La nostra specie

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"Ma noi perché stiamo dando per scontate tutte queste cose?"

Sulle prime il Comitato di Crisi sembrava incerto sul come considerare l'intervento. Se trattarlo come meritevole di risposta, oppure se alla stregua di una semplice intromissione. Prevalse la linea morbida:

"E che cosa staremmo dando per scontato, secondo lei, Professore?"

"Ad esempio..."

Sembrava che la voce dovesse mancargli. Che la lingua gli si attaccasse al palato e lui non riuscisse più a proseguire. Ma poi si fece forza, nonostante tutte le persone che lo stavano guardando e concluse la domanda:

"Stiamo dando per scontato che le navi Proximane in avvicinamento alla Terra abbiano intenzioni ostili nei nostri confronti. Sulla base di quali elementi stiamo facendo questa ipotesi?"

Gelo e imbarazzo nell'assemblea. Sguardi rivolti altrove. Decisamente no: non c'era tempo per quel genere di domande. Ne rimaneva poco persino per quelle importanti. Figurarsi per le pie illusioni, per le anime belle. I lavori proseguirono, trascurandolo con fredda cortesia.

Durante una pausa il Professore venne avvicinato da uno steward che, non senza cerimonie, lo portò all'ufficio del Vicepresidente.

"Entri pure, Professore. Fatto buon viaggio?"

"Sì, grazie. Un buon viaggio..."

Il Vicepresidente sorrise in modo vago.

"Lo sa che la sto seguendo da anni? Trovo i suoi lavori affascinanti. Quelli di cinque anni fa', alla Cornell, come gli ultimi, dopo il trasferimento a Canberra. Affascinanti pur nella loro diversità."

Il Professore si stupì che l'ospite parlasse con cognizione di causa.

"Si sieda. Voglio mostrarle una cosa."

Con una certa sorpresa il Professore vide proiettare contro la parete un filmato scolastico. Si ricordò persino di averlo già visto, anni prima.

Era la storia della scoperta di una civiltà avanzata sul terzo pianeta in orbita attorno a Proxima Centauri. Della scoperta reciproca fra le due civiltà. Degli scambi di segnali, faticosamente diventati messaggi. E infine condivisione di informazioni. Di visioni del mondo, di idee sulla vita e sul significato del tutto. Duecento anni di scambi esaltanti. La parte più sconvolgente e magnifica della storia dell'umanità.

Ricorreva il bicentenario di questi eventi che già molte generazioni di uomini avevano incorporato nelle proprie tradizioni. Il Vicepresidente spense il filmato e riprese la parola.

"Tutti noi le stavamo aspettando. Da tempo ci prepariamo all'arrivo di queste navicelle spaziali. C'erano dubbi su quante sarebbero state, su quale forma di propulsione avrebbero avuto."

"Ma con tutti i contatti che ormai abbiamo con i Proximani, non ci sono mai stati scambi su questo punto?"

"Nessuno. Come ci attendevamo. E questo ha sempre contribuito a mantenere alta la nostra ansia. A tenerci, per così dire, tutti uniti. Si ricordi, Professore, che gli ultimi duecento anni sono stati il periodo più pacifico della storia dell'umanità."

"Certo non il più prospero."

"Questo no. Soprattutto all'inizio. Duecento anni fa' abbiamo affrontato enormi problemi energetici da cui ci siamo lentamente ripresi."

"Però ancora non capisco, mi scusi. A che cosa debbo questo breve riassunto della storia del mondo che si è sentito in dovere di farmi."

Il tono voleva essere scherzoso. Con la scusa di bere un sorso d'acqua, il Vicepresidente prese tempo.

"I problemi energetici furono la conseguenza di altre scelte che furono fatte a suo tempo."

"Scelte?"

"Sì. La Società delle Nazioni di allora prese una decisione. E fu quella di mandare le nostre navicelle verso Proxima."

Il Professore continuava a non capire.

"E questo lo so. Come penso lo sappia ogni uomo e addirittura ogni bambino della Terra. Ce l'hanno sempre insegnato, fin dalle scuole..."

"No, lei non sa nulla."

Il tono era completamente cambiato. Non c'era irritazione nella sua voce. Piuttosto la voglia di arrivare al dunque. Il Professore avrebbe voluto fare mille domande. Ma all'improvviso si era fatto il vuoto dentro la sua mente. Un vuoto da cui una sola domanda uscì:

"Io perché sono qui?"

Il Vicepresidente sorrise.

"Stiamo valutando opzioni. E abbiamo bisogno che lei ci aiuti a elaborarne le conseguenze."

"Ma io non so se... Quali opzioni?"

"Abbiamo bisogno di persone con la sua onestà intellettuale, che ci aiutino a ragionare fuori dagli schemi."

Quando il Professore cercò di insorgere, il suo ospite non lo lasciò proseguire:

"Perché abbiamo un grosso problema fra le mani. Di cui al momento nessuno, al di fuori dei membri del Comitato di Crisi, sa nulla."

"Come «non sa nulla»? Quello che succede è sotto gli occhi di tutti. Da anni, ormai. Da..."

"Lei dice? E «sotto gli occhi» è il posto in cui lei riesce a vedere meglio?"

Il Professore sentì le proprie convinzioni vacillare, ma continuò ugualmente a difendere la posizione:

"Tutto il mondo sa che una colonia di umani, ormai estinta per problemi di infertilità a circa un quarto del viaggio spaziale, era diretta verso Proxima. La flotta su cui erano imbarcati sta ora raggiungendo la propria destinazione, benché priva di equipaggio.

Quello che invece io non so e che tanti, in tutto il mondo, si chiedono, è perché non sia mai stata mandata una seconda spedizione."

"Non serviva."

Il Vicepresidente sembrava non voler aggiungere altro. Lo scienziato cominciava a innervosirsi per l'incoerenza di quello che gli veniva raccontato.

"Come fa a dire che non serviva?"

L'ospite sorrise. Ma aveva un sorriso amaro.

"Davvero non ci arriva, Professore?"

I due uomini si fissarono, insistentemente, negli occhi. Il politico cedette. E spiegò.

"Quale obbiettivo pensa mai che potessero avere tutte le navicelle che abbiamo mandato? Il commercio, forse? Quale oggetto vale duecento anni di viaggio?, ma andiamo! Lo scambio culturale? E c'era bisogno di andare fisicamente fin là? Non sarebbe bastato continuare con i segnali radio?"

Solo a quel punto il Professore cominciò a vederci un po' più chiaro. E a capire perché l'arrivo della flotta aliena mettesse tanto in agitazione la Società delle Nazioni. Perché la flotta Proximana e quella terrestre erano partite nello stesso momento. Probabilmente con lo stesso scopo.

"E adesso? Che facciamo?"

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