8-Mamma, Papà e...Jacob

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Quando mi staccai dalle sue labbra una strana sensazione iniziò a farsi spazio nel mio stomaco. Senso di colpa?

"Liz?".

"Come?". Scossi la testa, liberandomi dai miei pensieri.

"Ti squilla il telefono". Disse. Mi affrettai a prenderlo nella borsetta e non fui sorpresa di vedere il nome di Greg.

"Ehi". Risposi.

"Liz, dove sei? Sto venendo a prenderti". Rispose.

"Okay, ehm...vieni fuori dal parco". Dissi, per poi riattaccare.

"Potevo riaccompagnarti io a casa". Disse Jacob, alzando le braccia.

"Grazie ma...Greg sta passando di qua quindi...".

"Ho capito, aspetto con te finché non arriva". Disse. Sembrava deluso, e questo mi faceva sentire ancora più in colpa, ma mi affrettai ad uscire dal parco, seguita da lui.

Si appoggiò contro il cancello, mentre io rimasi un po' distante, con gli occhi fissi sulla strada. Sentivo il suo sguardo addosso e non potevo biasimarlo se si fosse offeso. Questo era il nostro appuntamento e il mio presunto psicologo mi avrebbe riportata a casa al posto suo.
Mi voltai a guardarlo, e lui distolse immediatamente lo sguardo.

"Jacob?". Lo chiamai.

"Mhm?".

"Grazie per stasera, è stato perfetto". Gli dissi. La sua faccia mi faceva intendere che lui non lo pensasse, sicuramente perché dopo il nostro bacio lo avevo completamente ignorato.
Alzò le spalle, rivolgendomi un mezzo sorriso.

Sbuffai, commiserando me stessa per la mia totale incapacità nell'interagire con le persone e per il mio talento nell'allontanarle da me. Camminai verso di lui, fermandomici difronte.

"Jacob, andiamo...". Sorrisi, cercando di alleggerire la tensione.

"Scusa se ho sbagliato qualcosa, non sono un grande esperto in...".

"Sbagliato? Tu? Jake questa è stata la serata più bella della mia vita e tu sei stato fantastico. Credevo che fossi arrabbiato con me, piuttosto, visto che sono un disastro". Abbassai la voce.
Lui scosse la testa, mordicchiandosi l'unghia del pollice mentre guardava altrove.

Portai la mia mano sulla sua, spostandola dalla sua bocca ed attirando così i suoi occhi nei miei. Accarezzai piano la sua guancia fino a scendere sul collo ed attirarlo a me per far incontrare le nostre labbra. Questa volta le sue mani mi strinsero più forte mentre le nostre bocche si cercavano per avere il massimo contatto possibile.

"Lizzie?". Sbarrai gli occhi, staccandomi lentamente da Jacob, ma senza avere il coraggio di voltarmi.
Ogni figlio riconoscerebbe tra mille la voce di sua madre, ed una madre riconoscerebbe sua figlia anche di spalle, avvinghiata ad un ragazzo.

Mi voltai, notando la macchina dei miei genitori ferma proprio davanti a noi.

"Ehi mamma, ciao papà". Finsi un sorriso. Sperai con tutto il cuore che mi reggessero il gioco almeno davanti a lui e che risparmiassero le sfuriate per quando saremmo arrivati a casa.

"Lui è Jacob". Dissi, guardando mio padre con una faccia che implorava aiuto.
Lo vidi sospirare e poi sorridere a Jacob, allungando la mano nella sua direzione.

"Lucas Murphy, molto piacere". Sorrise.
"E lei è mia moglie Karen". Aggiunse, presentando mia madre, che però rimase in silenzio.

"Liz, ti dispiacerebbe salire in macchina, dobbiamo tornare". Disse con tono fermo.

"Scusaci tanto Jacob, abbiamo un'urgenza, è stato un piacere conoscerti". Aggiunse mio padre.

"Anche per me signore". Sorrise lui, per poi voltarsi a guardare me con la faccia completamente rossa. Lui era imbarazzato ed io ero a tanto così dal farmi la pipì addosso.

Finché il cuore batteWhere stories live. Discover now