Fogli di carta

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Il signor André, aspettando l'arrivo della metropolitana, diede uno sguardo all'orologio. Ma uno di quegli sguardi distratti, al termine del quale non avrebbe saputo dire che ore fossero.

Il suo ufficio si trovava a metà strada fra due fermate, una sottoterra, l'altra in superficie a ridosso della Senna. Il signor André preferiva allungare la strada per prendere la metropolitana nella stazione a cielo aperto. Gli piaceva vedere i treni che sbucavano da sottoterra. E sentire il soffio di aria fredda e buia che il treno spingeva avanti. E alzare lo sguardo verso i palazzi illuminati che si affacciavano sul fiume, le finestre dalle tende scostate, le tappezzerie, le fotografie appese alle pareti.

Il primo foglio non lo vide nemmeno. Non lo notò, per meglio dire. Sembrava uno dei tanti fogli pubblicitari gettati a terra e calpestati dai viaggiatori. Era completamente bianco, con una sola frase a caratteri neri, maiuscoli. Che il signor André, soprappensiero, non ebbe voglia di sforzarsi a capire.

Non c'era niente un attimo prima. Questo, con un certo sforzo di memoria, pensò di poterlo affermare con certezza. Era come se il foglio fosse spuntato all'improvviso. E l'unico luogo da cui poteva essere spuntato era la porta di ferro lungo la parete.

La porta era mimetizzata dai decori e così piccola da passare inosservata ai viaggiatori lungo la banchina. Probabilmente oltre la porta c'era un minuscolo sgabuzzino, forse un deposito di scope. Il signor André si guardò intorno perplesso. Poi ruotò la testa di quel tanto che bastava per leggere le parole scritte sul foglio. Anche a rovescio, una parola era già riuscito a decifrarla: Morte.

Leggendo la frase per intero, suonava ancora più strana:

«PER TUTTI LA MORTE HA UNO SGUARDO.»

Sulle prime scrollò le spalle. Sembrava, appunto, una trovata pubblicitaria. Senza loghi, senza marchi, senza nulla da vendere. Un po' macabra, per la verità.

Fu in quel momento che un secondo foglio uscì da sotto la porta. Diceva:

«SARÀ COME SMETTERE UN VIZIO, COME VEDERE NELLO SPECCHIO RIEMERGERE UN VISO MORTO.»

Il signor André si guardò intorno. Nessuno dei passanti aveva notato i fogli. Badavano tutti quanti alle proprie borse della spesa, alle cravatte allentate. O si perdevano dentro gli schermi dei cellulari, sorridendo ebeti a persone lontane.

Il signor André provava un certo, inesprimibile, disagio. Perché era come se, in qualche modo, fosse più coinvolto rispetto a tutti gli altri, come se avesse una maggiore responsabilità. Guardò di nuovo l'orologio, ma anche questa volta il suo gesto fu così automatico che non gli rimase impressa l'ora.

Poco dopo arrivò, di soppiatto, un terzo foglio. Quello lo vide bene: qualcuno lo aveva infilato sotto la porta e lo aveva lanciato verso la banchina. Poté sentire distintamente il rumore della carta trascinata sul pavimento.

«SCENDEREMO NEL GORGO MUTI.»

Improvvisamente il signor André si irritò. Quelle frasi gli lasciavano un certo amaro in bocca. Camminò avanti e indietro. Fu tentato di allontanarsi. Ma poi, al contrario, rimase, quasi per affermare il proprio diritto a non essere importunato. Ad ogni secondo l'irritazione cresceva. Dopo un paio di minuti non riuscì a trattenersi e sbottò:

"Oé! Ma come si permette di dire certe cose? Che cosa vorrebbe dire tutto questo?"

Molti, intorno, si voltarono per cercare di capire che cosa stesse succedendo. Staccarono gli occhi dai cellulari per guardare la scena. Di cui non capirono molto. C'era solo un uomo irritato che parlava a una porta chiusa.

Più la gente lo osservava senza dir nulla, più il signor André, imbarazzato, si irritava. Arrivò a battere con il palmo della mano sulla porta. Altre persone lo guardarono. Chiese:

"C'è qualcuno lì dentro?"

Alle sue spalle sentì dei risolini divertiti. La gente a poco a poco tornava alle proprie occupazioni. Forse bisognava andare al gabbiotto della biglietteria a protestare. Bisognava salire le scale fino al cavalcavia che superava i binari. E scendere dalla parte opposta. Magari farsi anche la fila.

Tutto diventò meno importante quando sentì il rumore del treno che arrivava. Sembrò ovvio lasciar cadere ogni altra considerazione. Il signor André raggiunse il punto esatto della banchina in cui solitamente si metteva ad aspettare i treni. Il punto in corrispondenza del penultimo vagone della metropolitana. C'era una piccola macchia di vernice in quel punto. Una macchia che già migliaia di volte il signor André aveva visto e misurato col piede. Che persino di notte, senza rendersene conto, tornava ogni tanto nei suoi sogni.

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