La resa

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La fila interminabile dei prigionieri marciava sulla pianura innevata. Era così lunga che non si riusciva a vederne la fine. Qualcuno sosteneva che li stessero trasferendo alle Terre Aride. Tuttavia, si faceva notare le Terre Aride erano dalla parte opposta rispetto alla direzione di marcia della carovana. Segreto militare! Segreto militare! Sembrava che tutto potesse essere messo a tacere da queste due semplici parole, come se fossero la spiegazione e la giustificazione di ogni contraddizione. Persino di ogni sciocchezza che passasse per la mente.

Due guardie scortavano i prigionieri. Sarebbero dovute rimanere a molti metri di distanza, l'una dall'altra. Anche perché il numero dei prigionieri sovrastava quello dei soldati che li stavano scortando di dieci a uno. Ma nessuno sembrava preoccuparsene. Ci si contentava di trattarli senza alcuna umanità, per mostrare che non facevano paura. Li si colpiva senza bisogno di scuse, a casaccio. Gli si infilava il fucile fra i piedi per farli inciampare. Li si abbatteva con una improvvisa bastonata alle spalle, senza mai ottenere alcuna reazione. E si rideva per lo scherzo. Non era la cattiveria a muovere le guardie. Era l'inquietudine.

I soldati erano molto sollevati per l'esito della guerra, che, se non era ancora finita, di certo non sarebbe potuta durare a lungo. E se era vero (segreto militare!) che i nemici erano stati sul punto di costruire un'arma decisiva, allora aver ripreso le città perdute, aver catturato migliaia di prigionieri, non poteva accadere in un momento più decisivo.

Giunse poi voce che la colonna dei prigionieri fosse diretta verso la Capitale.

"Io li avrei mandati alle Terre Aride. Che era il posto giusto per loro", disse un soldato della scorta.

"E ci andranno, secondo me", rispose il compagno. "Solo che, al Comando, secondo me hanno altri piani. Vogliono prima godersi un po' la faccenda..."

Negli occhi di entrambi si fece largo l'immagine della processione degli sconfitti sotto i palazzi del Governo. O nei grandi viali in cui la folla si sarebbe accalcata per vederli.

"Facciamo pure vedere, al mondo intero, come finisca chi si mette contro di noi!"

Le guardie non avevano ricevuto alcun dispaccio. Erano a lato di una colonna di uomini di cui non vedevano l'inizio né la fine. Non spettava a loro capire dove fosse diretta, ma solo continuare a marciare.

L'arma decisiva a cui i nemici stavano lavorando, si diceva che fosse un'arma diversa da tutte le altre. Eppure non era un'arma capace di devastazioni. Non sarebbe servita a distruggere aeroporti, città, basi militari. Sarebbe stata un'arma, da quello che se ne diceva, in grado di condizionare la mente.

"Ma ci pensi? Che razza di idee! A me piacerebbe conoscerlo uno a cui il Comando nemico ha chiesto di sviluppare una nuova arma e che come risposta ha detto: Tranquilli: farò credere loro di essere conigli."

"Perché poi, dei conigli?"

"Conigli era per dire. Di fatto condizionare la mente permetterebbe di ottenere qualsiasi cosa."

"Sì, ma perché tu avevi pensato a dei conigli?"

"Tu li hai mai visti dei conigli combattere? Con la divisa, i fucili e gli scarponi? Pensa se ci avessero fatto credere, a tutti quanti, di essere dei conigli."

L'altro aveva intuito il discorso anche se non era molto pratico con le metafore.

"Io, per me, coniglio lo diventerei anche."

I due si guardarono per un attimo negli occhi. Poi si fecero una grassa risata. In effetti era da tempo che, in quelle lande desolate, non assomigliavano in nulla a dei conigli.

"Pensa", riprese l'uno. "Pensa se ci avessero invece convinto ad attaccare nel punto peggiore. O a toglierci ogni armatura e attaccare nudi, armati solo di un pettine e uno specchio!"

"Ma io non lo so neanche come ti vengano."

L'atmosfera si stava scaldando. I prigionieri ormai non li guardava più nessuno. Anche perché marciavano senza il minimo tentativo di fuga. Ordinati. Silenziosi.

"Se davvero fossero riusciti a mettere a punto un'arma del genere, per noi non ci sarebbe più stato scampo."

"Per nessuno ci sarebbe più scampo."

La verità pronunciata dalla guardia era lampante e definitiva. Tanto che il compagno pensò che a non replicare sarebbe passato per sempliciotto.

"Con un'arma come quella che dici tu, basterebbe convincerci..."

Tuttavia non gli veniva in mente niente di abbastanza clamoroso da causargli il fugace vantaggio in una conversazione. Poi ebbe un'illuminazione:

"Senti qua: per farci smettere all'istante di combattere, basterebbe convincerci di una cosa, se ci pensi. Basterebbe convincerci di aver già vinto la guerra."

I due si guardarono negli occhi. Osservarono la lunga fila di prigionieri diretti silenziosamente verso la Capitale.

E risero a crepapelle.

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