10-Lasagne bruciate

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Restare ferma sulla soglia di casa Garrett mi stava rendendo, agli occhi dei passanti, ancora più ridicola di quanto non fossi già. La jeep di Jacob era parcheggiata fuori, affianco al posto vuoto che in genere veniva occupato dalla macchina dei suoi genitori.

Portai il dito sul campanello per l'ennesima volta e sospirai quando mi resi conto che il coraggio non sarebbe mai arrivato. Passare l'ultima settimana assieme a Jacob mi aveva fatto capire che non c'era nulla di imbarazzante nello stare con lui, anzi, l'imbarazzo che mi provocava era in un certo qual modo piacevole. Non c'era nulla di cui vergognarsi in sua presenza.
Ora o mai più.

Premetti il pulsante e la porta venne aperta neanche un secondo dopo.

"Finalmente! Credevo che saresti rimasta lì tutto il giorno". Commentò.
Avvampai, diventando dello stesso colore della maglietta rossa che portavo.

"Come hai fatto a...?".

"C'è la telecamera". Sorrise.

Ma certo, come avevo fatto a non pensarci prima?

"Perché non hai aperto prima?". Chiesi allora.

"Perché eri divertente". Alzò le spalle.

"Domanda stupida". Constatai.

Rimanemmo fermi a fissarci per un po', forse per l'imbarazzo o forse perché, dopo ieri sera, non sapevamo quale fosse il modo corretto per salutarci.
Mi concentrai in qualcosa alle sue spalle, ovvero una nuvola di fumo grigio che si faceva sempre più grande.

"C'è qualcosa in forno?". Chiesi, sentendo odore di bruciato.

La sua faccia cambiò immediatamente espressione, strabuzzando gli occhi.
"Merda!". Esclamò, prima di correre verso quella che doveva essere sicuramente la cucina.

Scoppiai a ridere e lo seguii dentro casa, chiudendomi la porta alle spalle.
Cercai di scacciare via il fumo con la mano mentre lui apriva il forno e tirava fuori ciò che era rimasto di una precedente lasagna. Aprì la finestra, in modo che il fumo uscisse dalla stanza, e poi tornò a guardarmi, rosso in volto.

"Sembra buona". Commentai, guardando la teglia di lasagne quasi completamente nera e fumante.

"Mi prendi in giro?". Rise, tirandosi il ciuffo indietro. Alzai le spalle, superando il tavolo e raggiungendolo.

"Può darsi". Sorrisi. Lo guardai negli occhi, per poi osservare il suo abbigliamento. La canotta bianca era leggermente grande e i pantaloncini sportivi erano coperti da uno strato di stoffa a fiori legata dietro la schiena. Trattenni una risata, osservando quel grembiule che doveva essere sicuramente di sua madre e, seguendo il mio sguardo, sbarrò gli occhi e lo slegò, gettandolo in un angolo della stanza.

"Non volevo sporcarmi". Si giustificò.

"Oh, certo". Sorrisi, venendo fulminata con lo sguardo da Jacob.
"Scusa, scusa". Alzai le mani, smettendo di prenderlo in giro.
"Mi dispiace per la tua lasagna". Aggiunsi.

"Mi sono alzato alle nove per cucinarla". Non potetti fare a meno di pensare a quanto fosse tenero con il volto imbronciato e deluso, quasi non sembrava lui senza la facciata da sbruffone.

"Magari se togliamo la parte superiore, il resto si può recuperare". Mi avvicinai alla teglia, cercando di sollevare il primo strato di pasta con una forchetta ed accorgendomi che fosse ancora più bruciata. "Magari no". Mi corressi.

"Ti porto a pranzo fuori". Disse con tono deciso.

"Non fa niente, possiamo fare qualcosa di veloce. Cosa c'è in frigo?". Chiesi. Lui me lo indicò con una mano e mi affrettai ad aprirlo.

"Davvero, Murphy, usciamo e basta". Disse.

"Hai dei panini?". Chiesi, evitando la sua frase.

