Lo giuro

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Tonya

Potrei definire la mia vita con due termini, semplice e dura.
Non ho avuto molta fortuna sin da piccola, mio padre si ammalò quando io compì 14 anni, mia madre non l'ho mai conosciuta ma da quello che mi ha detto papà era una donna egoista che pensava solo a sé stessa.
Non ho molti soldi e tutti quelli che ho li spendo per le cure mediche di papà, ha una salute cagionevole che lo porta spesso all'ospedale.

Io lavoro sodo, cerco di fare più lavori possibili, lavoro in un ristorante la mattina e in un locale la sera,ma la paga é sempre bassa. I medici quando cammino per i corridoi mi guardano con pena, lo vedo,ma cerco di non pensarci molto al mio stato economico, io penso solo a mio padre e basta.

Ho iniziato a lavorare da piccola, dopo che si ammalò mio padre, spesso non volevano neanche assumermi, proprio per la mia età, non avevo parenti che mi potessero aiutare, ero sola e
mentre tutte le altre ragazze si godevano la loro adolescenza e andavano in pub e feste, il mio unico problema era come fare ad evitare il proprietario di casa mia per le bollette non pagate.

Spesso a scuola le sentivo parlare dei loro problemi, che poi non erano problemi erano semplicemente cotte non corrisposte, spettegolavano di qua e là di continuo, prendevano in giro chi non indossasse vestiti di marca come: Armani, Prada, Gucci: io non indossavo quelle marche, ma ero felice ugualmente. Loro non la pensavano allo stesso modo credo.

Non mi sono mai innamorata in vita mia, ora lo so che ho solo 18 anni, ma le ragazze al giorno d'oggi cambiano ragazzo come le mutande, dicono di esserne innamorate ma secondo me non é vero, lo fanno per apparire, per mostrare che sono le migliori delle migliori.
Ora che ci penso meglio però, c'era un ragazzo che per me era come una sorta di amico, o almeno lo reputavo tale io.

Si chiamava Dan, era alto, bruno, era anche il fidanzato della più popolare della scuola, Vanessa. Era un concentrato di bellezza ed eleganza, però era davvero crudele. Era alta, magra, con dei capelli biondi a caschetto.
Lei e Dan erano gli opposti, lui buono, lei crudele, o almeno io credevo fosse buono lui.

Però come sempre capita di sbagliarsi nella vita, bè lui era il mio primo sbaglio.
Mi fidavo di lui, per questo motivo avevo deciso di
confidarmi e non l'avessi mai fatto, disse a tutti quanti a scuola cose non vere, come per esempio che io vivevo con i topi, che mi prostituivo per pagare le bollette di un padre alcolizzato. Tutte un mare di bugie.

Quando ero entrata a scuola quel giorno mi derisero tutti, mi puntarono il dito contro ridendo sguaitamente ma non capivo il perché, poi capì quando li vidi baciarsi accanto al mio armadietto, si girarono verso di me e lei mi disse ridendo cattiva.
<quelli come noi, non scelgono mai quelle come te> lui mi guardo serio, ma per un piccolo istante mi era sembrato dispiaciuto.

In quell'istante mi resi conto della gran cavolata che avessi fatto,avevo abbassato la guardia e non dovevo farlo, soprattutto con i serpenti.
Io mi reputavo una ragazza con la testa sopra le spalle, non mi facevo mettere i piedi in testa ed infatti li rovinai.<sarà pure vero che quelli come voi non scelgono quelli come me, ma almeno io scelgo una sola persona con cui dormire, tu ne hai scelte 100> un boato di urla e strepiti di gioia si sentí per tutto il corridoio, il caro Dan era rimasto sconvolto, poverino. Ha scelto la migliore ma l'ha scelta sbagliata.

La mia adolescenza con il tempo restava sempre la stessa, lavorare, scuola, pagare bollette e medicine. Non era niente di speciale, l'unica cosa che mi teneva in piedi era mio padre, d'altronde pure adesso é così.

