I violinisti

21 2 8
                                    

«Certo. Mi sembra molto ragionevole.»

Intanto che parlava al cellulare, l'uomo annuiva.

«Però io non vedo, come dire... non vedo un vero valore in tutto questo. È un polverone che non avrà seguito. Glielo dico io che non avrà seguito. Sono... mode, ecco! Il mese prossimo si parlerà d'altro.»

Uno scossone della metropolitana, appena prima della stazione Garibaldi, lo fece sussultare. Per poco non gli sfuggì di mano il cellulare. Si scusò con gli occhi con la donna che aveva urtato e riprese:

«Sì. Questo è vero. Ma è pur sempre di viaggi e viaggiatori che stiamo parlando. Sì, esattamente: la nostra è un'agenzia di viaggi a tutti gli effetti.»

Stava per aggiungere altro ma, nell'ascoltare la risposta, gli cadde l'occhio sull'orologio. Era in metropolitana, non aveva modo di affrettarsi. Tuttavia lo irritava il pensiero di arrivare in ritardo.

«Ecco, perfetto. Siamo intesi, allora. Preparo il preventivo e glielo giro.»

«...»

«Certamente. A risentirci.»

Arrivato al capolinea, invece di prendere le scale mobili, percorse tutta la banchina fino in fondo. Un ragazzo e una ragazza, vedendolo arrivare, si alzarono in piedi. Anche se poi furono indecisi prima di capire che era davvero lui, quello che stavano aspettando. Avevano parlato soltanto al telefono.

L'uomo che si fece loro incontro, con fare deciso, aveva una sessantina d'anni. Mani grosse e forti, una pancia larga che sorgeva improvvisa su gambe secche secche, tanto da sembrare uno strano bottiglione disegnato dai bambini. Il suo volto era coperto da una barba di qualche giorno, dai corti peli bianchi. I suoi occhi azzurri se una cosa facevano era sconsigliare. Sconsigliavano la domanda, sconsigliavano l'insistenza. Invitavano semplicemente a tacere e lasciar fare.

L'occhiata che rivolse loro fu così attenta che i ragazzi cominciarono a riconsiderare il proprio abbigliamento.

«Uno solo o tutti e due?» chiese soltanto.

La ragazza si affrettò a rispondere, sorridendo imbarazzata:

«No, no. Uno solo. Lui. Io non ce la farei mai.»

Era evidente l'ammirazione per il fidanzato.

«D'accordo.»

Fu l'unico commento che ottennero, perché l'uomo si mise a cercare, sulla panchina, un posto sufficientemente pulito per appoggiare il borsone sportivo che aveva in mano.

«Prima volta?»

«Come?» chiese timidamente il ragazzo.

La ragazza si fece avanti e rispose al suo posto:

«Chiede se è la prima volta. Sì, certo. La prima.»

«Il vestito va bene. Le scarpe no.»

L'osservazione non richiedeva risposta. Il ragazzo lo guardò impacciato senza sapere bene come proseguire. Finché non vide che l'uomo estraeva un paio di scarpe dal borsone.

«Metta queste.»

«Ho il quarantuno.»

Per la prima volta l'uomo lo fissò negli occhi, immobile. Poi gli parlò lentamente, attento che nessuna parola venisse persa:

«Mi faccia capire. Lei crede che queste persone vadano nei negozi di scarpe a scegliere il numero giusto?»

«No, beh, in effetti...»

«... quelle del colore giusto, magari con la moda del momento?»

«No. Ok. Capito.»

Il ragazzo prese i mocassini consunti che l'uomo gli stava tendendo. Si sedette sul seggiolino per sfilarsi le scarpe che diede alla ragazza.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 25, 2018 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

ElementiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora