24. Le scarpe nuove (I/II)👢

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Nel buio della stanza ora silente, mi volto sul letto rabbrividendo.
Devo essere crollata appena sono andati via e i vestiti che indosso sono testimoni della mia stanchezza.

Girata sul fianco destro i miei occhi fissano la sveglia sul comodino: sono le quattro e trenta del mattino e nemmeno un'ora fa erano​ tutti qui a ipotizzare congetture.

Sospiro pesantemente. Speravo di essere caduta in catalessi; una specie di essere catatonico che lascia rivoli di saliva sul cuscino morbido e accogliente, e invece no, quel tipo di paradiso è irraggiungibile per me.

Urtata mi levo a sedere sul letto. Le palpebre sembrano incollate, e gli occhi sgranati.

"Buongiorno Suzette" mi dico rassegnata, "e che giorno! Ancora il vecchio devo capire se è concluso!"

Mi convinco che una bella doccia mi potrebbe rigenerare, quantomeno mi rilassa un po' e distoglie i miei pensieri dal discorso fatto pochi attimi fa con i miei compagni.

Comincio a togliermi pian piano i vestiti di dosso. Le energie arriveranno prima o poi.

La testa si fossilizza sul come e il perché Demoiselle possa fare una cosa del genere: compiere con Regina Madre atti diabolici, aiutarla nell'intento di trascinarsi via di nuovo Sorcia, tradire la nostra fiducia... ma perché poi!

L'istinto sarebbe quello di recarmi da lei e chiedere spiegazioni pregando che ciò che hanno avvalorato i ragazzi siano tutte e solo ipotesi.
Ma se fosse vero?
Presa dal panico potrebbe commettere sciocchezze, ha ragione Sorcia. Meglio lasciar fare lei. Senza destare sospetti in Demoiselle, il tempo che abbiamo a disposizione potrebbe essere maggiore.

Rimasta nuda entro in bagno e comincio a far scorrere dell'acqua calda nella doccia, il tiepido vapore che genera quasi mi solleva dai pesi che avverto in fondo al cuore.
Vorrei che questa sensazione non finisse mai, ma rassegnata al mio destino, dopo una breve rinfrescata, esco dalla doccia e torno in stanza.

Accesa la lampada, davanti all'armadio, cerco di accostare un pantalone a una t-shirt alla sans-façon: giusto per non sembrare una vagabonda, sono sufficienti la mia faccia e le mie occhiaie a ricordarmi che un mendicante dorme più di me.

Tempo di spostare due o tre stampelle per decidere la mise, e ho la certezza di essermi schiantata sul letto appena usciti i miei compagni. Poco fa, la stanchezza ha giocato a mio sfavore:
la porta è rimasta senza nessun giro di chiave nella toppa.

<<Oddio!>>

La manina di Faretto dondola su e giù nell'aria in segno di qualcosa; ma cosa non mi importa ora!

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