Capitolo 22

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Il mattino dopo Noah si svegliò di buonora, non seppe nemmeno lui il motivo per il quale era già in piedi, ma non riuscì a dormire bene. Si girò e rigirò nel letto cercando una pace che sapeva non sarebbe mai arrivata. Il suo unico pensiero ricadeva sempre sull'unica persona che era causa di felicità nell'ultimo periodo. Spesso sorrideva, spesso si rattristiva, alle volte taceva, altre era improvvisamente felice. Era un mix di emozioni che attraversavano il suo corpo durante l'intera giornata che lo facevano sentire diverso da tutti gli altri, il che non era un problema, si era sempre sentito diverso a causa della sua omosessualità, nonostante lui si ritenesse normale, ma era una diversità diversa dalle altre. Stava bene ma allo stesso tempo stava male, c'era qualcosa dentro di lui che gli diceva: "Sii felice, ma attenzione". Non sapeva come mai, non ne conosceva il motivo, sapeva solo che quella voce spesso gli salvò la vita nelle esperienze passate e che, nonostante spesso fosse antipatica, aveva purtroppo, la maggior parte delle volte, ragione.
Si alzò dal letto guardando fuori dalla finestra un punto vuoto, continuò a fissarlo per un breve tempo, poi si alzò e andò a sciacquarsi. Si sedette e fece colazione, stava bene ma, nonostante tutto, era giù di morale. Si vestì, si mise un po' del suo profumo migliore ed uscì di casa. Era il penultimo giorno dei ragazzi, Noah lo sapeva benissimo. Raggiunse la casa comune e, come si aspettava, tutti dormivano. Noah si affacciò alla roulotte e lo vide, era lì che dormiva tutto spaparanzato nel letto. Dormiva in una posizione totalmente assurda ma che, agli occhi di Noah, parve la posizione più tenera di questo mondo. Posò la testa alla finestra e rimase lì fermo a guardarlo sorridendo.
Stava bene, almeno in quel momento stava bene, soltanto il guardarlo lo faceva sentire vivo, che cosa strana la vita alle volte. Aprì lentamente la porta d'ingresso per assicurarsi che gli altri dormissero e, subito dopo, raggiunse Gabriel nella roulotte. Si posizionò al bordo del letto, non provò nemmeno ad allungarsi per non infastidirlo ma, nonostante tutto, non poté non far nulla. Lo accarezzò, lo accarezzò nel modo più dolce possibile, sapeva che doveva godersi ogni istante, perché a breve non avrebbe più potuto averlo nel modo in cui lo aveva. Viversi ventiquattro ore su ventiquattro, nascondersi in quei posti appartati, vivere in un luogo sicuro dove amare qualcuno non era un crimine, era quella la realtà in cui voleva continuare a vivere. Si avvicinò al suo volto e gli diede un bacio sulla guancia senza dire nulla.
Raggiunse il bar e rimase da solo per un bel po' di tempo. Amava dedicare del tempo a sé stesso e, ultimamente, non capitava spesso. Quell'estate sembrava essere l'estate perfetta, la più bella delle più belle. Rimase lì fermo ad osservare le montagne boscose, ad udire tutti i versi degli animali, a respirare quella brezza pura che lo accarezzava come la mano di una madre sul proprio bambino. Si sentì toccare da dietro: era Daniel.

<<E tu che ci fai sveglio a quest'ora?>> Domandò Noah.

<<Boh, mi sono svegliato di buon'ora e mi sono fatto una camminata per pensare un po'.>>

<<Anche tu hai bisogno del tuo tempo?>> Domandò Noah.

<<Non me ne voglio andare, tutto qua.>> Non aveva mai sentito un tono di voce più spento di quello da parte di Daniel.

<<Siamo al sette di agosto ed è già tempo di saluti... che schifo.>> Disse Noah accennando un sorriso forzato.

<<Voi almeno ci siete abituati.>>

<<Ogni anno fa sempre più male, credimi.>> Noah aveva un dolore dentro che non era spiegabile, doveva essere vissuto e basta.

<<All'inizio ero un po' scettico su questo posto. Siamo venuti a passare la Pasqua qui e il posto era carino sì, però non mi ispirava. Anthony e gli altri mi avevano avvertito che me ne sarei innamorato, ma io non gli credetti. Inutile dirti, Noah, che l'anno prossimo voglio convincere i miei a comprare la casa qui.>>

Come un tuono all'improvvisoNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