32-Il tempo che il sonno concede

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Era stata un'impresa ardua trovare un vestito di Sam che non mi stesse troppo corto, ma alla fine ero riuscita a farmi andare bene un semplice abito bordeaux con le maniche lunghe e la gonna morbida ma non troppo ampia. Jacob, invece, aveva indossato una camicia nera e dei jeans dello stesso colore, mentre i capelli erano ancora un po' umidi a causa della doccia, ma non facevano altro che renderlo più sexy di quanto non fosse già.

Sorrisi nel vedere il modo in cui ogni tanto sbuffava e mi guardava offeso perché lo stavo facendo guidare da ormai venti minuti quando avrebbe preferito rimanere a casa da soli piuttosto che andare alla festa di Tanya. Ed era adorabile, decisamente adorabile.

"Per quanto tempo pensi di tenermi il muso?". Chiesi sarcasticamente all'ennesimo sbuffo.

Mi scappò una risata nel vedere che non aveva alcuna intenzione di rispondermi.
"Bene, molto maturo da parte tua". Commentai con un sorriso.
"Sarai imbronciato per tutta la serata? Perché avrei una certa voglia di ballare con te, ma chiederò a qualcun altro, tranquillo". Alzai le spalle, cercando di apparire disinteressata e stuzzicandolo ulteriormente.

"Liz".

"Che cos'è? Un'ammonizione o un avvertimento? Vuoi minacciarmi?". Incalzai.

"Liz, smettila". Ripetè, stavolta serrando la mascella e quindi marcando i suoi tratti definiti.

"Sai dire altro o hai perso la lingua durante il nostro bacio sul campo da football?". Incrociai le braccia sotto al petto.

"D'accordo". Sospirò, sterzando e poi frenando bruscamente in un angolo della strada. "Mi pesa andare a casa sua, okay? Per te non sarà nulla, ma è sempre la mia ex fidanzata e anche se le voci che circolano dicono che ci siamo traditi a vicenda, questo non vuol dire che io non abbia sofferto. Tanya è molto più brava di me a fregarsene dei sentimenti, fa finta che non le importi nulla e probabilmente è così. Ma a me importa Liz, e tu sei la mia ragazza, dovresti averlo capito da un pezzo!".

Capii subito che dopo aver finito di parlare si sentì in colpa, probabilmente per la mia espressione e il mio cambiamento di umore, ma non riuscivo a nascondere che quello che mi aveva detto mi stava turbando.

"Sinti, mi dis...".

"No". Lo bloccai. "Hai ragione tu". Scossi la testa. "Devo essere sincera, credevo che lo avessi superato dal momento che continuate ad uscire insieme come gruppo, ma probabilmente non mi sono mai accorta della tua condizione".

"Volevo andare a questa festa perché mi sento in colpa". Continuai.

"In colpa per cosa?". Chiese.

"Per tenerti sempre costipato; non esci più se non ci sono anch'io e non sei mai tranquillo quando non sono al tuo fianco". Spiegai. "Non voglio che tu ti senta legato a me o in dovere nei miei confronti".

"Non è così, io voglio stare con te". Disse, marcando il verbo volere.

"Questa cosa ci sta sfuggendo di mano". Dissi, prima di rilassarmi contro il sedile. "Credevo di farcela, di poter stare con te senza coinvolgerti nella mia malattia, ma ha inglobato anche te, come fa con tutti quelli che mi stanno vicino".

"Queste sono stronzate e lo sai". Mi rimproverò.

"No, non lo sono!". Alzai la voce. "Tu sei Jacob Garrett, eri uno spericolato prima di conoscermi, so per certo che uscivi tutte le sere e facevi baldoria, finivi continuamente in punizione e facevi disperare i tuoi genitori per i voti". Dissi. "Io ti ho cambiato, la mia malattia ti ha cambiato".

"Liz, smettila immediatamente, non voglio sentire queste cazzate!". Mi rispose.

Aprii lo sportello della macchina, scendendo seguita immediatamente da lui.

"Il vecchio Jacob non avrebbe mai avuto un attacco di panico". Dissi quando mi raggiunse dal lato opposto della macchina.

"Torna in auto Liz, per favore". Mi prese la mano.

"Tanya non è il motivo per cui non vuoi andare a quella festa, Jacob. Dimmi la verità". Cercai di convincerlo.

Mi guardò negli occhi, e, vedendo la mia decisione, si convinse a parlare.

"Ho paura, va bene? Ho fottutamente paura che possa succedere qualcosa e di non poterti aiutare. Ho paura di perderti di vista come alla festa di Debby e so per certo che non riuscirò a fare nulla se mai ti sentissi male. Siamo troppo lontani da casa, troppo lontani da Greg e dai tuoi genitori e io...". Smise di parlare, portandosi le mani tra i capelli e respirando affannosamente.

Sapevo di essere io la causa di tutto ciò, il mio cuore aveva logorato anche lui, così come aveva fatto con i miei genitori, così come avrebbe fatto con tutti i miei amici.
Io sorridevo, ma sapevo di non stare bene. Non stavo bene da giorni ormai, da quando Olly mi aveva detto che sembravo un cadavere, da quando, quella stessa mattina, le mie gambe avevano ceduto ed ero caduta a terra. Per quanto mi sforzassi di non ammetterlo, tutto stava cedendo, ogni mia cellula, ogni organo.

"Scusami". Riuscii a sussurrare prima di scoppiare a piangere, ma piangere sul serio. Non erano semplici lacrime, erano singhiozzi, quelli che per tutta la vita avevo trattenuto. La mia vista era annebbiata ma sentii le sue braccia avvolgermi in un forte abbraccio, tanto forte da farmi male alle ossa, o forse erano solo le mie ossa che facevano schifo. Una sua mano premeva la mia testa contro il suo petto mentre l'altra accarezzava la mia schiena, cercando di calmare le convulsioni.

E ci immaginai così, esattamente in questa posizione, in mezzo ad una strada trafficata di Manhattan. Lui era sempre lui ed io ero sempre io, ma con un cuore forte e in salute, senza la paura che si fermasse da un momento all'altro.
Ma forse era proprio questa caratteristica che mi aveva spinto ad amare Jacob. Ogni momento con lui, per me, era come se fosse l'ultimo.

"Non pensare mai più certe cose". Disse al mio orecchio. "È una merda, me ne rendo conto. Ma te lo giuro, Elizabeth Murphy, innamorarmi di te è stata la cosa più giusta che potessi fare nella mia vita".

E apparendomi in sogno, farai la mia felicità: è dolce vedere le persone care anche solo di notte, per il breve tempo che il sonno concede.
Euripide, Alcesti.

SPAZIO AUTRICE
Non moritemi per la frase, non spaventatevi, è una semplice aggiunta per dare un tocco emotivo e solo perché l'Alcesti è una tragedia, non è detto che lo sia anche il mio libro.
T'appost, tranquille!
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Finché il cuore batteOù les histoires vivent. Découvrez maintenant