"Sono nel cassetto, cosa vuoi farci?". Incrociò le braccia.

"Pensavo di usarli per costruire una versione alimentare della Tour Eiffel". Dissi con tono serio, lasciandolo interdetto per un attimo.

Aprii il cassetto che mi aveva indicato e tirai fuori i panini, per poi prendere dei würstel nel frigorifero. Glieli mostrai, scuotendoli leggermente.

"Hot dog, okay, è una fantastica idea". Ammise, sorridendo appena.

"Dammi una mano, Brontolo". Lo sorpassai, lasciando il necessario sul tavolo e legando i capelli in una coda disordinata.

Sciacquai le mani nel lavandino e Jacob prese qualche piatto e i coltelli. Preparammo due panini e fui abbastanza soddisfatta del lavoro fatto, visto che eravamo riusciti a cuocere i würstel senza bruciare la casa.

"Vuoi qualche salsa?". Chiese, mentre io stavo sistemando il piatto.

"Maionese, grazie". Risposi senza guardarlo.

"Questa?". Chiese. Mi voltai nella sua direzione e lo vidi strizzare il contenitore. In meno di un secondo ebbi la faccia coperta da maionese e spalancai la bocca, rivolgendogli uno sguardo omicida.

"Io ti ammazzo". Sussurrai, togliendo la salsa dalla mia faccia sotto le sue risate. Puntai lo sguardo sul tavolo ed afferrai il barattolo di Ketchup, spruzzandone un po' addosso a lui.

"D'accordo, me la sono cercata". Ammise tra le risate. Presi un fazzoletto, togliendo del tutto la maionese dal mio viso e ridendo per la canotta di Jacob che adesso aveva una grande macchia rossa.

Smisi di pulirmi quando lo vidi sollevare la stoffa per poi sfilarla dalla testa e per poco non lasciai cadere a terra il fazzoletto quando me lo ritrovai a petto nudo davanti a me.

Alzò lo sguardo, rivolgendomi un sorriso ricco di malizia, ed io deglutii a secco, cercando di darmi un contegno.

"Ti da fastidio se mi cambio dopo mangiato?". Chiese, prendendo posto a tavola.

"No, cioè si, cioè...". Respirai profondamente. "Non mi da fastidio se rimani così". Dissi, indicandolo.

Mi sedetti difronte a lui, dandomi della stupida almeno otto volte e restammo in silenzio finché entrambi non finimmo di mangiare. Si alzò, sfoggiando il suo fisico che non faceva altro che mettermi in difficoltà, e lasciò i due piatti nel lavandino. Mi alzai, offrendomi di lavarli, ma lui non me lo permise.

"Devi rispettare la tua parte dell'accordo". Gli puntai un dito contro.
Lui sorrise, avvicinandosi pericolosamente a me.

"Prima voglio un incoraggiamento...". Soffiò sulle mie labbra, dopo essersi abbassato per arrivare alla mia altezza.

Non so quale divinità pagana mi diede il coraggio di poggiare una mano sui suoi addominali.

"Se fai così dovresti guardarmi negli occhi, come minimo". Disse, sollevando il mio viso, poggiando due dita sotto il mio mento. Alzai gli occhi, cercando di trattenere un sorriso.

"Adesso va meglio, maestà?". Chiesi retoricamente.

"Credo che mi serva ancora il bacio della mia principessa". Inclinò la testa di lato, aspettando un mio gesto.

Mi alzai sulle punte, sfiorando le sue labbra con le mie, finché lui non le attaccò con forza, attirandomi verso di lui.
Ed ogni volta, faceva aumentare le mie pulsazioni.

SPAZIO AUTRICE
Ecco a voi il capitolo!
Vi piace?
Scusate sempre il ritardo, ma sono una classicista disperata che passa il sabato sera a vedere Alberto Angela e che lo ritiene l'uomo più sexy del mondo.
Detto questo, vi lascio.
Continuo a 40 like e 60 commenti!

Finché il cuore batteWhere stories live. Discover now