Attualmente sto camminando sul marciapiede, diretta al Martin' pub, di solito la mattina ci chiamano per andare a pulire non per lavorare, però ci dà degli extra in questo modo, é comodo.
Avrei tanto voluto andare al college, ho finito la scuola il mese scorso, però non ho abbastanza soldi per permettermi degli studi universitari, perciò eccomi qui, diretta al mio posto di lavoro con addosso un pantalone lungo a zampa di elefante ed una camicia messa dentro.

Una volta arrivata al locale, apro la porta in vetro ed entro, il pavimento scricchiola al rumore dei miei stivaletti in pelle, mi guardo in torno e vedo Martin e Jack. <Ey ragazzi!> li saluto con voce squillante e loro si voltano verso di me. <Tonya, sei in anticipo> mi dice Martin con un sorriso. <si, ho pensato di venire prima per aiutare> scuote la testa sorridente ma non ribatte. Mi avvicino al bancone e Jack mi guarda da capo a piedi, é da quando mi ha vista la prima volta che ci prova, solo che io gli sempre dato due di picche.

É un bel ragazzo per carità, ma non é nei miei piani un fidanzamento adesso.<Sei bellissima, come sempre> mi guarda con quei occhi verdi ed io ridacchio. <Non ti arrendi eh?> scuote la testa e si porta un ciuffo dietro l'orecchio, ha dei capelli lunghi a caschetto neri, gli danno un aria birichina quasi.

<Tonyaa, vieni qui ho bisogno del tuo aiuto.> Martin mi chiama dallo sgabuzzino ed io supero Jack che mi guarda attento mentre entro dietro il bancone.
Entro dentro e noto Martin in difficoltà con uno scatolone. <aspetta ti aiuto> lo prendo da sinistra mentre lui da destra e poi lo mettiamo giù. <grazie, Tonya sei un angelo> mi sorride e poi mi scompiglia i capelli.

<vado di là, se hai bisogno chiama> mi dice, strano dovrei essere io a dirlo. <Si, vado un attimo in bagno> annuisce e poi esce. Mi avvicino alla porta del bagno ed entro, la richiudo e poi faccio i miei bisogni.

Una volta finito mi lavo le mani e poi le asciugo, ad un tratto inizio a sentire dei rumori da fuori, ma che diavolo succede? Esco dal bagno e dopo apro la porta dello sgabuzzino. Oh mio Dio.

Jack é riverso a terra in una pozza di sangue, Martin si regge a fatica il petto e sputa sangue a terra. Inizio a tremare ma poi mi guardo per bene intorno e vedo un ragazzo con una pistola, é sulle scale e non appena abbassa lo sguardo e mi vede urla<merda! Ragazzi venite qui.>
Senza pensarci due volte mi giro verso sinistra per scappare, ma non appena lo faccio qualcuno mi blocca.<Non ti muovere> é un ragazzo con capelli ed occhi scuri. Mi fissa attento e studia ogni mia minima mossa.

<ok... Senti, anche se ho visto le vostre facce, non dirò nulla alla polizia, ti prego lasciami andare via... > cerco di essere decisa con le parole ma e difficile, soprattutto quando ti puntano la pistola in testa.

Mi guarda dalla testa ai piedi con sguardo tetro per poi dire<ti aspetti che ti creda?>ha un tono grezzo e rauco che mette i brividi. <Lo so che non mi credi, ma... Io voglio solo tornare da mio padre>dico in tono spezzato.

<uccidila Owen a che ci serve?> mi volto di lato e vedo una ragazza alta con capelli lisci e neri, ha uno sguardo perfido. Mi ricorda qualcuno. <Zitta Carlotta> le dice senza manco guardarla e fissando me. Deglutisco a fatica e poi lui abbassa la pistola dalla mia fronte. Finalmente.

Mentre penso che forse mi sta lasciando andare mi ricredo,si avvicina di colpo a me, sovrastandomi con la sua altezza e mette una mano dietro il mio collo, applica un pò di pressione e io inizio a boccheggiare, vedo sfocato e mi gira la testa, inizio a tremare e poi svengo.

L'unica cosa che ricordo di quel momento, é che qualcuno mi stesse prendendo in braccio e portando via.
Per qualche strano motivo non mi sentivo poi così male tra quelle braccia.

Angolo autrice.

Altro capitolo stasera. ❤
























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