33-Prima che arrivassi tu

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Sarei rimasta in quella posizione per molto altro tempo, se le macchine non avessero iniziato a suonare i loro clacson considerando il "parcheggio" di Jacob.

"Levatevi dal cazzo ragazzini!". Un uomo di mezza età con la pancia che premeva contro il volante della sua ridicola auto sporse il viso paffuto fuori dal finestrino.

"Non sia frustrato perché non vede una figa da anni, arriverà anche per lei!". Rispose a tono Jacob, prima di prendermi per mano e trascinarmi di nuovo in macchina, lasciando così libero il passaggio. Una volta dentro l'auto dimenticai subito il mio pianto liberatorio, scoppiando a ridere come una matta insieme a lui, mentre le lacrime versate si mischiavano a quelle suscitate dalla risata.

"Non posso credere che tu glielo abbia detto!". Riuscii a dire una volta calmate le risate. Smise di ridere anche lui, pronto ad accendere il motore.

"Aveva bisogno di scopare, era palese!". Rispose, per poi tornare a guardarmi.
"Stai bene?".

"Sto bene". Risposi convinta, rivolgendogli un sorriso.

"Ti amo, lo sai, vero?". Chiese, lasciando perdere la chiave di accensione e poggiando la testa contro il sedile.

"Lo so". Gli presi una mano, portandola alle labbra e baciandone il dorso.
"Non avrei mai dovuto coinvolgerti in tutto questo, ma non riesco a ricordare la mia vita prima che arrivassi tu". Confessai. "E ti amo, più di ogni altra cosa". Aggiunsi, venendo interrotta dalle sue labbra sulle mie, che mi ridiedero indietro quei due o tre battiti che mi servivano per andare avanti ancora per un po' di tempo.

Perché lo faceva. Mi ridava indietro la vita che perdevo giorno dopo giorno, mi regalava parte del suo ossigeno ad ogni bacio e cullava il mio cuore con il suo sapore di pioggia e biscotti al cioccolato.

"Vuoi andare a quella festa?". Chiese, staccandosi dal bacio ma mantenendo la sua fronte contro la mia.

"Voglio ancora ballare con te". Sorrisi.

"Allora ci andiamo". Disse convinto, rimettendosi in posizione composta e accendendo il motore, per poi tornare in strada ad una velocità abbastanza elevata.
Entrammo in una galleria e ci lasciammo alle spalle la trafficata Manhattan, entrando in una zona quasi del tutto inabitata.

"Dista ancora molto?". Chiesi, indecisa sull'allacciare oppure no la cintura di sicurezza.

"In realtà ci sei sotto". Sorrise per un attimo, continuando a guidare.

Alzai lo sguardo, confusa più che mai, e spalancai la bocca nel vedere ciò che avevo davanti. La casa di Tanya, se così poteva essere definita, sorgeva su una montagna ed era grande quanto il mio quartiere. Sul davanti sorgeva una piscina gigantesca interamente in vetro, come quasi tutto il resto dell'edificio che si incastrava perfettamente nella roccia.

"Porca. Merda". Mi lasciai scappare, restando senza fiato davanti a quella vista. "Tu hai seriamente lasciato lei e poi ti sei messo con me?". Chiesi a Jacob, che rise divertito.

"A distanza di due anni, però. Ci ho messo un po' a dimenticare tutti i benefici che Tanya mi offriva". Mi fece un occhiolino, guadagnandosi uno schiaffo sul braccio da parte mia, che fece solo aumentare le sue risate.

"Da quella piscina si vede tutta Manhattan". Mi informò, imboccando un sentiero che portava all'ingresso della casa, sulla parte opposta rispetto alla piscina. "Ed ora ti mostro una cosa inquietante". Disse, una volta arrivati davanti al grande cancello.

Un laser rosso puntò la macchina, facendomi stringere gli occhi, prima che una voce metallica e sicuramente registrata iniziasse a risuonare intorno a noi.

Finché il cuore batteOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz