Saremo tutti famosi

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Ieri sera Romina ha deciso che dovevamo uscire.

"Io e te da sole."

Quando m'è venuta a prendere, verso le nove, s'era appena tagliata i capelli cortissimi. E biondissimi. Mi ha guardata e mi ha detto soltanto:

"Bowling."

Non era una domanda, era un grido di guerra. Ho guidato io la sua macchina, perché guidare mi rilassa. È un periodo in cui ho bisogno di rilassarmi e non pensare a niente. Romina non riusciva a nascondere la soddisfazione di essere solo noi due. Dentro la macchina parlavamo e ridevamo spensierate. Il mondo era lontanissimo, fuori dai finestrini.

Io proprio non sono capace di giocare a Bowling: anche solo a vedere come afferrassi la palla a due mani, Romina si buttava via dalle risate. Se non fosse che ha una voce bellissima ed è lei stessa una gran bella ragazza, forse ci avrebbero anche ripreso per la confusione che facevamo. Invece non dicevano niente. Il ragazzo al bancone cercò, un paio di volte, di invitarci ad abbassare il volume. Ma senza grande convinzione.

Poi Romina si stufò del Bowling.

"Proprio adesso che stavo quasi imparando", dissi io che avevo abbattuto a malapena un birillo.

In realtà anche a me andava bene di smettere. Io sarei rimasta a bere qualcosa al bar, mentre Romina voleva andare via. Da quando avevo cominciato a parlare con il tizio del bancone, tutto sorrisetti e battutine, sembrava infastidita.

"Va bene, ma dove vuoi andare?", le chiesi appena uscite.

Romina fece spallucce e scoppiò a ridere.

"Sta' a vedere."

Disse soltanto questo. La cosa cominciò a preoccuparmi, dato che la mia amica è mezza matta e non si sa proprio che cosa le passi per la testa. Quella sera era in vena, perché la sentii avvicinarsi a una macchina che cercava parcheggio. Fece segno di abbassare il finestrino. E disse soltanto, con estrema naturalezza:

"Ciao. Me lo daresti un bacio?"

Io pensai di non aver sentito bene. Però i ragazzi dentro la macchina erano scoppiati a ridere. Anch'io risi, ma a singhiozzo, come un motore che non parte. Non avevo mai visto Romina baciare qualcuno. A volte mi chiedevo se l'avesse mai fatto. Era una bella ragazza, alta, bionda, con gli occhi di un azzurro così chiaro che sembrano di ghiaccio.

Il ragazzo non si tirò indietro. Sporse la testa dal finestrino per baciarla meglio. Si fosse visto: che faccia da fesso aveva fatto!

Ma appena il bacio finì, Romina ci spiazzò di nuovo tutti quanti:

"E ora sorridi: c'è una telecamera là e una là –gli indicò due punti a caso, nel buio. E tu sei appena stato ripreso per un gioco televisivo!"

Il ragazzo se ne andò frastornato con i suoi amici che, dai sedili dietro, ridevano e gli davano grandi pacche sulle spalle, senza articolare nulla di più comprensibile. Romina insisteva, crudele:

"Sei contento?"

"Sì... Beh... Certo... Io..."

Mi avvicinai quel tanto che bastava per prenderla sotto braccio e trascinarla discretamente via. Sentendosi tirare, mi guardò e mi chiese:

"Perché non ci provi anche tu?"

"Ma che cazzo hai per la testa?"

La sola idea di imitarla mi disgustava. Arrivai persino a irritarmi parecchio per la sua proposta. Dopo un attimo di silenzio, dopo un rapidissimo gelo, Romina adocchiò un'altra macchina, fra le tante che si aggiravano in cerca di un posto. E scattò in avanti, per paura che cercassi di bloccarla.

"Ciao. Me lo daresti un bacio?"

Il nuovo ragazzo sembrava non capire. Si fece persino ripetere la domanda:

"Ho detto: me lo daresti un bacio?"

"Ma dici a me? Ma ci conosciamo?"

Al solito gli amici in macchina con lui si diedero a risa improvvise e sguaiate. Ma Romina aveva lo sguardo irritato. Con me, forse. O con loro. O con se stessa, valla a capire. E gli incollò le sue labbra all'improvviso. Salvo poi fare poco dopo un passo indietro. Si pulì le labbra col braccio, e gli disse, a bruciapelo:

"E questo sarebbe un bacio?"

Il ragazzo diventò rosso per la rabbia. Quando aprì la portiera e scese, io ebbi davvero paura che le cose si mettessero male, che chissà che cosa avremmo rimediato. Romina invece rimase ferma dov'era, non si scompose. Non indietreggiò nemmeno quando il ragazzo la afferrò e cominciò a baciarla con un trasporto rivolto a mostrare, agli amici dentro la macchina, che non si faceva mettere sotto da una svitata.

Non contento, cominciò anche ad allungare le mani. Ma Romina seppe inventarsi uno strano sorriso professionale e distaccato, giocando il tutto per tutto nel ripetergli che c'erano le telecamere nascoste e che tutto era finto. Anche la provocazione, quindi. Con un tempismo di cui non mi sarei mai creduta capace, avanzai verso di loro e la chiamai dicendo, come una regista:

"Okay, stop. Basta così. Molto bene, complimenti a tutti e due."

Siccome nessuno si muoveva, stesi la mano verso il ragazzo, per stringergliela. Il mio gesto lo riscosse, tanto che si voltò verso i suoi amici in macchina come nemmeno un eroe greco. E meno male, perché non so, altrimenti, come ce la saremmo cavata. Non restammo a lungo nel parcheggio perché io spinsi Romina fino a raggiungere la sua macchina. Misi in moto con il cuore in gola per l'agitazione. Partii quasi sgommando.

Romina era diventata silenziosa come una statua. La sgridai per una buona mezz'ora senza ottenere alcuna reazione. Più volte mi guardò, dal sedile a fianco. Ma non disse mai nulla. Quando spensi l'auto di fronte a casa mia, mi appoggiò per un attimo la mano sulla spalla. Ma subito la tolse. Poco dopo ci salutammo, senza fare alcun commento.

Romina lasciò la macchina sotto casa mia e si avviò a piedi verso casa sua.

"Devo prendere un boccata d'aria."

Romina è così. Non ha paura di nulla. Nemmeno di quello che fa paura.

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