Il tesoro delle stelle

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"Attenzione, Shannon. Dopo i primi metri di discesa, c'è un punto in cui il montacarichi accelera all'improvviso. Sembra quasi di cadere. Niente paura: è solo Slow Willy!"

"Slow Willy, signore?"

"Sì. L'hanno chiamata così i ragazzi della base. Dicono che era un cartone animato di una lumaca. In effetti, tolto il salto all'inizio, poi ci mette una vita a scendere fino all'ultimo livello sotterraneo. Meglio mettersi il cuore in pace. Ecco: ci siamo."

"Come dice, signore?"

"Meglio tenersi. Ora accelera."

Il sergente Shannon era molto stupito per le raccomandazioni dell'ufficiale. Invece di limitarsi a qualche ordine scarno, a qualche cenno come aveva fatto durante tutta la notte, ora che erano dentro la base, al termine della missione, sembrava volergli spiegare ogni cosa, sembrava volerlo convincere. Solo poche ore prima era stato un compagno di viaggio silenzioso e indecifrabile. Freddo. Perennemente all'erta.

La destinazione della missione era stata comunicata al sergente soltanto il giorno prima. Era stato convocato alla base militare Casper dell'Ottantunesimo per le cinque del pomeriggio. Si presentò al tenente e insieme presero in consegna una valigetta metallica poco più grande di una ventiquattr'ore. Li aspettava un viaggio lungo una notte intera, che cominciarono subito dopo aver cenato in una roadhouse poco lontana.

Per non dare nell'occhio si misero in abiti civili. Il tenente McKinnock sfoggiò dei pantaloni larghi in tessuto scozzese e una coppola bianca che lo faceva sembrare un venditore di auto in pensione. O un giocatore di golf della domenica. Veniva quasi da sorridere, da scambiarlo per un innocuo e bonario vecchietto. Ma invece di sentirgli raccontare l'ultima barzelletta su Las Vegas, terminandola con una risata contagiosa, ci si scontrava presto con l'ostinazione del suo sguardo. Con la silenziosa determinazione di ogni suo gesto che metteva in soggezione. Chi aveva pensato di scambiare con lui due chiacchiere sul tempo, ripensandoci, tirava diritto. Qualcosa non quadrava. Non era chiaro che cosa. Solo che era meglio lasciar perdere e passare oltre.

Verso la fine della cena, McKinnock disse di dover andare in bagno e portò con sé la valigetta. Dopo qualche minuto, non vedendolo tornare, il sergente cominciò a guardarsi intorno.

"Ma quello non era il vecchio che era con lei?, chiese la cameriera."

Non si sbagliava. Il tenente si era seduto in macchina ed era rimasto immobile ad osservarlo, da oltre le vetrate. Shannon finì in due morsi l'hamburger, pagò il conto e uscì a passo rapido dal locale.

"Quanto le devo?, chiese McKinnock."

"Non fa niente. Offro io."

Si sentiva dall'esitazione che il tenente non sarebbe stato d'accordo ma che la strada era lunga e fare una questione all'inizio del viaggio non era nei suoi piani. Per cui lasciò fare.

Arrivarono a destinazione alle prime luci dell'alba. Si misero in coda dietro una lunga fila di macchine che uscivano dalla highway. E che, stranamente, erano tutte dirette alla base. Dovettero aspettare dieci minuti prima che i controlli all'ingresso permettessero a tutti quanti di entrare.

"Ma cos'è?, chiese Shannon stupito. Una festa?"

Il tenente avrebbe voluto rimanere serio ma si capiva chiaramente dai suoi lineamenti più distesi che aver finalmente varcato il perimetro della base doveva avergli dato una certa sicurezza. La missione stava per terminare.

Non avevano parlato molto durante il viaggio. Sì e no erano arrivati a una ventina di parole. Mentre il sergente guidava, il tenente aveva allungato le gambe e inclinato un poco il sedile, rimanendo con gli occhi ben aperti. Shannon aveva passato il tempo per lo più fantasticando sulla valigetta. Non gli era chiaro se il tenente McKinnock sapesse quello che conteneva. Forse, pensò, era un esplosivo. Forse un virus o un agente batteriologico. Anche se personalmente propendeva per la tesi dell'esplosivo. Magari qualcosa di nuovo e dal potere devastante. Gli agenti batteriologici avrebbero richiesto, a suo modo di vedere, ben altre misure di sicurezza.

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