19. Faretto e la dura realtà 💔

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La notte fonda sembra essere tormentata per tutti.
Faretto non è da meno. Seduto alla scrivania nella sua camera è lì intento a provar di rendersi utile...

<<Mò ti riparo io. Tze, figurati se non son capace ad aggiustare sto coso.>>

Poggio l'occorrente sul piano e accendo la lampada.

<<Orologio... tu m'hai provocato? E io te sistemo!>>

Con il cacciavite tolgo il coperchio posteriore e quello che mi si para davanti comincia a far traballare le mie sicurezze.
Due goccioline di sudore scendono dalla fronte solitarie, ma io non mi perdo d'animo: <<Beh! E che ce ? Suzette lo dice sempre! E che ce ?>>

Strizzo gli occhi disperato: <<Che ce ... te pare facile Madame!>>

Sospiro e recupero coraggio ma tutte queste rotelle mi fanno venire solo un'emicrania terribile.
Dopo una breve panoramica, con gli occhi inquadro un'asticella immobile e asociale che spicca lontano dall'ammasso di ingranaggi e segmenti di metallo.

<<Sei tu. Sono sicuro. Aha! non mi freghi!>>

Convinto sia quest'ultima la causa del malfunzionamento, provo a smuovere la lamierina sottile con le dita.

<<Oh, porca paletta!>>

L'asta si stacca prepotentemente dal resto e una rondella si catapulta sulla mia fronte.

<<Oddio! L'ho rotto! Ma porca di quella ladra, di quella miseria...>>

Mi alzo nervoso, e agitato comincio a far su e giù per la stanza: <<Ora che dico a Suzette!>>

Di nuovo davanti al maledetto aggeggio meccanico mi convinco che esso non può vincere sulla mente umana.

<<In fondo un cervello come il mio t'ha creato no? Vabbè non proprio come il mio, ma comunque mica so' stupido! Ci sarà un modo no? Suzy ce la fa! Madonna che figura becera che ci faccio!>>

Mi siedo di nuovo prendendo coraggio: <<Faretto. Tu... ce la farai.>>

Impugno il cacciavite fra le mani e non sapendo da che parte iniziare comincio dalla prima vite che mi capita a tiro.

<<L'ultimo... giro... forza.>>

Le parole s'arrestano, quando un altro pezzo si stacca allegro dal marchingegno saltando via nemmeno fosse rimbalzato da un tappeto elastico.

A questo punto mi porto la mano al mento e avvilito mi arrendo al potere indiscusso della meccanica.

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