di me e io non avrei tradito questa sua fiducia, mai più.

«Fermati...» sussultò tra le mie braccia. Era in un altro mondo, un mondo pieno di sofferenze a cui nessuno poteva mettere fine, io lo sapevo bene. «non continuare se non te la senti, non sei obbligata» le accarezzai la guancia. In questo momento la vedevo come un vaso di vetro, avevo quasi paura a stringerla troppo o a lasciare la presa su di lei e vederla rompersi in mille pezzi.

«Ho bisogno di dirlo a qualcuno, altrimenti non potrò mai affrontare i miei demoni» mi fissò intensamente negli occhi, costringendomi a distogliere lo sguardo. Mi sembrava di invadere ulteriormente la sua privacy. Inoltre, mi sentivo tremendamente in colpa perché ero stato proprio io a dirle di superare il passato, le avevo addirittura detto che se non lo avesse fatto non sarebbe mai stata felice.
Che stupido! Se solo avessi saputo...

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