La preda

34 6 6
                                    

Claudio era piuttosto infastidito per come, al lavoro, ci fosse un intero stuolo di donne che gli giravano attorno. Letteralmente. Essendo le sue collaboratrici sensibilmente più basse, davano proprio l'impressione di essere piccole api operaie che volino attorno alla propria regina.

Al vederle così in balia dei suoi occhi azzurri e della sua avvenenza, così pronte a ridere di ogni facezia, gli sembravano conquiste da poco sforzo. Territori in cui non valesse la pena avventurarsi. Oltretutto non erano il tipo di persone a cui avrebbe mai pensato quando gli veniva voglia di divertisti, la sera.

Piuttosto che cedere ai loro continui inviti di uscire per una pizza, un aperitivo o, peggio ancora, un working dinner, ammantati dall'idea di parlare di chissà quali strategie di vendita, preferiva uscire per conto suo. E passare in rassegna i locali in piena libertà, senza che nessuno lo affliggesse col suo fastidioso cameratismo. Ma cercare qualcuno da attrarre grazie a una conversazione affascinante, un'entrata in scena degna di nota o anche solo un'occhiata insistente.

Claudio preferiva cercare persone come la ragazza in fondo al bancone. Apparentemente da sola, benché con l'aria di guardarsi continuamente attorno, come se stesse aspettando qualcuno. Quello era il momento. Dopo l'ultima occhiata andata a vuoto era il caso di intervenire.

"Verrà? Non verrà? E chi può dirlo!"

La ragazza lo guardò incerta. Poi, dopo un attimo di esitazione, stette al gioco.

"Verrà. Fra poco verrà."

Non aggiunse altro. Arrossì, ecco: quello sì. Per mostrare di non essere abituata a quei modi brillanti, a quelle pose da film. O a fare queste cose tanto da grandi. Claudio si trovò quasi costretto ad insistere.

"Ma non ti troverà."

"E perché non mi dovrebbe trovare?"

"Chi lo sa: magari perché ti sarai stancata di aspettare. E sarai uscita."

"Ma io non mi stanco facilmente."

"Sei proprio una donna piena di virtù, quindi. A proposito, io sono Claudio."

La ragazza lo guardò per un attimo brevissimo.

"Piacere."

"E, se posso chiederlo, con chi ho il piacere?, chiese Claudio sorridendo."

"Ma sembrava chiaro: sono una donna piena di virtù."

"Ah, ecco. Bene. Piacere. Posso offrirti qualcosa da bere?"

La ragazza rifiutò come da copione. Poi rettificò:

"Però potresti offrirmi di fare due passi. Qui dentro si muore dal caldo."

Colto in contropiede, Claudio cercò prima la conferma di non aver frainteso.

"Ma tu accetteresti?"

"Vediamo: in quanto piena di virtù, secondo te dovrei?"

"Dovresti. Certamente. Senza contare che fare due passi è una cosa salutare."

Quando spinse la porta a vetri del locale, Claudio si accorse che la ragazza aveva piedi bellissimi. Bianchi come la neve, il secondo dito aveva un anello da piede d'argento. I sandali erano leggerissimi, qualche laccio soltanto a trattenere la suola di cuoio. Poco mancava che fosse scalza.

La serata in effetti era afosa. Giusto il ghiaccio dentro ai bicchieri riusciva in qualche modo a smorzare quel calore.

"Vieni andiamo di qua. Conosco io un posto."

Claudio avrebbe voluto condurre, ma la ragazza sorrise e rallentò il passo.

"Piano. Io ancora non ho detto che ti sto seguendo. Non sarebbe bello se ti seguissi così, senza nemmeno conoscerci. E poi, come ho detto, aspetto un altro."

Claudio rise, buttando la testa all'indietro e mostrando di intendere che quel no significava sì. O di credere che il suo stesso gesto, come già tante altre volte, avrebbe avuto ragione di ogni resistenza.

"Ma noi, in realtà, ci conosciamo. Non ti ricordi: mi chiamo Claudio. E tu ti chiami Donna piena di virtù."

"Quando è così..."

Dopo altri due passi, lei rallentò di nuovo. E aggiunge, arrossendo:

"Ma non da quella parte: di qua."

Gli indicò una strada meno illuminata, lastricata da un pavé sconnesso. Chissà perché il pavé è sempre sconnesso? Chissà per quale ragione non c'è mai modo che riesca a rimanere in ordine per un tempo abbastanza lungo senza che qualcuno debba risistemarlo.

Claudio fu sul punto di mettersi a parlare della sua avversione per le lastre di porfido, ma si sentì tirare la mano. Erano le dita lunghe e sottili di lei che lo stavano tirando verso il muretto del vicolo.

Lui rispose a quella leggerissima trazione come una corda di chitarra che vibri per simpatia. Sennonché rimase con la bocca aperta mentre la Donna piena di virtù gli piantò nel ventre un coltello che teneva nella pochette.

Sentì freddo, prima di sentire qualsiasi altra cosa. La testa prese a girargli. Non riusciva più a dire nulla. Quando cadde sulle ginocchia, la ragazza gli bisbigliò all'orecchio:

"Come vedi, tutti abbiamo i nostri piccoli difetti."

Claudio sorrise, socchiudendo gli occhi. Poi alzò i pantaloni beige che nascondevano un coltello legato al polpaccio.

"Peccato..."

Avrebbe voluto aggiungere altro. Almeno sorriderle, con un cenno d'intesa che solo loro due avrebbero potuto capire. Ma riuscì soltanto ad articolare:

"Peccato..."

La vista gli si annebbiò. Sentì crescergli dentro una infinita fame d'aria che non avrebbe mai avuto modo di soddisfare.

ElementiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora